Spronati dagli ambiziosi obiettivi dati dall’Unione Europea al settore biologico, i produttori si sono dati da fare, aumentando nel 2021 e anche nella prima metà del 2022 gli ettari e le quantità.
Non hanno però fatto i conti con il calo dei consumi, diffuso un po’ in tutta l’Unione e che in alcuni Paesi sta toccando quest’anno punte drammatiche, mai viste prima da un settore abituato a migliorare le sue posizioni di anno in anno da moltissimo tempo.
Se in Italia, confrontando il periodo gennaio-maggio del 2021 e del 2022, emerge che le vendite di prodotti biologici sono diminuite dell’1,9%, in Francia il calo dei consumi ha superato il 12% mentre l’importante mercato tedesco (secondo al mondo solo agli Stati Uniti) registra un primo semestre 2022 a crescita zero contro un 2020 al +15% e un 2021 al +5,8%.
Il biologico si trova dunque in una fase di stressante incertezza che richiede soluzioni prima che si innestino pesanti e generalizzate situazioni di crisi. Lo scenario cupo che l’Eurozona sta attraversando non è destinato a dissolversi nel breve periodo. Sono radicalmente mutate le politiche monetarie e fiscali.
Anche la locomotiva tedesca fa i conti con l’inflazione, con l’impennata dei costi energetici, con la perdita di efficienza delle catene logistiche, con la generale insicurezza causata dal conflitto russo-ucraino, con famiglie sempre più attente al proprio budget di spesa.
In Italia l’inflazione è tornata oltre il 6% dopo oltre un quarto di secolo. Chi ha meno di 40 anni, ossia quasi il 40% della popolazione italiana, non l’ha mai conosciuta, se non da bambino, ed è abituato, se necessario, a rimandare gli acquisti senza timore di rincari, a indebitarsi a tassi bassissimi, ad accontentarsi di retribuzioni ferme da anni. Tutte condizioni che non esistono più.
I rincari dei prodotti di largo consumo e dei servizi di base comportano un automatico adeguamento dei consumi: non c’è da meravigliarsi se ciò è puntualmente avvenuto nella prima metà dell’anno. Quello che poi accadrà da qui a dicembre non è dato sapere con precisione ma la previsione è abbastanza scontata: la situazione non migliorerà, anzi, andrà peggiorando di pari passo con l’impennata dei costi dell’energia.
Che il biologico faccia i conti con tutto questo è inevitabile. Che lo scenario cambi nel breve periodo è da escludere. Non resta dunque che prepararsi ad affrontare condizioni di mercato difficili che richiedono una gestione aziendale prudente e accordi di filiera finalizzati a tutelare il biologico nei punti vendita.
Anche l’Unione europea dovrà fare la sua parte: vuole un biologico più forte? Faccia quattro conti e vedrà che i conti non tornano. Questo è il momento di difenderlo e valorizzarlo per evitare un biologico europeo non solo più debole ma addirittura a pezzi.
Antonio Felice
I conti non tornano, il bio nella trappola dell’inflazione
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Spronati dagli ambiziosi obiettivi dati dall’Unione Europea al settore biologico, i produttori si sono dati da fare, aumentando nel 2021 e anche nella prima metà del 2022 gli ettari e le quantità.
Non hanno però fatto i conti con il calo dei consumi, diffuso un po’ in tutta l’Unione e che in alcuni Paesi sta toccando quest’anno punte drammatiche, mai viste prima da un settore abituato a migliorare le sue posizioni di anno in anno da moltissimo tempo.
Se in Italia, confrontando il periodo gennaio-maggio del 2021 e del 2022, emerge che le vendite di prodotti biologici sono diminuite dell’1,9%, in Francia il calo dei consumi ha superato il 12% mentre l’importante mercato tedesco (secondo al mondo solo agli Stati Uniti) registra un primo semestre 2022 a crescita zero contro un 2020 al +15% e un 2021 al +5,8%.
Il biologico si trova dunque in una fase di stressante incertezza che richiede soluzioni prima che si innestino pesanti e generalizzate situazioni di crisi. Lo scenario cupo che l’Eurozona sta attraversando non è destinato a dissolversi nel breve periodo. Sono radicalmente mutate le politiche monetarie e fiscali.
Anche la locomotiva tedesca fa i conti con l’inflazione, con l’impennata dei costi energetici, con la perdita di efficienza delle catene logistiche, con la generale insicurezza causata dal conflitto russo-ucraino, con famiglie sempre più attente al proprio budget di spesa.
In Italia l’inflazione è tornata oltre il 6% dopo oltre un quarto di secolo. Chi ha meno di 40 anni, ossia quasi il 40% della popolazione italiana, non l’ha mai conosciuta, se non da bambino, ed è abituato, se necessario, a rimandare gli acquisti senza timore di rincari, a indebitarsi a tassi bassissimi, ad accontentarsi di retribuzioni ferme da anni. Tutte condizioni che non esistono più.
I rincari dei prodotti di largo consumo e dei servizi di base comportano un automatico adeguamento dei consumi: non c’è da meravigliarsi se ciò è puntualmente avvenuto nella prima metà dell’anno. Quello che poi accadrà da qui a dicembre non è dato sapere con precisione ma la previsione è abbastanza scontata: la situazione non migliorerà, anzi, andrà peggiorando di pari passo con l’impennata dei costi dell’energia.
Che il biologico faccia i conti con tutto questo è inevitabile. Che lo scenario cambi nel breve periodo è da escludere. Non resta dunque che prepararsi ad affrontare condizioni di mercato difficili che richiedono una gestione aziendale prudente e accordi di filiera finalizzati a tutelare il biologico nei punti vendita.
Anche l’Unione europea dovrà fare la sua parte: vuole un biologico più forte? Faccia quattro conti e vedrà che i conti non tornano. Questo è il momento di difenderlo e valorizzarlo per evitare un biologico europeo non solo più debole ma addirittura a pezzi.
Antonio Felice
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