Dall’Elba al cuore della Toscana, sulle colline a sud di Firenze. Poco più che ventenne, alle spalle un po’ di gavetta nell’azienda agricola di famiglia sull’isola dell’arcipelago toscano (l’attuale azienda vitivinicola Chiesina di Lacona), si è trovato a gestire una proprietà, acquisita dalla madre, di 30 ettari di terreni coltivati in prevalenza a olivo.
“Dovevo decidere che cosa fare della mia vita – racconta Filippo Alampi, titolare della Fattoria Ramerino, a 250 metri sul livello del mare, comune di Bagno a Ripoli. – Avevo fatto un’esperienza di università a Parma che non era andata a buon fine, questa proprietà andava gestita a me piaceva lavorare in campagna”.
Il mestiere l’ha imparato dal padre, agronomo, e da due operai agricoli all’Elba. “Quando sono rientrato a Firenze bisognava dare un significato a questa azienda, una vecchia fattoria che negli anni era stata trascurata: c’erano degli oliveti che avevano bisogno di essere riportati nella loro fase produttiva, non venivano potati da tanto tempo. Tre anni dopo averla rilevata, nel 2003 è stata certificata biologica”.
Filippo rappresenta la prima generazione che si dedica all’olivicoltura. E l’opzione per il bio è stata immediata.
“Mi è sembrata subito logica – spiega – a maggior ragione vivendo lì. È stata una scelta di stile di vita legata al piacere di vivere in un posto dove riduciamo gli effetti negativi dell’agricoltura sul territorio, una scelta di sostenibilità ambientale. Pian piano ho preso in affitto anche altre olivete, perché i mercati andavano bene. Oggi abbiamo 30 ettari ad olivo: 17 di proprietà, 13 in affitto (di aziende di Bagno a Ripoli che erano già biologiche). Altri 13 ettari sono a vigneto e seminativo”.
Negli anni c’è stata una rivoluzione sulla qualità del prodotto. Dopo corsi di formazione, master e confrontandosi con produttori della zona che già facevano dei buoni oli, Filippo ha iniziato a modificare il metodo, fino ad ottenere un extravergine con determinate caratteristiche qualitative riconoscibili, focalizzandosi non sulla quantità, ma sull’alta qualità.
“Dal 2009 ho iniziato a caratterizzarmi sul mercato proprio per l’identità del mio prodotto. Non ho il frantoio di proprietà, quindi ne ho sperimentati tanti per trovare quello giusto, dove posso trascorrere la maggior parte del mio tempo e interagire col frantoiano dando indicazioni su come lavorare ogni singola partita di olive di varietà diverse, facendo delle prove fino a trovare la lavorazione adeguata, non potendo replicare quelle degli anni precedenti”. Il frantoio, per ora, non è tra i progetti nell’immediato.
“Adesso è più importante un’oliveta nuova: abbiamo un enorme problema sull’alternanza produttiva, le piante sono quasi tutte secolari e non hanno un sesto regolare, non sono divise per varietà ed è quasi impossibile predisporre un impianto di irrigazione. Serve una forma d’allevamento più moderna per limitare i costi di produzione, ma anche per ridurre un po’ l’alternanza grazie all’irrigazione di soccorso nei momenti più critici, oltre ad agevolare le operazioni di difesa e, in generale, quelle agronomiche”.
Alla Fattoria Ramerino si organizzano degustazioni e visite aziendali a cui si sta lavorando per strutturare meglio questo tipo di attività. “Da un anno c’è una persona in azienda che dovrà proprio occuparsi di questo. Oltre alle degustazioni, proponiamo tour nell’oliveta, spiegando le caratteristiche delle varietà che vengono segnalate da cartellini colorati metallici dove ad ogni colore corrisponde una cultivar. Tutte le nostre 7mila piante hanno questo cartellino, è una sorta di mappatura che serve per la raccolta non essendo gli appezzamenti divisi per varietà”.
La produzione è fatta di cinque etichette: due monovarietali (di frantoio e moraiolo), due blend selezionati (il Guadagnòlo Primus e il Guadagnòlo Dulcis) e un blend da “tutti i giorni” per la vendita in lattina o bottiglia da un litro (Olivaggio).
“Durante i lavori di ristrutturazione c’era anche un piccolo frantoio dove abbiamo trovato un antico orcio di terracotta nel quale venivano appoggiati gli attrezzi usati per la molitura: l’olio colava in questo recipiente che in dialetto veniva chiamato guadagnòlo, inteso come piccolo guadagno perché quello era l’olio che veniva dato ai frantoiani. Mi è piaciuto il significato, il concetto che non si doveva perdere neanche una goccia ed è per questo che ho chiamato così le mie prime due etichette aziendali, Guadagnòlo Primus e Guadagnòlo Dulcis”.
I canali distributivi, oltre alla vendita diretta in azienda, sono delle piattaforme online, pochi ristoratori e qualche rivenditore. Il 70% della produzione è destinata all’estero (Nord Europa, Usa e Giappone).
Daniela Utili
Prezzo in azienda: blend 18€, monovarietali 21€, bottiglie da 0,50 litri.
Info: www.fattoriaramerino.it