Cosa ha lasciato il Biofach al settore? Parola a Monti, AD di Alce Nero

Massimo Monti

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“Per il biologico è arrivato il momento della svolta: l’Europa ha posto l’obiettivo dell’aumento di superficie coltivata con metodo biologico, ma paradossalmente, nello stesso momento, viviamo una contrazione dei consumi e dell’export. Il settore non può rischiare di subire un effetto boomerang, quindi occorre riflettere e capire come porsi rispetto al futuro prossimo”.

Queste le parole di Massimo Monti, AD di Alce Nero, di ritorno da Biofach, la più grande fiera mondiale dedicata agli alimenti e alla produzione biologica tenutasi a Norimberga dal 14 al 17 febbraio scorsi.

Che l’Italia sia da sempre uno tra i primi esportatori di biologico è un dato di fatto, ma negli ultimi anni si è aggiunta la concorrenza di altri Paesi del Mediterraneo, in primis della Spagna: “Insieme a Grecia e Nordafrica, le possibilità per chi importa biologico sono aumentate…”, aggiunge Monti. Che prende ad esempio un prodotto tipico come l’olio extra-vergine di oliva: “Oggi la concorrenza nel bacino del Mediterraneo si sente”.

Le motivazioni sono più di una: “Da un lato una debolezza italiana, forse, potrebbe essere legata al fatto che la stragrande maggioranza delle importazioni riguarda prodotti che vengono fatti per altri marchi; questo significa che si diventa più facilmente sostituibili – riflette Monti -. Ciò che nei fatti accade è che, tutto sommato, un olio fatto in Italia può essere sostituito da uno fatto in Spagna: la qualità del nostro non sarà mai raggiunta da quello spagnolo, ma questo fatto può diventare ininfluente in un contesto ampio in cui sono poche le persone in grado di distinguere e riconoscere una qualità superiore”.

Quindi, finché il mercato era forte e cresceva, e la domanda rimaneva più alta dell’offerta, il problema era relativo. “Nel momento in cui il mercato, invece, diminuisce, allora il problema sorge e cosa porterà questa competizione generalizzata non è facilmente prevedibile”, aggiunge l’AD di Alce Nero. Che aggiunge: “Ragionando su cosa abbia fatto la Spagna che è mancato all’Italia, ritengo che probabilmente lì si sia molto lavorato sul piano della produttività agronomica, riuscendo ad incrementare significativamente la disponibilità di prodotto e, quindi, la competitività: per fare un esempio, in Spagna si è iniziato a piantare oliveti molto bassi, come le vigne, più facili da lavorare a macchina e quindi molto più efficienti”.

Non solo: in Spagna si è investito sul “sistema Paese” in maniera tale per cui Germania e Stati Uniti hanno iniziato a considerare mercati come quello spagnolo molto importanti, “mercati in cui si può comprare bene”, spiega Monti.

Questo è in qualche modo il senso di ciò che è emerso anche dalla recente edizione del Biofach: “Non è stata forse l’edizione più interessante di sempre, ma di certo sono stati giorni in cui è emersa la consapevolezza del fatto che il biologico si trovi in una situazione complessa – sottolinea Monti -. Al di là dei numeri e dell’inflazione – così come del fatto che tutti più o meno abbiano sofferto nel 2022 e che si aspettino un 2023 ancora molto duro – risulta difficile capire come si possa dare una scossa alla situazione, come il biologico possa uscire dal cul-de-sac in cui si trova: dopo tanti anni in cui si cresceva e basta, non si è davvero pronti ad affrontare una situazione nuova”.

La “zona comfort” si è ristretta, “e non è chiaro cosa potrà succedere in futuro”. La politica potrebbe mettere in campo provvedimenti tesi ad accompagnare il percorso tracciato dall’Europa affinché la situazione non si riveli, però, un boomerang per le imprese; infatti, se è vero che vengono promossi incentivi per acquisti in certi settori merceologici, lo stesso non viene fatto sul versante dell’acquisto di prodotti biologici, ragiona Monti.

“Investire per far aumentare i consumi, però è una strada su cui concentrarsi”, afferma l’AD di Alce Nero: ciò innescherebbe un circolo virtuoso che potrebbe anche aiutare a rompere il muro di diffidenza ancora esistente tra una buona parte di consumatori.

Altro aspetto importante, poi, quello di stabilire un accordo tra produttori: “Le associazioni di categoria sono popolate per la maggioranza da produttori di convenzionale, così che diventa difficile spingere per il biologico in maniera convinta, nonostante le indicazioni della UE”, scandisce Monti.

Si apre, insomma, un tema di “visione” perché gli imprenditori non possono rischiare di investire nel biologico, alla luce di ciò che l’Europa chiede, con il pericolo di non rientrare nei costi se il prodotto non viene adeguatamente valorizzato. Dopo il Biofach, probabilmente, sono tanti gli imprenditori che si stanno chiedendo se valga ancora la pena investire su una fiera che fa solo biologico o se sia meglio andare a proporlo in un contesto generalista.

Monti non ha dubbi sul fatto che l’agricoltura biologica sia l’unica davvero sostenibile, però per il futuro occorre anche distinguersi per altri aspetti. “Io credo che chi fa biologico – e quindi anche una fiera che si occupa di biologico – debba sempre di più preoccuparsi di trasmettere il perché si è diversi dall’agricoltura convenzionale”, sostiene l’AD di Alce Nero. Per lui è arrivato, insomma, il vero nodo, “il punto di svolta” dal quale non si deve rischiare di scendere, ma da cui occorre risalire, con ottimismo.

Chiara Affronte

 

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