B/Open: nuove superfici bio, bene ma non benissimo

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Crescono nel 2020 e nei primi cinque mesi di quest’anno in Italia gli operatori e le superfici biologiche, ma con un ritmo meno brillante rispetto al passato. I dati sono stati presentati lo scorso giovedì mattina da Riccardo Cozzo, presidente di Assocertbio, l’Associazione degli organismi di certificazione del biologico che raggruppa dieci dei principali enti presenti in Italia e che certifica il 95% degli operatori del settore “organic”, nel corso del webinar organizzato da B/Open (rassegna di Veronafiere dedicata al Bio-food and natural self-care, in programma in presenza il 9 e 10 novembre) in collaborazione con Assocertbio, al quale hanno preso parte il Ministero delle Politiche Agricole, Ismea e i rappresentanti del settore: AIAB, Alleanza Cooperative Italiane, Anabio-CIA, Coldiretti, Confagricoltura, FederBio, in un dibattito condotto da Angelo Frigerio, direttore di Tespi Mediagroup.

Nel 2020 il numero di operatori certificati, che tiene in considerazione produttori, preparatori e importatori, è cresciuto del +1,57% arrivando, secondo le stime di Assocertbio, a 81.913 unità; segno positivo anche per le superfici coltivate (+0,80%), che proiettano l’Italia a 1.994.904 ettari, cioè il 15,8% dell’intera Superficie agricola utilizzata (SAU).

Dinamiche in linea anche nei primi cinque mesi del 2021, con operatori certificati in aumento dell’1,84% (pari a 1.431 unità) e superfici che registrano un incremento dello 0,37%, pari a 6.968 ettari.

Trend che per il presidente di Assocertbio Cozzo “sono indubbiamente positivi, anche alla luce delle difficoltà dovute al Covid, ma che non sono più dinamiche come in passato, tanto che un rallentamento dello slancio potrebbe compromettere l’obiettivo della strategia europea Farm to Fork, che si prefigge di arrivare al 25% della SAU a biologico entro il 2030”.

Uno degli elementi disincentivanti a convertire le produzioni bio sarebbe legato al sistema sanzionatorio previsto dal decreto legislativo 20 del 2018, secondo gli operatori del settore, in quanto eccessivamente punitivo nei confronti dei player più piccoli e meno strutturati.

Quali soluzioni mettere in campo per ridare slancio e competitività al settore, proprio nell’anniversario della prima normativa comunitaria dedicata al bio, licenziata 30 anni fa a Bruxelles? Un aiuto dovrebbe arrivare dalla nuova legge italiana sul biologico, approvata lo scorso 20 maggio al Senato e che promuove strumenti utili come il marchio “Biologico Italiano”, i distretti biologici, prevede l’adozione entro tre mesi dalla promulgazione di un Piano d’azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici (“in questo senso l’Italia è stata apripista in Europa”, ha ricordato Roberta Cafiero, dirigente del Mipaaf in materia di Agricoltura biologica e Sistemi di qualità alimentare nazionale e Affari generali, che ha illustrato i principali aspetti normativi e ha auspicato l’approvazione alla Camera entro l’estate) e istituisce un Tavolo tecnico istituzionale.

“Un aiuto potrebbe arrivare dalla riforma della Politica Agricola Comune (PAC), che proprio nel biologico vede la locomotiva della transizione verde”, ha indicato Antonella Giuliano di Ismea, illustrando i possibili scenari di crescita del settore in base a diverse ipotesi di finanziamento comunitario.

Il settore ha chiesto in maniera compatta anche di promuovere i consumi così da agganciare meglio il treno dell’incremento produttivo e delle superfici, ma anche di puntare su ricerca, innovazione, agricoltura digitale, formazione e informazione.

Per Giuseppe Romano, presidente di AIAB, “i dati presentati da Assocertbio per B/Open di Veronafiere confermano che anche durante la pandemia i consumatori hanno dato fiducia al biologico. Bisogna fare ancora di più e incentivare consulenza e informazione, aspetti imprescindibili così come la ricerca; contemporaneamente ritengo necessario un maggiore impegno per agevolare i prodotti bio nella ristorazione collettiva, dalle scuole agli ospedali, dove la qualità è un aspetto significativo”.

Francesco Torriani, coordinatore nazionale per il settore biologico di Alleanza delle Cooperative Italiane, sostiene la necessità di “lavorare insieme affinché il Piano strategico nazionale della PAC investa nelle filiere e garantisca valore aggiunto a tutti i componenti delle filiere biologiche, accompagnando in parallelo gli investimenti in ricerca e sviluppo, così da sostenere la diffusione dell’agricoltura digitale, essenziale per far fare al settore un salto di qualità e coniugare la sostenibilità ambientale a quella economica. Se parliamo di cereali, ad esempio, accanto alle varietà storiche dovranno essere inserite nuove varietà, grazie alla ricerca genetica e sementiera”.

La politica dovrà svolgere, nell’opinione di Antonio Sposicchi, direttore di Anabio-CIA, “un ruolo di promozione verso i produttori, le filiere e i cittadini, perché il caso francese è emblematico: sono passati nel giro di pochi anni da 4 miliardi a 12 miliardi di consumi interni e questo, logicamente, agevola la crescita delle superfici”.

È la logica di sostegno della produzione agricola biologica in tandem con la crescita sul piano commerciale, sostenuta anche da Francesco Giardina, responsabile Associazione produttori biologici di Coldiretti. “Senza un’adeguata crescita agricola il futuro del bio sarà più complicato – dichiara Giardina, che rimarca il primato italiano in termini di superfici destinate a bio sulla SAU nazionale -. Attenzione poi ai rischi di semplificazione eccessiva dei controlli, perché mantenere il clima di fiducia con i consumatori è alla base della scelta negli acquisti”.

Per rilanciare il settore, secondo Luigi Tozzi, responsabile Ufficio Qualità e sicurezza alimentare di Confagricoltura, “bisognerà garantire redditività alle imprese agricole, altrimenti si correrà il rischio di disincentivare il biologico, come un trend in diminuzione delle superfici in conversione fra il 2017 e il 2019 evidenzia. In chiave di ripartenza – prosegue Tozzi – la legge che sta per essere approvata alla Camera sposerà punti di forza come il marchio Biologico Italiano e favorirà la nascita di Biodistretti e OP, strategici per la competitività”.

Una legge “attesa da 15 anni”, sottolinea Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio, che mette in evidenza alcuni punti chiave per dare una scossa positiva al comparto: “Sostenere l’assistenza tecnica, l’innovazione e l’informazione, anche attraverso la riforma della PAC, garantire il giusto prezzo fra gli attori delle filiere, migliorare l’efficienza delle catene di approvvigionamento, applicare una fiscalità ridotta ai prodotti che assicurano benefici ambientali come il biologico, portare a credito d’imposta i costi per la certificazione, il cui onere talvolta è disincentivante nei confronti dell’approccio al biologico”.

Fonte: Ufficio stampa B/Open

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