L’agricoltura bio aumenta fino al 30% la biodiversità, il racconto di quattro agricoltori alla Festa del BIO

Festa del Bio (1)

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La perdita di biodiversità è la terza minaccia più grave dei prossimi 10 anni. A sostenerlo è il Rapporto di Lampkin e Padel che sottolinea i benefici ambientali, sociali ed economici che l’agricoltura biologica può produrre con il raggiungimento del 25% di terreni agricoli coltivati bio entro il 2030, uno degli obiettivi della strategia Farm to Fork.

L’indagine sostiene che l’agricoltura biologica, nutrendo la terra per mantenerla fertile, svolge un ruolo fondamentale nella conservazione e implementazione degli habitat naturali.

Su come tutelare la biodiversità, sono intervenuti alla Festa del BIO di Bologna quattro agricoltori bio che hanno raccontato come ogni giorno, senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi, si impegnano nella conservazione della fertilità del terreno e dell’armonico sviluppo dei cicli naturali, per contrastare la perdita di biodiversità.

A moderare l’incontro Francesco Sottile di Slow Food, agronomo e docente di coltivazioni arboree e biodiversità e qualità del Sistema Agroalimentare presso l’Università di Palermo, che ha aiutato a far emergere le buone pratiche sostenibili messe in atto quotidianamente dai produttori bio per salvaguardare la biodiversità e lo scambio virtuoso che esiste da sempre tra natura e agricoltura bio.

Storie di resilienza che partono dall’intervento di agroforestry di Maria Bernadetta Masini, dell’omonima azienda agricola di Ravenna fondata dal bisnonno. Dopo studi artistici, Maria Bernadetta diventa agricoltrice, concentrandosi sui grani antichi bio scoprendo subito l’infinita generosità della natura, l’importanza di esserne in sintonia e, soprattutto, di rispettarla.

Cambio di vita anche per Giovanni Drei che ha deciso di coltivare noci con metodo biodinamico nell’azienda agricola di famiglia “Tre Querce”, nella pianura forlivese. Per Giovanni la biodiversità più importante è quella microbiologica a livello del terreno e delle foglie che si associa a quella delle siepi, delle aree incolte e delle zone boschive.

Federico San Bonifacio ha raccontato, invece, la storia della sua Azienda Agricola San Bonifacio di Villa Bartolomea (VR), che partendo dall’impatto della silvicoltura sostenibile e del suo importante contributo nella tutela della biodiversità e della fertilità del suolo, si è concentrato nella lavorazione di grani e semi senza chimica.

Ermanno Rocca dell’azienda agricola Bonazza, di San Lazzaro di Savena (BO), ha condiviso la sua profonda passione per l’olivicoltura bio e il recupero della biodiversità olivicola autoctona locale. In collaborazione con IBIMET CNR di Bologna, l’azienda ha partecipato a progetti volti a preservare piante di olivo plurisecolari delle colline bolognesi da cui oggi derivano nuove cultivar che hanno preso il nome del luogo su cui sono situate le piante antiche.

“La valorizzazione del biologico passa prima di tutto dall’esperienza di chi ogni giorno lavora con passione la terra e deve affrontare le sfide legate alla tutela della biodiversità e al contrasto di cambiamenti climatici sempre più estremi – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – Gli agricoltori biologici sono stati i primi a dimostrare come la protezione della natura e l’agricoltura possano coesistere, incrementando la fertilità del suolo, preservando la biodiversità e immagazzinando carbonio. Ecco perché alla Festa del BIO, in occasione del secondo European Organic day, abbiamo voluto, tra gli altri eventi, dare spazio alle loro storie che raccontano il costante impegno per la salvaguardia delle risorse naturali del Pianeta”.

Il Talk “Parlano gli agricoltori bio, Storie di biodiversità” è stato realizzato nell’ambito della campagna Being Organic in EU promossa da FederBio in collaborazione con Naturland e cofinanziata dall’Unione europea.

Fonte: Ufficio Stampa Being Organic in EU

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