In attesa del voto della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) per la deregolamentazione delle NGT, previsto per mercoledì 24 gennaio, nella giornata di martedì 23 il Consiglio UE dell’Agricoltura, a cui ha partecipato anche il ministro Francesco Lollobrigida, ha discusso di un altro tema caldo, che terrà banco per l’intero semestre della presidenza belga. Stiamo parlando della famigerata questione della cosiddetta carne coltivata.
Un asse di 12 Paesi, guidato da Italia, Francia e Austria, ha chiesto all’Unione europea un supplemento di indagini sulla carne coltivata: “In tutto il mondo sono emerse alcune nuove pratiche di produzione alimentare basate su cellule artificiali coltivate in laboratorio – si legge nel testo – tuttavia queste pratiche rappresentano una minaccia agli approcci primari basati sull’agricoltura e ai metodi di produzione alimentare genuina che sono al centro del modello agricolo europeo. Lo sviluppo di questa nuova produzione alimentare coltivata in laboratorio solleva molte domande che devono essere discusse approfonditamente tra gli Stati membri, la Commissione, le parti interessate e il pubblico in generale”.
Il documento inviato all’UE è stato redatto dalle delegazioni italiana, francese e austriaca e sostenuto da quelle di Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia. L’Italia è stato il primo Paese in Europa ad approvare una legge che vieta espressamente la produzione e la commercializzazione di carne coltivata (vedi news).
Dal canto suo, la Commissione europea ha ricordato che “non è stata ancora ricevuta alcuna domanda di autorizzazione, ai sensi della legislazione sui nuovi alimenti. E se una domanda di autorizzazione dovesse essere presentata, sarà l’Efsa a valutare“, cioè l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. I Paesi firmatari del documento chiedono però che, prima di qualsiasi autorizzazione al commercio, la Commissione avvii una consultazione pubblica sulla carne coltivata in laboratorio e conduca una valutazione d’impatto.
Fonte: Il Sole 24 Ore