L’appena costituita associazione Coldiretti Bio, che non è un organismo che opera sul mercato ma serve a rilanciare le produzioni organiche italiane sul mercato nazionale e estero, punta già alla GDO specializzata. Con la consueta tattica di intervento (fattivo e concreto per i produttori) al momento giusto e nel posto giusto, la neonata associazione di matrice Coldiretti è già in trattativa con l’insegna NaturaSì, in fase di riorganizzazione (vedi news).
Una trattativa che si avvicina molto a quella tesa di mano verso UNAPROA all’indomani dell’investimento fallimentare di quest’ultima, nel mercato di porta Genova a Milano, ma che in questo caso si rivolge ad un’azienda distributiva italiana di eccellenza del Bio che ha appena lanciato un piano di ristrutturazione con cui fronteggerà la crisi in cui versa.
“Il dialogo è già iniziato – precisa Francesco Giardina, direttore di Coldiretti Bio (nella foto) -, ma non è detto che porti ad una convenzione anche se l’obiettivo sarebbe quello. Noi non siamo un soggetto economico ma vogliamo fornire tutti gli strumenti possibili alle nostre aziende associate che sono già Bio o che vorrebbero affrontare il processo di conversione, inclusa la costituzione di una massa critica ‘green’ i cui valori vengono riconosciuti dal mercato. In questo modo, da un lato, ci allineiamo con gli obiettivi europei della F2F; d’altro canto rispettiamo il disciplinare relativo che rappresenta al meglio la struttura valoriale che è patrimonio comune delle nostre aziende agricole che scelgono di lavorate in Biologico e quindi per l’ambiente”.
Attualmente Coldiretti associa circa 32mila produttori Bio, che rappresentano circa il 40% della produzione certificata italiana. Di questi, circa il 10% (più o meno 3mila) sono già inseriti nella rete dei mercati di vendita diretta di Campagna Amica. Tra di loro anche aziende agricole di eccellenza come la Carioni, settore zootecnico, che è la prima azienda Bio europea (ma fa anche convenzionale, in misura minore) nel ranking delle più innovative.
“L’iniziativa Coldiretti Bio – ci dice Tommaso Carioni, alla guida di Carioni Food & Health, oltre mille ettari di allevamento Biologico, certificato da sette anni, in provincia di Cremona – ci permette di creare uno strumento antinflattivo nel senso che, con l’adesione alla rete dei mercati di vendita diretta di Campagna Amica, puntiamo a sviluppare, con il dialogo diretto con il consumatore, una certa consapevolezza all’acquisto che dovrebbe tradursi, da un lato in un’aumento della domanda di prodotto Bio e, d’altro, nel riconoscimento del valore aggiunto che esso rappresenta. Questo senza nulla togliere alla salubrità di tutti i prodotti della terra, convenzionali o certificati”.
L’azienda di Trescore Cremasco è considerata la più innovativa d’Europa, nel settore Bio per via della sua completa autosufficienza energetica grazie alla produzione di Biogas con i reflui dell’allevamento. Dallo scarto della produzione di energia, in un concetto di economia circolare, si produce poi il digestato che andrà a fare da fertilizzante alle colture quali sorgo, cereali, erbe mediche, girasoli, frumento o foraggio, con cui poi verranno preparati i mangimi per gli animali.
L’altro aspetto innovativo di quest’azienda agricola del settore lattiero-caseario, è la meccanizzazione della fase di alimentazione degli animali (bovini) attraverso l’uso di dispenser che da un lato riescono a produrre una miscela nutritiva con tutti i vegetali di cui si nutre il bestiame, dall’altro lo erogano automaticamente di modo da garantire sette-otto pasti al giorno nella misura che maggiormente serve al miglior assorbimento da parte del bovino delle proprietà nutritive presenti negli alimenti somministrati”.
Quella che, detta in soldoni, e forse forzando un poco per sintesi giornalistica, potrebbe essere definita come la prima private label (Bio) dei mercati di vendita diretta, in realtà è un bollino che si affianca al marchio del produttore, una sorta di garanzia del rispetto di determinate modalità produttive che si basano sui valori di sostenibilità, rispetto dell’ambiente e delle produzioni stesse.
Non è certo un aspetto marginale la questione della remuneratività del produttore, posto che il differenziale di prezzo tra Bio e convenzionale tende a ridursi con l’aumentare dell’offerta, nonostante sia impensabile prescindere da un’adeguata remuneratività dei produttori per garantire il rispetto di tutti gli standard che queste colture richiedono e che naturalmente hanno un costo.
Per la zootecnia la partecipazione (inedita per l’azienda Carioni) ai mercati di Campagna Amica, vale un 15% di margine in più per i proprio prodotti; ma il range della marginalità oscilla tra il 10 e il 27% in più per tutte le filiere nel loro complesso considerate.
Sempre sull’innovazione, si basa l’azienda Agricola Bio Poggio Reale di Ostuni, specializzata nella produzione di olio dai celeberrimi ulivi millenari (60% dei 115 ha), grano (20% circa) e mandorle (20% circa). “Oggi non si può parlare di Biologico senza abbinarlo all’Agricoltura di precisione – afferma Rita Tamborrino, amministratrice alla terza generazione dell’azienda olearia brindisina diventata Bio nel 2014 – Da quando abbiamo avviato il processo di conversione abbiamo introdotto degli atomizzatori che nebulizzano la giusta quantità di trattamenti ammessi, nel momento in cui la pianta ne ha realmente bisogno. Abbiamo rinnovato il parco macchine, dalle trattrici, agli scuotitori alle più banali motoseghe di ultima generazione. Con l’aiuto di un agronomo abbiamo lavorato molto anche sulle tecniche agricole, da in lato attingendo alla tradizione, d’altro canto, implementandole e introducendo nuovo know how”.
Nonostante questo, la prima linea di prodotto oleario, l’olio migliore, extravergine (che ha portato a realizzare il nuovissimo brand ‘Il Don a mio padre’), rimane comunque in un range produttivo relativamente basso sul totale delle rese. Parte dal 20% della produzione nella peggiore delle stagioni per arrivare al 50% nelle annate migliori.
“Con l’iniziativa di Coldiretti Bio – precisa Tamborrino – possiamo creare un contatto diretto con il consumatore che è il modo migliore, insieme anche all’attività social e all’e-commerce con cui Coldiretti Bio intende partire al più presto, per diffondere consapevolezza e generare valore aggiunto che naturalmente si genera. È una strada da costruire. Certamente meno semplice dell’attività di export che è molto più redditizia. In Italia, attualmente stiamo lavorando se non per rientrare dei costi, quanto meno per ottenere appena poco di più, ma contiamo anche sul premio bio. Questo non va bene, perché le aziende devono camminare con le proprie gambe”.
Mariangela Latella