La GDO a Marca: Ripartire dal Bio e dalla certificazione per difendere la sostenibilità e la sicurezza alimentare

GDO a Marca2025

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Ripartire dal biologico per andare oltre al biologico. È questo il messaggio lanciato unanimemente dai protagonisti del settore (o meglio della filiera) durante il convegno “Oltre il Biologico. Innovazione, Fiducia e Sostenibilità per un Nuovo Rapporto con il Consumatore”, organizzato da Assobio nell’ambito della ventunesima edizione di Marca byBolognaFiere.

Un messaggio forte, sottolineato dalla presidente dell’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici e naturali Nicoletta Maffini che, citando “il nostro” Fabrizio Piva ha evidenziato la necessità di sostenere lo sviluppo della domanda per poter realmente raggiungere il famoso obiettivo del Green Deal europeo del 25% della SAU coltivata a bio entro il 2030.

Consapevole della forza del biologico, la filiera deve dunque far fronte comune dando voce ai suoi valori intrinseci, poiché rappresentano una risposta a tematiche primarie in questo particolare periodo storico, come le questioni ambientali e socio-economiche, e quelle legate alla sicurezza alimentare e alla salute.

Tra le criticità attenzionate dai partecipanti all’incontro, i consumi nazionali ancora fermi al 3%, il tema del giusto prezzo e la confusione comunicativa generata da cosiddetti green claim, che distorcono la percezione del consumatore annacquando il mercato. In questo senso, condivisa l’idea che la certificazione bio debba diventare la vera leva strategica su cui agire per dare distintività al prodotto.

“Portare avanti iniziative facendo sistema, come nel caso del progetto sulla dieta mediterranea biologica, intrapreso da Assobio e FederBio insieme all’università di Tor Vergata” è la proposta di Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio, che interpreta la ripresa dei consumi registrata nel 2024 come un segnale positivo oltre che un forte stimolo per affrontare le difficoltà ancora persistenti nel comparto.

Domenico Brisigotti, direttore generale di Coop Italia, parlando di “rivoluzione dei consumi” e di “una domanda da reinterpretare”, si è soffermato sul dilemma – irrisolto – tra l’agire sui consumatori abituali di bio (heavy user) o concentrare gli sforzi per ampliare il numero di acquirenti.

Fabio Brescacin, presidente di Naturasì, ha sottolineato la necessità di far sentire il cliente/consumatore di bio parte di una comunità in cui riconoscersi e ritrovare i propri valori.

Un pensiero ripreso ed esteso da Giorgio Santambrogio, AD del gruppo VeGè, che investendo il bio del ruolo di “cavallo di Troia” per una generale crescita, si è detto convinto dell’opportunità di acquisire nuovi clienti poiché attratti dalla coerenza tra il proprio sistema valoriale e l’identità dell’insegna. “Un obiettivo che può raggiungibile lavorando per la comunità, agendo su nuove variabili competitive e dando voce a scaffale ai prodotti maggiormente virtuosi”.

Infine, altra questione sollevata dai manager della GDO, riguarda la scarsa credibilità del logo bio tra i consumatori italiani e la necessità di fare leva sulla sicurezza alimentare come driver per rafforzarne la reputation. “Fare educazione alimentare è uno dei punti chiave per far comprendere il reale valore del cibo biologico. Da tempo ci impegniamo per questo e continueremo a farlo, perché il nostro obiettivo è diventare leader della transizione alimentare”, ha spiegato Christophe Rabatel – CEO Carrefour Italia.

Idee chiare e realistiche e proposte concrete, come ha dichiarato Maffini a chiusura dei lavori: “Le insegne hanno dimostrato di avere una grande visione che deve essere colta e condivisa anche dall’industria, affinché si raggiungano soluzioni comuni e tangibili, a partire dal rinnovo dei contratti di fornitura fino ai temi della formazione/informazione del consumatore”.

Chiara Brandi

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