Quest’anno la Festa del Bio by FederBio si è proposta in una veste nuova nella tappa romana, condividendo gli spazi del Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI) a Roma con Anteprima Terra madre di Slow Food Italia. Una sinergia che ha portato novità rispetto alle passate edizioni della Festa e di cui GreenPlanet ha chiesto il significato a Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio.
“Di nuovo – ha detto la presidente Mammuccini – c’è stato per esempio il confronto tra i giovani dell’associazionismo civile sui temi dell’agricoltura, del cibo e dei sistemi alimentari che è una cosa fondamentale per il futuro, dobbiamo infatti lavorare per il ricambio generazionale. Serve energia, innovazione, voglia di cambiamento e in questo i giovani possono fare un passaggio fondamentale. Nuova anche l’area del mercato degli agricoltori, con gli stand dei Presidi Slow Food e produttori bio del Lazio, realtà che rappresentano esempi concreti di sovranità alimentare. Creare nei livelli locali sistemi di produzione e consumo centrati sulle peculiarità dei prodotti del territorio, in grado di creare circuiti democratici per le politiche del cibo che tengano insieme tutta la dimensione sociale, è un elemento fondamentale per il futuro del biologico. Bisogna puntare a convertire complessivamente le produzioni al biologico ma al contempo mantenere delle punte avanzate che riguardino i sistemi locali di produzione e consumo che peraltro si stanno sviluppando in tutti i territori. Nel Lazio, per esempio sono veramente tanti e lo saranno ancor di più nel futuro. I distretti biologici sono proprio l’esempio migliore che deve dare la produzione di cibo con il metodo biologico e biodinamico. La sinergia Terra Madre e Festa del Bio ha messo appunto insieme questi valori e questo è sicuramente molto importante”.
– Intanto il mondo del bio deve continuare a lavorare per accrescere la consapevolezza del consumatore, come?
“ Creare distretti biologici e sistemi locali di produzione e consumo è sicuramente molto importante, perché non si cambia in modo superficiale il metodo di consumo. Sono fondamentali sistemi che educhino al cambiamento dei consumi, quindi i distretti biologici, il rapporto diretto produttori-cittadini, le mense bio risultano essenziali. Poi, certo, a questo si devono aggiungere campagne di comunicazione e informazione che coinvolgano anche la Grande Distribuzione, che rimane un punto di riferimento per quanto riguarda la spesa alimentare. L’informazione è necessaria anche per contrastare fenomeni di greenwashing. Sul cibo ci sono tanti che utilizzano il termine di sostenibilità senza che dietro questo ci siano le garanzie necessarie che invece ha il biologico attraverso la certificazione. Bisogna far capire ai cittadini cosa significa lavorare in biologico, le garanzie che assicura ai consumatori e che è bene conoscere per scegliere consapevolmente. Quindi, fare informazione comunicazione, coinvolgendo le aziende, le istituzioni pubbliche, la dimensione locale ma anche la Grande Distribuzione, é un elemento fondamentale, perché aumentare la produzione di bio senza aumentare i consumi rischia di produrre un effetto boomerang”.
– Sui rapporti GDO-mondo bio si può fare di più?
“Sicuramente. La GDO deve fare passi in avanti importanti, stanno però emergendo consapevolezze e sensibilità nuove, perché la proposta che lanciamo da sempre, e che vuole trovare esperienze pilota che facciano da riferimento, è creare sistemi di filiera anche di dimensioni più grandi ma che guardino al giusto prezzo. Un giusto prezzo che deve essere accessibile ai cittadini ma deve essere giusto anche per i produttori, gli agricoltori non possono avere un prezzo inferiore al costo di produzione. Allora se saltiamo passaggi inutili e distribuiamo equamente il valore all’interno della filiera, raggiungiamo questo obiettivo che è importantissimo per il biologico ma anche per tutto il resto dell’agricoltura, Quello che manca è infatti il giusto prezzo agli agricoltori, e in una fase come questa, in cui gli effetti del clima riducono la produzione, e aumentano intanto i costi di produzione, dobbiamo farci carico di questa difficoltà”.
Cristina Latessa