Anche se in forte ritardo rispetto alla road map, a fine luglio si è aperto il dibattito italiano sul Piano Strategico Nazionale (PSN) per la PAC e, nello specifico sul ruolo del settore biologico.
Federbio e AIAB, le due principali associazioni di categoria, hanno inoltrato una proposta congiunta al Mipaaf, presentandola nell’occasione di un meeting virtuale dal titolo ‘Aspettando rivoluzione Bio 2021’ che ha anticipato alcuni dei contenuti della prossima edizione di SANA, la fiera del Biologico in programma a Bologna dal 9 al 12 settembre.
Le due associazioni puntano ad innalzare l’asticella dell’obiettivo europeo e portare al 30%, 5 punti percentuali in più rispetto alle indicazioni europee del 25%, la superficie italiana coltivata a Bio. In questo modo, peraltro, verrebbe di fatto applicata la proposta iniziale del Parlamento europeo, rigettata nell’accordo di giugno che ha segnato la fine della fase dei Triloghi.
“La nuova PAC comporta scelte nazionali molto importanti per non fare perdere il ruolo dell’Italia di leadership europea sul Bio che attualmente detiene – ha spiegato Carlo Frascarelli, neo presidente di Ismea (vedi news) e docente di Politica Agroalimentare presso l’Università di Perugia -. A tal fine, anche solo per raggiungere la soglia minima del 25% delle superfici coltivate a Bio, bisognerebbe raddoppiare i finanziamenti dello sviluppo rurale che negli ultimi due anni sono stati, per il nostro Paese, di circa 470 milioni di euro. Vanno portati a 853 milioni. Diversamente l’obiettivo sarà impossibile da raggiungere. Con lo status quo arriveremmo, conti alla mano, al 21,5% e quindi al di sotto dell’obiettivo della Commissione”.
Gli strumenti finanziari messi in campo dalla nuova PAC a cui il settore Bio Italiano può attingere, sia sul fronte delle nuove conversioni che sul fronte del mantenimento, sono contenuti sia nel primo pilastro della Politica Agricola Comune, quello degli aiuti diretti e, in particolare, gli eco-schemi; sia nel secondo pilastro, quello dello Sviluppo Rurale con la misura 11. Ma anche in tutte le OCM, nella cosiddetta condizionalità rafforzata e negli aiuti accoppiati.
“La nuova PAC assegna al nostro Paese – precisa Frascarelli – circa 7 miliardi di euro l’anno su una dotazione europea di circa 350 miliardi di euro in sette anni. Per l’Italia significa, in sostanza, una disponibilità di 3,6 miliardi di euro all’anno attraverso gli aiuti diretti e quindi circa 900 milioni di euro per gli eco-schemi; circa 3 miliardi di euro all’anno per lo Sviluppo Rurale e 417 milioni annui per le cosiddette ‘misure di mercato’. In questo quadro abbiamo fatto sette simulazioni che rappresentano altrettante strade che potremmo valutare per usare al meglio i vari strumenti europei ai fini dell’espansione della superficie europea del Bio”.
Ed è proprio sulle modalità di sfruttamento delle risorse, che rappresentano il cuore del dibattito tecnico per il PSN, Federbio e Aiab divergono, sia pure in un clima di totale apertura al dialogo, stante la proposta congiunta.
“Secondo noi, in uno scenario possibile di disaccoppiamento degli aiuti del primo e del secondo pilastro – ha detto Maria Grazia Mammuccini -, le risorse degli eco-schemi andrebbero indirizzate al mantenimento delle superfici Bio perché il Bio ormai è uno standard produttivo. I PSR, in coerenza con il loro impegno permanente e con la dotazione minore, sarebbero utili per le nuove conversioni e per le certificazioni”.
In posizione opposta Aiab, che punta a scaricare quello che chiama ‘balzello’ della certificazione, sul primo pilastro proprio per la sua maggiore consistenza finanziaria. “In questo modo – ha spiegato il suo presidente Giuseppe Romano – potremmo rendere accessibile a tutti gli agricoltori il processo di passaggio al Bio. Inoltre siamo preoccupati sulle tempistiche. Con questo ritardo sui lavori, e posto che il tavolo di confronto ancora non è partito né le associazioni del Bio sono mai state convocate al ministero, siamo sicuri di riuscire a presentare il PSN entro la scadenza che ci ha dato l’UE del 31 dicembre?”.
Uno dei must principali per la realizzazione del Piano è la semplificazione burocratica, per questo, Camillo Zaccarelli Bonelli, della direzione Strumenti per la gestione del rischio di ISMEA che partecipa, per il Mipaaf al dibattito tecnico su PSN ha sottolineato: “Se si disaccoppiano gli aiuti per conversione e mantenimento, si rischia di ingarbugliare il quadro amministrativo e di non trovare riscontro efficace sui due piani, nazionale e regionale, ai singoli investimenti. Sulle tempistiche, fermo restando che è in ritardo anche il processo decisionale europeo, va detto che non sono previste sanzioni per gli Stati ritardatari”.
In questo quadro sarà determinante l’entrata in vigore, il primo gennaio 2022, del nuovo regolamento europeo sul Bio, considerato dagli attori, come il documento madre che deve contenere tutti gli strumenti PAC. È considerata propedeutica alla stesura del PSN, pure la legge Italiana sul Bio in fieri, che potrà sciogliere gli attuali nodi del frastagliamento burocratico (si pensi solo alle attuali differenze regionali sulla definizione del concetto di Biodistretti) data dalla mancanza di una disciplina univoca e nazionale e fare un passo avanti verso la creazione di un Sistema Italia del Bio.
Contemporaneamente, le associazioni del Bio potrebbero iniziare già da subito ad avere un ruolo nei tavoli già aperti al ministero sui progetti di filiera, presentandone altrettanti dedicati al Bio per ogni dossier di filiera e spingendo magari, su quelle ancora più indietro nei processi di conversione, come ad esempio, le zootecniche.
“Gli eco-schemi saranno la cifra importante di questa PAC – ha dichiarato Paolo De Castro, coordinatore del gruppo S&D della commissione Agricoltura del Parlamento europeo -. È qui che entra in gioco il ruolo degli Stati Membri che è cruciale, soprattutto sul fronte della semplificazione burocratica. Noi possiamo scegliere, una volta che l’Europa ha individuato gli standard minimi per riuscire ad essere carbon neutral entro il 2050, di dotarci di misure più stringenti. Dobbiamo approfittate di questa vocazione italiana al Bio anche per evitare spostamenti in negativo della bilancia commerciale import-export favorendo, così, importazioni Bio extra UE che, magari, non rispettano i nostri standard. Il percorso verso il Bio va fatto con gli agricoltori, e quindi nel rispetto della sostenibilità economica oltre che ambientale. Non contro di loro”.
La realizzazione e accelerazione di questo cammino sarà perseguita anche grazie alla ricerca e all’innovazione attraverso il cosiddetto modello AKIS (Agricultural Knowledge and Innovation Systems – Sistema di conoscenza e innovazione in campo agricolo) che entrerà in vigore dal primo gennaio 2023 costituito da un insieme di organizzazioni e/o persone che operano in rete.
Fermo sul sostegno al Biodinamico, il sottosegretario Francesco Battistoni che ha anche la delega al Bio. “Il fatto che l’abbinamento tra le due tecniche colturali metta molti in difesa rappresenta un freno alla nostra capacità di crescita. È pacifico che, se una coltura è Biodinamica, essa è quantomeno Bio”.
Un punto ancora tutto da chiarire, infine, rimane il nodo dell’abbattimento del 50% dei fitofarmaci entro il 2030. “Con il solo Bio – ha chiosato Zaccarini Bonelli -, sia pure portato al 25%, non riusciremo a rispettarlo. Serve iniziare a ragionare in un’ottica di ‘Bio+’”.
Mariangela Latella