Festa del Bio: la salvaguardia del suolo al centro della riflessione

Festa del Bio

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Il bio fa festa a Bologna grazie a FederBio e fa il punto su due obiettivi cruciali: il mantenimento della fertilità del suolo e la riduzione delle emissioni di gas serra insieme al contrasto ai cambiamenti climatici.

In collaborazione con AssoBio, Legambiente, Slow Food Italia, Lipu, WWF Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Coalizione CambiamoAgricoltura, Cambia la Terra e Kyoto Club, la giornata si è svolta tra incontri sulla ristorazione collettiva (a colloquio con il Comune di Bologna), biodiversità e contrasto al cambiamento climatico. A partire da ciò che possono fare i produttori fino ad arrivare alla politica: il suolo è sempre stato al centro di ogni riflessione e della campagna costruita per trasmettere e diffondere i valori del bio.  

È Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, ad esporre i risultati di una prima campagna che si è occupata di trovare i principi attivi di quattro pesticidi: “Sono state fatte analisi delle urine ad una famiglia prima dell’inizio di una dieta a base di soli prodotti bio e dopo – spiega – e si è osservato che alcuni pesticidi come il glifosato erano presenti in livelli superiori alla media consentita, mentre, dopo la dieta, i valori degli stessi pesticidi sono calati dell’85%”. Sebbene si sia trattato di una ricerca sperimentale che non ha ancora valore scientifico (i cui passaggi sono più lunghi e complessi prima di arrivare alle conclusioni, ndr) i dati sono chiari e rimandano alla gestione del suolo: “Il bio è fondamentale anche perché, nel processo circolare, restituisce al suolo una quantità di sostanze organiche pari a quella utilizzata dalla pianta”.

A viaggiare lungo l’Italia due attivisti e due agronomi che hanno analizzato dodici terreni bio, coltivati a vigneti, oliveti, ortaggi, grano: “Sono stati trovati solo tre principi attivi, ovvero il DDT, e ciò dimostra che, benché sia bandito da decenni, il lascito è pesante e le molecole degradano molto difficilmente; un insetticida per zanzare, perché probabilmente era stata fatta una disinfestazione nei pressi, e il rame, materiale su cui il mondo del biologico sta facendo ricerca per debellarlo”, fa sapere ancora Mammuccini.

La campagna, quindi, intende lanciare un messaggio preciso alle Istituzioni: “Inutile porsi l’obiettivo di riduzione dei pesticidi se poi non vengono fatti monitoraggi adeguati – attacca la presidente di FederBio – e se non si pongono limiti legislativi sugli inquinamenti da pesticidi nel suolo come avviene nel caso dell’acqua; infatti, laddove la presenza è alta, l’acqua viene definita non potabile. Nel caso del suolo, che è base per la produzione del cibo, non c’è questa attenzione”. L’attacco di Mammuccini: “Se diamo soldi per ridurre i pesticidi, allora dobbiamo anche comprovare che quella riduzione abbia avuto effetti”.

Il suolo, infatti, è il cuore della produzione proprio perché da lì nascono le piante ed è lì che vivono miliardi di microorganismi, fondamentali anche dal punto di vista nutritivo.

Gianunberto Accinelli, entomologo, si sofferma sul ruolo imprescindibile degli insetti e sulle incredibili proprietà dei microrganismi, per il suolo, raccontando un episodio avvenuto in Australia: “Quando questo Paese fu colonizzato, vennero portate là anche mucche e vacche produttrici di un’enorme quantità di escrementi che il terreno non riusciva a riassorbire perché in Australia non viveva il coleottoro stercorario il cui lavoro è quello di processare escrementi – racconta Accinelli – In 50 anni l’Australia fu riempita di sterco e di conseguenza di mosche, tanto che era vietato mangiare all’aria aperta. Gli entomologi hanno capito che cosa mancava, dato che in Africa i coleotteri riuscivano a processare escrementi di elefante: portando in Australia l’insetto, in quattro anni si è risolto il problema”. Ecco, quindi, perché è importante occuparsi del suolo, sebbene non sia facile, sia per il fatto in sé di doversi occupare di qualcosa di non superficiale, sia perché non è particolarmente “piacevole” farlo”.

Convinto di questo punto anche Carlo Tricarico, presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica: “Sappiamo bene che gli attacchi al biodinamco sono attacchi al biologico, perché ci si approfitta del fatto che sia poco conosciuto, ma è cruciale ricordarsi che abbiamo desertificato il suolo che, invece, è la parte più vitale della terra”, scandisce Tricarico, e aggiunge: “Non dobbiamo cadere nel tranello secondo il quale il bio e il biodinamico non hanno senso, dato che l’aria stessa è inquinata: grazie al biologico, infatti, calano anche gli inquinanti ambientali e ciò significa che il bio ha un effetto proattivo”.

Francesco Ferroni di WWF Italia e Coalizione #CambiamoAgricoltura insiste su questo punto, ponendo l’attenzione anche sugli allevamenti: “Non è possibile separare il tema della coltivazione del suolo da quello dell’allevamento – suggerisce – Abbiamo preso gli animali e stipati dentro a dei capannoni, ma l’elemento cardine della agricoltura biologica sta nel mantenere la complessità della gestione dell’azienda agricola”.  E fa riferimento alla PAC: “Sono previsti 400 miliardi di euro in sei anni, risorse che dovrebbero compensare i maggiori costi della gestione del bio e del biodinamico, sebbene, a dir la verità, in questi mesi la guerra ci stia dimostrando che il convenzionale ha costi molto alti, quando i materiali non sono reperibili… Tuttavia, con i soldi pubblici adesso si sta facendo il contrario, dato che abbiamo perso il 47% delle aziende agricole più resilienti”. Ferroni lo dichiara citando le parole del commissario UE all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski: “Ha fatto un tweet in cui ha fornito questo dato, partendo dal 2010. È tutto molto chiaro: si stanno dando risorse alle aziende che praticano moncultura e usano la chimica, quindi si sta scegliendo di uccidere il suolo con un’agricoltura avvelenata”.

La sfida, quindi, in mano a produttori e trasformatori, per Marco Santori, consigliere di AssoBio, è quella di “aumentare consumi del bio”: “La definizione dei biodistretti permessa dalla Legge sul bio può dare una mano in questo senso, in modo da intensificare il legame con le politiche locali”, fa sapere. Ma non solo: “Sulla trasparenza siamo già forti; dobbiamo lavorare sui costi e comunicare che la produzione ne ha e che non si possono usare scorciatoie”. Senza un giusto costo il rischio è la frode, questo va detto. Santori suggerisce di comunicare il bio usando una metafora significativa. “Il biologico deve essere immaginato come una Stonehenge, dove le due colonne portanti sono costituite da pacha mama, la madre terra, e dalla conoscenza; l’architrave sono i trasformatori. Dobbiamo convincere le persone che si può passare sotto queste travi perché è tutto molto solido – afferma con sicurezza -. Il cambiamento avverrà, è solo questione di tempo, ne sono convinto, anche perché l’alternativa non c’è o, se c’è, sta solo nelle produzione sintetiche, ma non credo si voglia intraprendere questa strada…”, la sua conclusione.

Chiara Affronte

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