Vino: Bio e denominazione di origine le leve per lo sviluppo

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“Unire la denominazione, il valore del territorio, la distintività dei marchi, al tema del biologico, rafforza sia il mercato interno, che la possibilità di espansione sui mercati internazionali”, spiega Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio, a proposito del vino biologico. Ecco una delle affermazioni più efficaci emerse nel corso dell’evento “Vino bio: trend & sfide” moderato da Lorenzo Tosi, giornalista EDAGRICOLE.

Il webinar, organizzato da VeronaFiere, promosso da FederBio e AssoBio e curato da Nomisma-Wine Monitor, ha visto l’intervento di diversi attori del mercato del vino biologico: associazioni di categoria, GDO, produttori. Quello che emerge è un mercato di nicchia, caratterizzato, però, da notevoli possibilità di sviluppo. 

Roberto Zanoni, presidente AssoBio, ha rotto il ghiaccio, intervenendo per primo nel corso del webinar e ricordando il ruolo strategico ricoperto dalle produzioni biologiche. “Con 70mila produttori di biologico e oltre 10mila imprese di trasformazione, l’Italia è leader in Europa per quanto riguarda il bio ed è il primo paese al mondo per export di bio assieme agli USA”, ha esordito Zanoni. In fatto di consumi di prodotti bio, invece, ha posto l’accento sull’importanza di migliorare, in considerazione dell’attuale procapite di 64 euro, contro i 180 di Germania. “Tanta è la strada da fare e, quindi, grande è l’opportunità per il futuro”

Quello vinicolo è il settore, secondo Zanoni, in cui il bio italiano eccelle. “Il vino bio continua a crescere, sia in Italia, che all’estero, e le opportunità di sviluppo sono molte alte – e così le qualità che i vini possono esprimere – la viticoltura bio è il settore che più ha innovato, rappresenta un modello virtuoso per la capacità di valorizzare l’ambiente e l’identità dei territori”. L’interesse del consumatore è chiaro: il consumo può crescere, se si riesce a dedicare bio scaffali o una gamma più profonda. Un elemento trasversale, però, necessario, in quest’ottica, è garantire maggiore informazione, “per permettere di valutare valori e caratteristiche distintive”. 

Silvia Zucconi, responsabile Market Intelligence Nomisma, ha riportato alcune tra le evidenze principali dello studio Nomisma-Wine Monitor, con particolare riferimento al posizionamento e alle prospettive di sviluppo del vino bio Made in Italy, in Italia e all’estero. I primi dati mostrano il rapporto degli italiani con il vino, in generale: l’87% popolazione ha consumato vino almeno una volta negli ultimi 12 mesi e l’Italia rappresenta il terzo mercato mondiale per il vino. Il fatto che i prodotti alimentari siano 100% italiani è importante per il 43% di chi risponde, che siano sostenibili per il 29%, e bio, un buon 27%. 

Entrando nel merito di quale sia l’accezione attribuita a “vino sostenibile”: il 72% dei rispondenti riferisce una connotazione ambientale (prodotto nel rispetto dell’ambiente, prodotto minimizzando l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi), mentre il 27% sostenibilità socioeconomica.  

Negli ultimi 12 mesi, è capitato di vedere negli scaffali dei negozi ed acquistare vini biologici al 51% dei rispondenti, contro il 2% del 2013. Indicatore di buone possibilità di sviluppo è il seguente dato: l’8% non ha visto questi prodotti a scaffale, ma sarebbe interessato ad acquistarli.

Interessante, d’altro canto, il motivo indicato da chi ha scelto di non consumare vino bio, negli ultimi 12 mesi: perché costa troppo per il 23% dei rispondenti, per problemi legati all’assortimento 36%, per problemi legati alla conoscenza 24% e per problemi legati alla fiducia 11%. 

Emanuele di Faustino, senior Project Manager Nomisma, ha posto, invece, il focus sui trend del vino Bio nella GDO in Italia. Le vendite di vino biologico, nel 2021, si sono attestate sui 46,5 milioni di euro, registrando un +3,7% rispetto al 2020. Questi dati risultano in linea con le tendenze che caratterizzano anche il vino in generale. Il peso del bio sul totale del vino si attesta attualmente sull’1,7%. 

Per quanto riguarda, specificatamente, le vendite online di vino bio (retailer + Amazon), è stato registrato un +13,4% rispetto al 2020. Tra le denominazioni principali, per valore, delle vendite bio, i primi posti sono occupati da: Prosecco, Nero d’Avola e Montepulciano d’Abruzzo. 

Di Faustino ha, poi, passato in rassegna le opportunità sui mercati internazionali. La variazione di superfici vitate bio nel 2021 rispetto al 2020 è pari a +125% in Italia, contro un valore europeo di +119%, e mondiale di +132%. 

“Anche la domanda del vino bio è in crescita, la percentuale di consumatori che pensa che i vini biologici saranno tra i trend di consumo dei prossimi 2/3 anni è 46% in USA, e il 21% in Italia”, spiega Di Faustino. 

Un efficace piano cartesiano mostra, poi, l’importanza rivestita dal fatto che un prodotto sia Bio e sia di origine italiana: “il vino è un prodotto che mostra un’alta impronta Bio e Made in Italy”. 

Usa e Canada offrono grandi opportunità: negli USA il vino è molto diffuso e la consumer base vino bio è 33%. Per il 20% il bio è la prima scelta e per il 63% di utenti USA, inoltre, è molto importante che il vino bio sia di origine italiana. 

Tra le opportunità offerte dal mercato di vino bio, Di Faustino cita: “la crescente attenzione nei confronti della sostenibilità; il fatto che i consumi di vino bio previsti siano in aumento; le ottime opportunità sui mercati internazionali, in primis in quelli con maggiore capacità di spesa (Nord America e Nordics) e la Reputation del vino italiano”

Le Sfide individuate sono rappresentate dal fatto che si tratti di un mercato ancora di nicchia; che i consumatori abbiano bisogno di maggior informazioni per conoscere valori/caratteristiche del bio; il rischio di confusione per la presenza di diversi marchi (bio, sostenibile, …) e la concorrenza internazionale di Francia e Spagna sui mercati esteri. 

Walter Stassi, responsabile area vini Gruppo PAM PANORAMA ha iniziato il suo intervento ricordando come il biologico, dal loro punto di vista, rappresenti un modo di prendersi cura non solo della terra, ma anche dei territori che circondano i punti vendita. 

Il vino bio, nel Gruppo Pam Panorama, è stato interessato da una crescita del 3,5% dovuta alle vendite continuative, rispetto ad una crescita totale dei vini che si è attesta sul 4,9%. 

Per Stassi, una leva strategica importante per il vino bio può essere rappresentata dal “comunicare bene cosa sia il vino bio e facilitare il cliente nel trovarlo agevolmente, solo così questo mercato non sarà più di nicchia”. 

Una condizione che deve essere però rispettata è la seguente: “il prezzo deve essere sostenibile per il produttore, per chi lo distribuisce e per chi lo compra”. 

Daniele Piccinin, titolare ed enologo LE CARLINE, ha raccontato la “scelta molto importante, compiuta 37 anni fa, di adottare un approccio biologico, per vivere in ambiente sano e fare un prodotto di grande qualità”. 

La sostenibilità? “Si tratta di una parola a volte abusata, esistono poi troppe certificazioni e poca conoscenza da parte del consumatore, questo rischia di creare confusione ed incertezza e così il consumatore si orienta a comprare un altro prodotto”.

Andrea Di Fabio, direttore Generale CANTINA TOLLO, pone l’accento sulle criticità create dalla difformità di certificazione fra i vari paesi: “è necessario uno sforzo rispetto alla comunicazione e la creazione di un sistema che permetta di certificare in maniera uniforme e veicolare un messaggio in maniera univoca”. 

Michele Manelli, presidente CANTINE SALCHETO, dà evidenza di una tendenza comune in atto da anni in diversi paesi al mondo, riportando l’esempio specifico del Nord America: “nei negozi si pongono sullo stesso scaffale prodotti con caratteristiche diverse”. E quindi: bio, naturale, sostenibile ed etico, etc. “Questo fenomeno dà un segnale chiaro: il nostro primo problema oggi è quello della credibilità di questo messaggio – spiega – se vogliamo crescere e mantenere la fiducia del consumatore, dobbiamo lanciare messaggi chiari. 

Luciano Sbraga, vice direttore FIPE-CONFCOMMERCIO, si è espresso con queste parole sul ruolo che la ristorazione può giocare per questa nicchia di mercato: “il vino bio trova nella ristorazione un mercato di sbocco rilevante ed importante”. La pandemia ha sicuramente impattato molto su questo canale: “il mondo del fuori casa era, nella pre-pandemia, il primo mercato per volumi e valore, ora continua ad esserlo, ma solo per valore”. Questo, secondo Sbraga, è da imputare alle “cicatrici pesanti che gli strascichi del Covid hanno lasciato in questo settore”, che dimostra comunque una capacità di resilienza importante. 

Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio, afferma che i dati mostrano una prospettiva interessante: “per quanto riguarda i consumi di vino bio, siamo passati da 1 consumatore 6, nel 2015, ad 1 su 2 – spiega – siamo, quindi, all’interno di un trend che, se siamo bravi, ci farà uscire dalla nicchia”. 

“Il vino è sempre stato il settore più avanzato ed innovativo, nell’agricoltura, e ha portato a cambiamenti strutturali; infatti, il rilancio della qualità è partito dal vino e ha significato la rivalutazione dei territori rurali”, afferma Mammuccini, che sottolinea, inoltre, come il Made in Italy Bio sia un marchio vincente. La strategia migliore per il futuro? “Ricerca e innovazione che permettano di compiere passi importanti, non solo dal punto di vista dell’approccio agronomico, ma anche socioeconomico e di comunicazione”.

Stefania Tessari

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