A fine gennaio, come anticipato a GreenPlanet dal sottosegretario all’agricoltura Luigi D’Eramo (vedi news), arriverà il Marchio del biologico italiano. Un logo pensato per qualificare ulteriormente e far apprezzare ancora di più ai consumatori, sia nazionali che internazionali, i prodotti bio ‘Made in Italy’. Ai tre presidenti delle associazioni AIAB, AssoBio e FederBio, rispettivamente Giuseppe Romano, Nicoletta Maffini e Maria Grazia Mammuccini, GreenPlanet ha chiesto di esprimere le loro considerazioni su questo nuovo logo, con due domande:
1) Come e quanto il marchio del biologico italiano potrà aiutare il comparto biologico?
2) Cosa rispondere a chi osserva che questo marchio potrebbe essere oggetto di contraffazione e creare più confusione che altro e comunque se ritengono che la certificazione biologica in generale sia sufficientemente protetta nella sua veridicità e validità.
Ecco le risposte:
– Giuseppe Romano, presidente AIAB
1) “Ritengo che questo marchio in arrivo potrà aiutare il comparto, difatti un marchio identificativo nazionale legato specificatamente al biologico potrà qualificare ulteriormente il prodotto. Sulla questione di quanto possa essere utile, dico che bisognerà capire quanto si investirà, e anche con quale qualità, sulla comunicazione, infatti questo a tutt’oggi è il punto più critico. Il consumatore ancora non riconosce il bio e non capisce cosa è, quindi è evidente che la comunicazione messa in piedi finora non ha sortito gli effetti desiderati. Detto ciò, ancora di più, pertanto, la comunicazione del marchio biologico italiano deve portare avanti un doppio canale di informazione: quello del Made in Italy e quello della biologicità del prodotto, e la reale efficacia di questo marchio sarà determinata esclusivamente dalla potenza di comunicazione che sarà adottata”.
2) “Sarà un marchio assolutamente garantito anche questo, perché comunque verrà gestito nell’ambito dei controlli e delle autorità competenti che già vigilano sul biologico ed è prevista una banca dati transazione che darà garanzia di tracciabilità della materia prima certificata come italiana. Siamo quindi all’interno di sistemi di tracciabilità e monitoraggio che stiamo assemblando e siamo ovviamente all’interno del sistema di controllo e certificazione che già garantisce il funzionamento di tutto il comparto”.
– Nicoletta Maffini, presidente AssoBio
1) “Senz’altro questo marchio aiuterà il consumatore a distinguere il prodotto biologico italiano dal resto dell’offerta e, aiutando a fare chiarezza, riteniamo si possano in questo modo incrementare i consumi nel nostro Paese. Siamo grandi produttori agricoli e circa il 20% delle superfici sono coltivate con metodo biologico, ma i consumi sono ancora ridotti, solo il 3% della spesa alimentare è biologica. Come associazione siamo impegnati non solo a rappresentare il settore presso le Istituzioni italiane ed europee, ma anche, e fortemente, in ogni azione divulgativa che possa valorizzarne le caratteristiche. D’altra parte, il nostro settore è l’unico che rispetta e protegge la salute dell’ambiente, delle persone e degli allevamenti ed è importante che i consumatori ne siano consapevoli”.
2) “Mi sembra un’affermazione grave! I prodotti biologici sono soggetti a numerosi controlli, sia documentali che analitici, molti di più rispetto alle produzioni convenzionali e il marchio verrà utilizzato da chi ha le caratteristiche adatte. Riteniamo che la certificazione biologica sia una grande garanzia di veridicità e salubrità”.
– Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio
1) “L’introduzione del Marchio biologico italiano rappresenta un’opportunità strategica per il nostro settore. L’identità del cibo italiano, unita alla sostenibilità del metodo biologico, costituiscono un punto di forza sia per l’export che per il mercato interno e quindi il Marchio del Made in Italy Bio si configura come uno strumento importante per valorizzare i nostri prodotti sul mercato. Ma non è solo questo l’aspetto da sottolineare, perché l’uscita del Marchio del biologico italiano rappresenta un’opportunità strategica anche per rafforzare il ruolo degli agricoltori e per fare sistema tra produzione, trasformazione e distribuzione. Ed è proprio la capacità di fare sistema che, in un’occasione come questa, può consentire finalmente di attivare filiere di Made in Italy Bio al “giusto prezzo” e consolidare il legame tra cittadini e produttori bio”.
2) “Sinceramente non vedo questo rischio. La scelta di utilizzare il Marchio del biologico italiano secondo quanto previsto dal Regolamento europeo sul bio, cioè con materia prima di origine italiana non inferiore al 95%, è molto chiara. Si tratta di rendere evidente al consumatore quello che spesso molti cittadini non riescono a vedere nella complessità di un’etichetta. Il Marchio del biologico italiano sarà infatti sempre insieme all’eurofoglia, che costituisce la garanzia della certificazione bio, e quindi rappresenta di fatto, una scelta di trasparenza nei confronti dei cittadini per valorizzare la produzione biologica del nostro Paese”.
Cristina Latessa