Un “giusto prezzo” da riconoscere ai produttori bio – definito da una Commissione Unica Nazionale (CUN) che regoli il mercato del biologico in maniera indipendente da quello dei prodotti convenzionali – e un sistema unico di certificazione che preveda piani di controllo standard, tariffari uniformi e un’unica piattaforma d’interscambio delle informazioni. Sono queste le richieste, presentate un anno fa con il Manifesto del Biologico italiano, su cui sono tornate con forza le 14 associazioni socie di FederBio in occasione del “Bio a raccolta“, seconda assemblea dei produttori, svoltasi presso la sede della Cia-Agricoltori Italiani a Roma.
I lavori sono stati aperti da Giuseppe De Noia, presidente di Anabio-Cia, che ha ricordato i punti cardine del Manifesto e si è detto certo che l’Italia riuscirà a raggiungere il traguardo del 25% di superficie agricola dedicata al biologico entro il 2030, “grazie alla sua resilienza agricola e al grande protagonismo degli agricoltori italiani”.
“Tra i vari punti cardine del Manifesto, oggi ci concentriamo sul giusto prezzo e sulla riforma del sistema di certificazione – ha sottolineato Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio nonché coordinatrice della Sezione soci produttori FederBio -. Gli agricoltori agroecologici sono i protagonisti di una transizione necessaria e vanno quindi sostenuti e valorizzati”.
“I due filoni della certificazione unica e del giusto prezzo sono proposte concrete per dare maggiore impulso al settore – ha osservato da parte sua il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini – Sicuramente il settore bio merita un riconoscimento maggiore”.
Fini, ascoltando anche le lamentele dei quattro produttori biologici intervenuti in assemblea, che hanno tra l’altro sottolineato l’esiguità dei contributi assegnati agli agricoltori bio dalle amministrazioni locali e regionali, ha osservato come questa mancanza di attenzione sia preoccupante. “Sul biologico e sul biodinamico va investito di più, a livello nazionale come europeo, altrimenti gli agricoltori abbandonano”.
Nonostante tutte le difficoltà, il comparto biologico si dimostra comunque resiliente e, dati alla mano, migliora la performance: l’indagine presentata in assemblea da Silvia Zucconi di Nomisma registra infatti – a settembre scorso – volumi e valori in crescita (i dati sono tendenziali) rispettivamente del 4,9 e del 4,5%. A luglio 2023 il fatturato toccava i 9 miliardi di euro (di cui 5,4 derivanti dal mercato interno, 3,6 miliardi dall’export). L’indagine Nomisma ha anche rilevato che, rispetto al 2012, è cresciuto esponenzialmente il numero di famiglie che ha acquistato bio almeno una volta l’anno: si è infatti passati dal 53% al 90%, un trend trainato soprattutto da vegetariani, laureati, millennials e famiglie con bambini, che del mercato del bio rappresentano i frequent users. Zucconi ha sottolineato tuttavia che tra i consumatori c’è poca conoscenza e consapevolezza dei valori dei prodotti bio. Difatti, a fronte della domanda posta agli intervistati “Pensi di avere tutte le informazioni necessarie per valutare le caratteristiche di un prodotto biologico?”, il 28% ha risposto “no, le informazioni non sono sufficienti”, mentre il 57% “sì, ma vorrei saperne di più”.
Per la presidente di Assobio, Nicoletta Maffini, “Bisogna appunto lavorare su una comunicazione più sintetica e chiara. Per esempio sottolineare il valore salutistico dei prodotti bio, sia per la salute dei cittadini che per il benessere ambientale. Il fatto è che c’è ancora l’incapacità da parte dei consumatori a dare il giusto valore al prodotto alimentare. Si spende su altro senza troppi problemi, mentre quando si sceglie un prodotto sullo scaffale si guarda alle differenze minime di prezzo. C’è dunque un tema di cultura su cui lavorare”.
“L’informazione ai cittadini per far conoscere esattamente i valori del biologico è un punto fondamentale – ha sottolineato la presidente FederBio Maria Grazia Mammuccini – Bisogna eliminare anche la confusione con i termini simili al biologico. Per superare le criticità che minacciano la tenuta delle imprese agricole è necessario affrontare con decisione i temi prioritari contenuti nel Manifesto. In particolare, la semplificazione delle normative e la garanzia di un “giusto prezzo” per i prodotti biologici. Per questo occorre valorizzare gli agricoltori nell’ambito della filiera anche attraverso il Marchio del biologico italiano. In questo contesto, FederBio si afferma come l’unica organizzazione nazionale in grado di unire l’intera filiera, dalla produzione alla trasformazione e distribuzione, diventando un modello di interprofessione”.
All’assemblea sono intervenuti anche rappresentanti delle istituzioni quali l’onorevole Maria Chiara Gadda, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati e l’onorevole Dario Nardella della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo, con le conclusioni affidate al sottosegretario all’agricoltura Luigi D’Eramo. Gadda ha affermato la necessità di procedere a una semplificazione burocratica a supporto del comparto; Nardella ha osservato come le linee guida della nuova PAC “saranno l’occasione per correggere difetti precedenti e anche il ruolo che si è dato al bio che a parole doveva essere centrale ma nella realtà non lo è stato”. Il sottosegretario D’Eramo, infine, ha rilevato che “Il biologico in Italia continua a crescere sia per superfici sia per numero di operatori e si conferma una realtà in grado di coniugare sostenibilità e valorizzazione dei territori. Perché questo trend prosegua e si rafforzi la leadership del nostro Paese, è necessario che siano sempre di più coloro che scelgono di consumare bio e che chi produce possa contare su una giusta remunerazione”. “Continueremo a lavorare insieme al settore come fatto in questi mesi per arrivare a soluzioni condivise nei tempi più brevi possibili per affrontare le prossime sfide – ha aggiunto D’Eramo – Obiettivo comune è la semplificazione e la riduzione della burocrazia a carico delle imprese. Inoltre puntiamo a comunicare la qualità e la sicurezza dei nostri prodotti. A tale proposito auspico che avremo quanto prima il Marchio biologico italiano, che potrà contribuire a dare nuovo slancio alla specificità e al valore delle nostre produzioni”.
Cristina Latessa