Dinelli: “Subito un tavolo tra bio e convenzionale per cambiare modello alimentare”

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Gli agricoltori convenzionali sono in difficoltà perché, a causa della crisi scatenata dalla guerra tra Russia e Ucraina e del cambiamento climatico, non riescono più a reperire prodotti necessari per la produzione e chiedono soccorso al biologico”.

Giovanni Dinelli, professore ordinario al dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari  dell’Università di Bologna, esperto di agricoltura biologica, lo dice chiaramente: “Mi cercano produttori che non mi avevano mai contattato in difficoltà perché non riescono più a trovare l’urea…”. E non è solo una questione di prezzo. “Premettendo che in generale il sistema non riconosce molto il lavoro degli agricoltori, che tendenzialmente sopravvivono, adesso, però, ci troviamo nella tempesta perfetta – riferisce Dinelli – La pandemia più la guerra hanno scatenato scenari nuovi. Non si trova il concime, non si trova l’urea; da quando c’è la guerra abbiamo improvvisamente scoperto che tante merci, che prima si trovavano con facilità, provenivano dall’Ucraina. In Italia hanno chiuso diversi stabilimenti che producevano concime perché l’urea, che deriva dal petrolio, per questioni energetiche non si trova più. Tutta questa situazione mostra chiaramente la fragilità del sistema”. Ma rivela, inoltre, che “il biologico può davvero imporsi come una risorsa preziosa – aggiunge Dinelli – anche per l’agricoltura convenzionale”.

Il cambiamento climatico impone trasformazioni che non possono essere rinviate, come il Green deal prevede. E, in quest’ottica, è sempre più evidente che il dialogo tra metodo biologico e metodo convenzionale diventi, ogni giorno che passa, imprescindibile. Ma, precisa ancora il professore dell’ateneo bolognese, “è importante che entrambi i mondi prendano consapevolezza del fatto che devono cambiare; il biologico deve uscire dalla nicchia in cui si è spesso chiuso e iniziare a dialogare con il mondo convenzionale”. Del resto, anche il convenzionale, “che fino ad ora ha fatto di tutto per non parlare con il biologico, dovrà iniziare a farlo”, scandisce Dinelli.

Lo scontro è evidente, per il professore. Ed è stato fino ad adesso in qualche modo sostenuto dal mondo della scienza. “Sappiamo bene che Elena Cattaneo, senatrice a vita, ha sempre sottolineato la sua diffidenza verso il metodo biologico, seppur senza provarlo scientificamente…”, attacca Dinelli.

Tuttavia, il mondo del bio “deve iniziare ad essere più accogliente”: questo è certo per il professore, che aggiunge: “Dobbiamo metterci tutti seduti attorno ad un tavolo e cercare di dirci chiaramente che non possiamo più vivere come abbiamo vissuto fino adesso: è un ragionamento che devono fare tutti, produttori e consumatori”.

Dinelli fa un esempio: “Nei giorni scorsi, dopo otto mesi, è piovuto in modo ‘normale’ a Bologna;  normale significa che non è stata una tempesta con 40/50 mm di pioggia in un’ora. Questo dà un’idea di cosa è il cambiamento climatico, di cosa stiamo vivendo adesso.  Non potremo più seguire il modello di vita che abbiamo avuto fino ad ora, non potremo più permetterci neanche di proseguire con il modo di fare agricoltura che ci ha caratterizzati dal dopoguerra in poi, e cioè immettendo, ad esempio, grosse  quantità di azoto per produrre frumento..”.

Occorre cambiare un modello, non esiste un piano B e ciò che abbiamo davanti è, per Dinelli, un’Apocalisse, se non cambiamo rotta: le malattie neuro degenerative sono in aumento, colpiscono anche i giovani. In questo contesto, il biologico è “una delle opzioni”, ma occorre anche capirsi su cosa si intende per bio: “Il biologico di sostituzione si basa sulle stesse logiche del convenzionale – spiega Dinelli – ; non usa la chimica, ma prodotti naturali, che però possono avere un impatto ambientale”. Ciò che è davvero necessario è un radicale cambio di mentalità. “Spesso, quando un agricoltore mi contatta perché intende convertirsi al biologico, è subito chiaro che vuole solo sostituire i prodotti chimici con quelli naturali – prosegue il professore – Mi viene chiesto se ho il glifosato naturale…. Ecco: la chimica, i pesticidi, i fertilizzanti hanno davvero drogato la nostra testa e ci siamo dimenticati che per 14mila anni abbiamo fatto solo biologico – fino alla seconda guerra mondiale – perché la chimica ancora non esisteva e gli agricoltori utilizzavano strategie agroecologiche per combattere le infestanti”.

Il vero problema è che si vuole produrre più di quanto sia necessario e anche più di quanto si possa fare, per non avere un impatto sull’ambiente. I detrattori del biologico sono, infatti, convinti che con il solo bio non sia possibile sfamare l’intera popolazione mondiale. Ma, “un terzo della produzione viene buttata – sbotta Dinelli – ; nel nostro mondo occidentale abbiamo un miliardo e 500 milioni di obesi, mentre nell’altra parte di mondo ci sono 900 milioni di poveri che muoiono di fame. I costi sociali e sanitari di un miliardo e mezzo di obesi sono elevatissimi; le statistiche dicono chiaramente che le persone obese hanno un rischio enorme di ammalarsi di tumore”.

Con una produzione minore, ovviamente anche il consumatore dovrebbe abituarsi a vedere gli scaffali dei supermercati composti in modo diverso, riempiti di prodotti stagionali. “Bisognerebbe, poi, iniziare a ragionare davvero sui mercati locali, sulla delocalizzazione. Non è ammissibile che l’Africa dipenda completamente dall’importazione del nostro cibo. In Africa ci sono le materie prime ma si muore di fame. E dobbiamo smettere di dire e di credere che quel 20% di cibo in più che noi produciamo arrivi in quel continente perché quella percentuale viene buttata: è evidente, infatti, che non possiamo spedire in Africa le uova anche perché i costi sarebbero elevatissimi…”.

Ecco, quindi, l’urgenza di un tavolo che metta insieme i mondi del convenzionale e del biologico. “Questo bisogna fare, e non rivolgersi all’Europa per segnalare che l’obiettivo della riduzione dei pesticidi del 50% entro il 2030 non è raggiungibile, come stanno pensando di fare alcuni colleghi: non è questa la direzione da intraprendere”, attacca il professore. E occorre prenderne atto molto in fretta.

Chiara Affronte

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