Intervento di Piva: la certificazione in smart working e il suo futuro

Fabrizio Piva

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È sicuramente ovvio scrivere che mai nessuno poteva prevedere che nella primavera del 2020 ci saremmo trovati nel bel (si fa per dire!) mezzo di una pandemia che sta mietendo vittime e ha chiuso in casa mezzo mondo.
Non lo è altrettanto affermare che i settori essenziali, quali l’agroalimentare, stanno dando il meglio di loro garantendo costanti forniture di alimenti, biologici e non, e che il settore della certificazione sta garantendo la conformità alle norme, regolamentate o volontarie che siano.

Aziende agricole, industrie alimentari, magazzini, trasporti, distribuzione, assistenza tecnica ed organismi di certificazione hanno, in taluni casi, riorganizzato il loro modo di lavorare per garantire il cittadino, ancor prima che consumatore. Credo che questo rientri fra gli esempi positivi e che, fra molti altri ben più importanti quali gli addetti alla sanità, rappresentino le cose da ricordare di quello che sarà ricordato come uno spartiacque, un prima ed un dopo.

Come CCPB nell’arco di pochi giorni abbiamo trasformato la nostra attività in smart working o lavoro agile, abbiamo adottato e prodotto linee guida, abbiamo formato i nostri ispettori ed abbiamo iniziato a svolgere audit “da remoto” che saranno ripresi quando, speriamo presto, si potrà andare in campo. Tutto questo per garantire la conformità in un periodo in cui il mercato ancor più deve essere certo delle caratteristiche certificate. Abbiamo dettagliato i criteri emanati dall’Autorità competente, da Accredia e da Assocertbio per dare certezza al mercato del biologico; nel frattempo anche altri standard hanno prodotto le proprie linee guida che abbiamo prontamente adottato per continuare a svolgere il nostro lavoro nel rispetto delle norme e delle regole che dobbiamo adottare durante gli audit.

Ora, però, dobbiamo fare lo sforzo di immaginarci il futuro, un futuro che ci auguriamo prossimo, che sicuramente non sarà come il recente passato, almeno fino a quando non vi sarà un vaccino che ci consentirà di superare le attuali difficoltà nell’avvicinarci l’un l’altro. In ufficio, in auto, nei treni, negli autobus, al ristorante, in un’azienda nulla sarà come prima ma l’attività produttiva ed i contatti sociali dovranno continuare.

Forse tutto sarà anche un po’ più rallentato rispetto a prima, molte attività che prima ci vedevano in viaggio da città, paesi e continenti diversi dovranno essere svolte da remoto, in ufficio dovremo turnarci, molte verifiche ispettive dovranno essere svolte da remoto con strumenti di trasmissione della voce e delle immagini che cercheranno di simulare la presenza di un auditor, dovremo fare con più precisione quello che prima potevamo ripetere in breve tempo, dovremo cambiare metodi di campionamento inventandoci anche un campionamento da remoto. Certo, saremo un po’ più nelle mani della tecnologia informatica o meglio della tecnologia della trasmissione delle informazioni.

Come affronteremo la tematica delle varie burocrazie o meglio come la burocrazia si dovrà adattare a questo mondo nuovo? Nel mondo della certificazione, ancor più in quella regolamentata, le regole cui dobbiamo attenerci sono, rispetto al nuovo mondo, a dir poco anacronistiche e, se applicate alla lettera, rischiano di non consentire la produzione.

Le tempistiche vanno cambiate perché non tengono conto delle nuove modalità di lavoro, le modalità di campionamento vanno aggiornate e si devono prevedere in aggiunta nuove forme di prelievo. Hanno ancora senso le sedi fisiche in ogni Regione con più di 100 operatori quando molti di noi stanno lavorando in smart working?

E queste sono solo alcune delle cose che dovranno essere cambiate se vogliamo che il settore della certificazione “accompagni il futuro”, perché dobbiamo pensare oggi al futuro e non dopo che il futuro lo avremo fra noi perché dopo sarà troppo tardi.

Fabrizio Piva
(da newsletter CCPB)

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