Agricoltura bio contro la crisi climatica. Italia a rischio

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L’impatto della crisi climatica sull’agricoltura potrebbe essere devastante per i Paesi dell’Europa meridionale, tra cui l’Italia. Tra trent’anni ondate di calore, siccità, alluvioni ed eventi meteorologici estremi faranno diminuire la produzione delle coltivazioni non irrigue del 50%. E alla fine del secolo, queste stesse coltivazioni saranno ridotte dell’80%. Una catastrofe che toccherebbe solo in parte l’agricoltura centro e nord europea, ma investirebbe in pieno il nostro Paese.

È l’allarme lanciato il 5 settembre dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) nel rapporto “Climate change adaptation in the agricultural sector in Europe”, un allarme che da una parte chiede maggiore attenzione alla salvaguardia della produzione primaria e dall’altra chiarisce che l’agricoltura intensiva e industriale è tra le cause del disastro, visto che dai campi europei proviene il 10% delle emissioni di gas serra.

“L’impatto dei cambiamenti climatici si sta già facendo sentire sui nostri campi: estati caldissime o, al contrario, troppo piovose stanno mettendo a serio rischio le colture mediterranee”, commentano le associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica della campagna Cambia la Terra (Federbio, Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente e WWF). “Come abbiamo già sottolineato nel Rapporto Cambia la Terra 2018, occorre che le politiche agricole nazionali ed europee smettano di premiare chi inquina, chi abusa di pesticidi dannosi per la fertilità dei suoli e la salute umana e incentivino le pratiche agricole rispettose del Pianeta”.

Il tasso d’assorbimento della CO2 dei suoli nell’agricoltura convenzionale è pari all’1%, in quelli bio sale al 3,5%. L’agricoltura biologica, inoltre, aumenta la sostanza organica nei suoli, e già questo li mette in condizione di assorbire grandi quantità di CO2, trattenere l’acqua e renderla disponibile assieme agli alimenti nutritivi anche in caso di carenza di piogge. Le stesse pratiche agroecologiche escludono il ricorso a sostanze di sintesi che vengono prodotte con ampio consumo di combustibili fossili. Inoltre l’agricoltura biologica richiede la copertura vegetale permanente dei suoli, la presenza di siepi, zone naturali nei campi che non solo facilitano il mantenimento della biodiversità ma anche la creazione di microclimi più favorevoli. Il bio, infine, utilizza il più possibile cultivar adattate ai climi locali: l’agricoltura tradizionale, soprattutto nel Meridione, è fatta di specie e sementi in grado di affrontare periodi di siccità e grande calore.

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