Sì al semaforo, no alla batteria. In sintesi è questo il risultato emerso dagli studi del Centro Comune di Ricerca (CCR) della Commissione UE, che promuove l’etichetta nutrizionale fronte pacco colorata, tipo Nutriscore, nota anche come “etichetta a semaforo”. Bocciata invece la proposta italiana Nutrinform, il cosiddetto modello “a batteria”, in quanto rientra nelle etichette “monocromatiche, non valutative”, poco apprezzate sui prodotti.
La valutazione emerge da quattro studi scientifici effettuati dal CCR14 riguardanti l’etichettatura nutrizionale nella parte anteriore della confezione, su quella d’origine e sulle informazioni alimentari attraverso mezzi diversi dalle etichette, nonché un’analisi di ciò che è attualmente presente sul mercato nell’ambito delle bevande alcoliche. Per quanto riguarda l’etichettatura nutrizionale, viene considerata uno degli strumenti a sostegno della prevenzione delle malattie cardiovascolari, il diabete o i tumori.
Al momento sono stati sviluppati diversi schemi volontari, pubblici e privati, utilizzati negli Stati membri, ma l’esecutivo europeo ha proposto di adottare un’etichettatura nutrizionale armonizzata e obbligatoria sul fronte delle confezioni, coerentemente anche con il Piano contro il cancro. Lo studio del Ccr ha dimostrato in primo luogo che i consumatori in genere apprezzano le etichette nutrizionali poste sul fronte della confezione al fine di acquisire in “modo rapido e semplice” informazioni nutrizionali che li orientino nell’acquisto. Apprezzano inoltre una minore complessità, così da elaborare più rapidamente le informazioni.
I clienti, “compresi quelli con un reddito più basso, sembrano preferire etichette frontali semplici, colorate e riassuntive, più facilmente comprensibili, rispetto a quelle più complesse, non valutative e monocromatiche”. In particolare, il supporto che chiedono i cittadini è nella selezione di diete più sane, con cibi con minor sale e meno zuccheri aggiunti. I risultati del Ccr potrebbero rappresentare un duro colpo per quei produttori e associazioni di categoria che vorrebbero a tutti i costi evitare l’introduzione obbligatoria del Nutriscore, visto come “punitivo” rispetto a determinati alimenti come salumi, formaggi grassi e carni lavorate.
Una buona parte del mondo scientifico valuta positivamente l’etichetta a semaforo, ma propone da tempo di migliorare i criteri di valutazione, calcolando in modo più corretto in base alle quantità medie utilizzate di un determinato cibo, per evitare distorsioni come avviene con l’olio, “punito” con una severa lettera D quando viene considerato invece dagli esperti il miglior grasso vegetale da utilizzare in cucina.
Il Nutriscore non piace però al settore agroalimentare italiano, che da tempo sta cercando di bloccarne l’attuazione su scala europea (per ora è usato solo da alcuni Paesi, tra cui la Francia). “Il Nutriscore è un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”, ha dichiarato Coldiretti. “In Europa – ha sottolineato l’organizzazione degli agricoltori italiani – occorre portare avanti la battaglia contro il Nutriscore, i sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo che si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive (ad esempio zucchero, grassi e sale) e sull’assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni, escludendo paradossalmente dalla dieta ben l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine”. Per Coldiretti, “l’equilibrio nutrizionale non va ricercato nel singolo prodotto ma nell’equilibrio tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera”. Come prevede per l’appunto l’etichetta Nutrinform proposta dal governo italiano a Bruxelles. Ma bocciata, secondo il Ccr, dai consumatori.
Fonte: Agrifood Today