Possono convivere etica ed estetica nel bio? Facciamo il punto

Etica vs estetica

Condividi su:

Facebook
Twitter
LinkedIn

Innovazione tecnologica, formazione e comunicazione sono gli elementi che con più forza emergono dalle voci dei vari attori del mondo del biologico, in primis legati all’ortofrutta, per fare sì che gli obiettivi estetici e quelli etici dei prodotti sempre di più coincidano nella percezione che il mercato – compratori e consumatori – ha e avrà nel futuro prossimo.

Gerhard Eberhöfer

Infatti, se è vero che la professionalità dei coltivatori è senz’altro sensibilmente aumentata nel corso degli anni, è altrettanto vero che non tutti riescano ad oggi ad ottenere prodotti che esteticamente rispondano alle caratteristiche previste e richieste nel settore dell’agricoltura convenzionale. In quest’ottica pare molto sensata la proposta di Gerhard Eberhöfer, responsabile VIP per il biologico, di istituire una classificazione di diverso grado anche nel biologico così come avviene nel convenzionale in modo da proporre un prodotto esteticamente più “vicino” a quelli convenzionali ma eticamente più pregiato ad un prezzo un po’ più alto rispetto e un altro – le cui caratteristiche risponderebbero ad una nuova categoria di livello più basso – che manterrebbe la stessa qualità ma un’estetica e non del tutto regolare, sempre per usare una terminologia tipica del mondo del convenzionale.

Paolo Carnemolla

Importante, tuttavia, ricordare che l’etica del biologico è ciò che deve restare immutato e su cui non avere dubbi. Ci tiene a sottolinearlo Paolo Carnemolla, Segretario Generale di FederBio, convinto, dal canto suo, che l’estetica non debba essere e non sia già, a suo avviso, “un tema” per il consumatore: “Lavoro in questo settore da 32 anni e questa svolta c’è già stata in parte, ma ora il cittadino consumatore ci chiede molta più etica e non necessariamente estetica”, la sua riflessione.
Importante, invece, affinare i mezzi da un punto di vista tecnologico e di economie efficienti e circolari perché le imprese del biologico siano nelle condizioni di poter evolversi e perché tutto il sistema biologico, compresi gli organismi di certificazione, impari a leggere il Regolamento 848/2018.

La Farm to Fork indica la direzione, l’obiettivo del 30% di terreni coltivati con metodo biologico, anche. Ma gli sprechi ancora molto elevati, che sfiorano il 50%, parlano chiaro: sono un dato che stride con l’etica che il biologico persegue con forza.

Roberto Giadone

Non usa mezzi termini Roberto Giadone, presidente di Natura Iblea srl, per il quale il concetto di estetica nel biologico è una vera e propria “aberrazione”, perché la sua etica, al contrario, vorrebbe un prodotto biologico per tutti, quando oggi purtroppo non è ancora così. Paolo Pari, direttore di Almaverde, si concentra sul ruolo delle “isole” sui cui la società che dirige punta, proprio perché al loro interno è più diretta ed efficace la comunicazione al consumatore. Sebbene, però, un ruolo strategico dovrebbe e potrebbe essere svolto dalla UE e dall’Italia, nel caso specifico del nostro Paese, perché si tratta dell’organismo in grado di trasmettere maggiore credibilità ai prodotti biologici. Giadone, attraverso il sito in cui la sua azienda vende online, riesce ad ovviare a quello spreco tutto fuorché etico nel quale si incorre tra gli ingranaggi della GDO. Ed è un’ottima notizia.

Anche Mielizia – che rappresenta il 20% della produzione italiana di miele bio – sta muovendosi da anni in questa direzione “raccontando” già nel packaging la storia dei soci apicoltori. L’etica resta un tassello prioritario, ma per certi aspetti a rischio se si considera che il cambiamento climatico sta riducendo all’osso i terreni in cui poter realizzare questo tipo di produzione. E questo nonostante la presenza di api sia indice dello stato di salute di un territorio, e questi insetti potrebbero essere il presupposto da cui partire per identificare un comun denominatore del concetto di sostenibilità.

Lo ricorda anche Giorgio Baracani, presidente di CONAPI: gli apicoltori sono contesi dagli agricoltori per impollinare determinate zone produttive. E il miele bio offre un’ulteriore garanzia dato che le api che lo producono sono sottoposte a trattamenti che le difendono da alcune patologie.

Antonio Cogo

Alza le mani, invece, Antonio Cogo, amministratore delegato di Veritas Biofrutta, l’asset del Gruppo Mazzoni che vende con il marchio Very Bio, che negli ultimi sei mesi ha registrato perdite di vendite di prodotto bio sugli scaffali, del 20% mese su mese. Per lui la battaglia tra etica ed estetica è già persa dall’etica nell’ambito della GDO, dove, non esistendo buyer specializzati nel bio, non si riesce a scalfire l’immagine del “prodotto bello” tipico del mondo del convenzionale. Di recente, ad esempio, il clima ha incurvato gli asparagi così tanto da renderli invendibili in questi canali. Ecco che una possibile via di uscita potrebbe stare nell’istituzione di queste figure specializzate che riescano ad impedire lo scempio dello spreco.

Giovanni Battista Girolomoni

Un’altra direzione la indica nell’equità Giovanni Battista Girolomoni, presidente della Gino Girolomoni Cooperativa Agricola, specializzata nella produzione di pasta con grano italiano 100% bio. Infatti, al netto dell’imprescindibilità dei regolamenti e delle norme, occorrerebbe trovare un  punto di caduta equo per le imprese affinché si possa parlare di sostenibilità sotto ogni punto di vista, anche nell’ambito del più ampio e complesso mercato europeo.

Chiara Affronte

 

 

Per approfondire:
1. Il bio al bivio tra etica ed estetica. Intervista a Carnemolla
2. Etica VS estetica nel bio. Cosa ne pensano i grandi player 
3. Etica ed estetica, due valori inconciliabili nel bio

 

Seguici sui social

Notizie da GreenPlanet

news correlate

INSERISCI IL TUO INDIRIZZO EMAIL E RESTA AGGIORNATO CON LE ULTIME NOVITÀ