Strategie di mercato per efficientare l’organizzazione delle filiere e strategie di comunicazione con le imprese che devono fare la loro parte sono stati i temi principali dibattuti al Tavolo di confronto che ha radunato l’Alleanza delle Cooperative settore biologico (Confcooperative, Legacoop e Agci), all’indomani di Appuntamento con il bio, l’evento che con dati statistici e tavole rotonde fa il punto sullo stato di salute del comparto.
“Al Tavolo abbiamo appunto commentato i dati di Appuntamento con il bio – racconta a GreenPlanet il presidente del Settore biologico Confcooperative e coordinatore dell’Alleanza delle Cooperative per il settore biologico Francesco Torriani – I dati emersi fotografano una situazione del bio ancora in crescita dal punto di vista delle superfici, anche se è una crescita dovuta soprattutto alle superfici a pascolo e quindi è un dato legato spesso alle scadenze dei bandi regionali che prevedono contributi a superficie. Passando all’aspetto del mercato, quello che ci interessa di più, i dati 2023 evidenziano qualche segnale di ripresa ma questo ci fa dire che come settore dobbiamo fare un salto di qualità, soprattutto a livello organizzativo. Bisogna investire seriamente sulle filiere agroalimentari biologiche, quindi aggregare l’offerta, per incidere sulla produzione primaria. Ma non è sufficiente, occorre anche integrare la produzione primaria con la trasformazione e commercializzazione e questo è un po’ il cavallo di battaglia della cooperazione: migliorare l’organizzazione di filiera in quanto il valore aggiunto di un prodotto bio, come del resto di altre tipologie di prodotti agroalimentari, è sul prodotto finito e si deve anche trasferire parte di quel valore aggiunto verso la materia prima, perché il tema vero è che il mercato ci chiede prodotti di qualità e prodotti biologici ma sta anche diventando sempre più cruciale la questione prezzo, quindi non possiamo trasferire sul consumatore finale l’inefficienza di una filiera magari non ben organizzata”.
“D’altra parte – prosegue Torriani – dobbiamo fare come mondo del bio, e in particolare come cooperazione, delle azioni per contrastare le pratiche commerciali sleali perché non è possibile pagare la materia prima a dei prezzi inferiori in alcuni casi anche ai costi di produzione. Questa battaglia sacrosanta contro le pratiche commerciali sleali potrà tuttavia dare effetti positivi, sostanziali, e percepibili dagli imprenditori se sapremo veramente organizzare bene le filiere, altrimenti la forza contrattuale e il peso politico dei produttori, se non ben organizzati, sarà modesto e non si potranno contrastare quelle speculazioni che ci sono anche nel mondo del bio”.
“Altro tema su cui ci siamo confrontati – aggiunge Torriani – é quello della promozione, c’è un deficit di comunicazione nel mondo del bio, quindi dobbiamo investire sulla comunicazione per informare il cittadino/consumatore sulle peculiarità dell’agricoltura biologica e contrastare efficacemente il greenwashing. Vanno incentivati progetti promozionali capaci di comunicare tutte le peculiarità del biologico non solo ai “bio lovers puri”, che pur rappresentano una fetta fondamentale per il nostro settore, ma anche ai consumatori ordinari. Programmi promozionali sia con finalità educative, ed è fondamentale al riguardo il ruolo delle istituzioni come il MASAF, Regioni e Comuni, ma anche con finalità commerciali. E’ evidente da questo punto il ruolo strategico di noi cooperatori nel fare sistema e rendere possibili progetti promozionali di un certo impatto”.
– Presidente, al momento la cooperazione su che strategie concrete di crescita è impegnata?
“Abbiamo partecipato al bando sulle filiere previsto dal PNRR. Di recente sono usciti i bandi sui distretti bio e le filiere bio e anche lì come cooperazione abbiamo partecipato a diversi progetti per cercare di investire. Nonostante come settore abbiamo passato anni complicati, il fatto di registrare la presenza di realtà che investono su questi bandi significa che il comparto è resiliente e dimostra capacità di investire, e questo è un fatto senz’altro positivo”.
– Tutto questo mentre il settore continua a lamentare un sistema regolatorio e burocratico difficile da sostenere…
“A nostro avviso il testo del Decreto controlli non si limita a dare attuazione alla nuova normativa comunitaria, ma introduce anche una serie di complessità burocratiche e di ulteriori oneri amministrativi che andranno a gravare sugli operatori biologici con relativo aumento dei costi e che può persino scoraggiare i produttori dall’aderire al sistema di certificazione. In particolare, pur riconoscendo che nel testo del DM approvato di recente il principio di intenzionalità delle non conformità da parte del produttore è stato migliorato, in quanto si precisa che nel determinare l’intenzionalità o meno della non conformità vanno debitamente considerate le evidenze raccolte dall’organismo di controllo e la prova fornita dall’operatore della buona fede o del caso fortuito, permane comunque il principio di intenzionalità, ovvero una sorta di presunzione legale di colpevolezza. Questa impostazione non è per noi accettabile. Infine, per quanto riguarda il tema delle contaminazioni accidentali, come cooperazione riteniamo che tale materia non venga più normata a livello nazionale e che la discussione si riporti a livello comunitario, al fine di poter discutere su tale tema con gli altri Paesi europei, e adottare gli stessi provvedimenti a livello comunitario”.
Cristina Latessa