Fermare l’agricoltura biologica per aumentare le rese produttive e arginare il rischio di una crisi alimentare. È forte polemica in Italia, per le dichiarazioni del CEO di Syngenta, Erik Fyrwald (nella foto di apertura), rilasciate durante un’intervista rilasciata ai media svizzeri.
“Di fronte alla minaccia di una crisi alimentare globale, aggravata dalla guerra in Ucraina, è necessario rinunciare all’agricoltura biologica per ottenere rese produttive maggiori”, ha affermato l’AD del colosso agrochimico di Basilea, passato nel 2017 nelle mani della cinese ChemChina e colosso mondiale dei semi biotecnologici e dei prodotti chimici per l’agricoltura.
Di fronte al fatto che i Paesi ricchi “hanno l’obbligo di aumentare la loro produzione agricola per evitare una catastrofe globale” e che le rese dell’agricoltura biologica possono essere inferiori fino al 50% a seconda del prodotto, “la conseguenza indiretta è che le persone muoiono di fame in Africa, perché stiamo mangiando sempre più prodotti biologici”, ha spiegato Fyrwald.
Secondo Syngenta, la produzione di bio favorisce il consumo di terra perché richiede aree più grandi, e danneggia anche il clima con la grande attività di aratura, aumentando le emissioni di CO2. Respingendo le accuse di opporsi all’agricoltura biologica per gli interessi, Fyrwald ha sottolinea che l’intero settore del biologico fa alti profitti “perché i consumatori sono pronti a pagare molto”. E propone una terza via per la produzione agricola, né solo convenzionale né solo biologica. Il suo concetto è quello di una agricoltura rigenerativa che riprende la rotazione delle colture dall’agricoltura biologica e allo stesso tempo si concentra sull’uso mirato di pesticidi e OGM per aumentare i raccolti. “A causa del Covid-19 e delle condizioni meteorologiche estreme, i prezzi di mais, soia e cereali erano già aumentati prima della guerra – ha concluso l’amministratore delegato di Syngenta –. Ora con l’invasione russa dell’Ucraina, che sfama 400 milioni di persone, la crisi alimentare globale rappresenta un grande pericolo”.
La risposta di Federbio
Non si può rinunciare al biologico, anzi è proprio questo il momento in cui occorre investire con maggior decisione sulla transizione agroecologica. All’evento “È l’ora dell’agricoltura bio, una risorsa strategica per uscire dalla crisi” (vedi news), FederBio risponde alla provocazione dell’AD del colosso agrochimico Syngenta.
“Al convegno di oggi, organizzato con le altre associazioni del biologico per fare il punto dopo l’approvazione della legge su come è meglio utilizzare i fondi stanziati per lo sviluppo dell’agricoltura bio, si è parlato del ruolo fondamentale dell’agroecologia contro la crisi alimentare. Rispondendo anche alla recente intervista dell’amministratore delegato del polo agroindustriale Syngenta, ricordo che l’emergenza di cibo globale non deve farci cadere nella tentazione di scegliere come soluzione l’incremento dell’uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi chimica, che non garantiscono certo rese colturali migliori, anzi nel tempo favoriscono fenomeni di desertificazione del suolo mettendo a rischio la produzione di cibo per le generazioni future. Ridurre le sostanze chimiche di sintesi è fondamentale soprattutto in questo momento con i costi dei pesticidi e fertilizzanti schizzati alle stelle che rendono impossibile garantire un reddito adeguato agli agricoltori. Molti sono costretti a chiudere. Il bio contribuisce a incrementare il sequestro annuo di Carbonio Organico (CO) in maniera nettamente superiore anche rispetto ai terreni non coltivati: è stato dimostrato che nei terreni coltivati in modo biologico l’accumulo annuo di CO nel suolo è pari a 3,5 tonnellate per ettaro, negli altri a 1,98 t/h. Inoltre il biologico, valorizzando i circuiti locali di produzione e consumo e tutelando la biodiversità, può essere una delle opportunità per garantire un reddito soddisfacente e un futuro per gli agricoltori. Infine, per quanto riguarda le rese, è scientificamente provato che nel medio e lungo periodo le rese colturali dell’agricoltura biologica, sono del tutto simili se non addirittura superiori a quelle dell’agricoltura convenzionale che utilizza enormi quantitativi di sostanze chimiche di sintesi e acqua compromettendo la fertilità dei terreni e mettendo a rischio la produzione di cibo per le generazioni future. Infine è chiaro che oggi uno dei problemi fondamentali è l’equa distribuzione del cibo visto che l’eccesso di produzione serve solo ad abbassare il prezzo agli agricoltori e il 30% del cibo finisce nei rifiuti invece che per risolvere il problema della fame”, ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio.
La reazione di Coldiretti
“L’attacco della multinazionale Syngenta al biologico – ha scritto in una nota Coldiretti – colpisce direttamente l’Italia che è leader europeo nel numero di imprese agricole bio con ben 70mila produttori e oltre 2 milioni di ettari coltivati”. I prodotti bio finiscono nel carrello della spesa di quasi due italiani su tre (64%) con le vendite totali che nell’ultimo decennio sono più che raddoppiate tanto che nel 2021 hanno sfiorato il record di 7,5 miliardi di euro di valore, tra consumi interni ed export. “Oggi l’agricoltura italiana è la più green d’Europa, con 316 specialità DOP/IGP riconosciute a livello comunitario e 526 vini Dop/Igp. Non solo, sono censiti 5.333 prodotti tradizionali regionali lungo la Penisola e il nostro Paese ha la leadership nel biologico e nella biodiversità, ma anche il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari”.
“L’Italia – ha aggiunto il presidente Ettore Prandini (nella foto a destra) – non può accettare passi indietro e a decidere cosa produrre non può essere di certo la cinese Syngenta”.
La reazione di AIAB
“Mentre l’Europa punta fortemente sulla conversione al biologico con il Green Deal e le strategie di attuazione Farm to Fork e Biodiversità, che hanno l’obiettivo ambizioso di triplicare le superfici agricole coltivate a biologico e ridurre l’uso dei pesticidi e degli antibiotici del 50% entro il 2030, arriva Syngenta, multinazionale cinese produttrice di agrofarmaci a sferrare un altro colpo a uno dei nostri settori di eccellenza, accusandolo addirittura di essere colpevole della fame nel mondo”, si legge nel comunicato dell’Associazione di produttori bio.
“L’Italia – si aggiunge – conta oltre 80.000 imprese certificate e più di due milioni di ettari di superficie agricola coltivata o in conversione al biologico, il 16% della superficie agricola totale. È un punto di riferimento europeo e mondiale non solo per la produzione ma anche per la trasformazione e l’esportazione, con quasi 7 miliardi di euro di fatturato complessivo. Il biologico è un settore che continua a crescere a ritmi decisamente elevati sia come consumi sia come produzione, anche perché attrae imprenditoria giovanile e investimenti generando nuova occupazione e inserendosi perfettamente in un’economia sempre più circolare e pulita. Sarà per questo che tutti cercano di attaccarlo”.
Dichiara poi il presidente Giuseppe Romano (nella foto sopra): “La guerra in Ucraina non può essere la scusa per fare clamorosi passi indietro sul fronte della produzione agricola essendo questa uno dei fattori da cui passa e passerà sempre più velocemente la transizione verso un’economia più sostenibile che tutto il mondo chiede. Nessuno otterrebbe vantaggi da una simile retromarcia”.