La finanza può rappresentare una leva di crescita per il biologico, a condizione che resti uno strumento al servizio dei progetti industriali e della filiera, e non un fine in sé. È questo il messaggio emerso dal quarto webinar del ciclo “Come il bio può tornare protagonista”, promosso da GreenPlanet, in collaborazione con il Consorzio Il Biologico e con il supporto di Omnibus, dedicato al rapporto tra biologico e strumenti finanziari.
Ad aprire il confronto è stata l’esperienza di Probios, raccontata dall’amministratore delegato Renato Calabrese, che ha portato un caso concreto di dialogo tra capitale e impresa biologica. L’ingresso del fondo Agreen Capital ha rappresentato un passaggio chiave per sostenere una fase di ulteriore sviluppo, consentendo all’azienda di accelerare il proprio percorso di crescita. In circa cinque anni, Probios è passata da 20 milioni di euro di fatturato a oltre 100 milioni nel 2024, con una crescita stimata di almeno il 10% nell’anno in corso.
Calabrese ha sottolineato come l’attrattività verso gli investitori non dipenda solo dalle dimensioni, ma soprattutto dalla solidità del progetto industriale, dalla chiarezza degli obiettivi e dalla capacità del management – inteso come squadra – di eseguire nel tempo una visione condivisa. La finanza, in questo senso, non porta solo risorse: contribuisce anche a rafforzare governance, metodo, capacità di misurazione delle performance e apertura a una prospettiva internazionale.
A offrire una cornice più ampia sul funzionamento degli strumenti finanziari è stato Ermanno Sgaravato, che ha distinto tra investitori di credito e di equity, evidenziando come ciascuna opzione comporti implicazioni diverse per le imprese in termini di governance, tempi e obiettivi. Gli strumenti finanziari, ha spiegato, non sono neutri e richiedono consapevolezza: l’apertura al capitale può essere un’opportunità, ma non è una strada obbligata per tutte le aziende e deve essere coerente con la struttura e le ambizioni del progetto industriale. In questo senso, Sgaravato ha richiamato l’importanza di capitali orientati allo sviluppo di medio-lungo periodo, in grado di accompagnare la crescita senza forzature.
Lo sguardo si è poi allargato agli impatti sistemici di queste dinamiche sull’intera filiera biologica con l’intervento di Fabrizio Piva, che ha articolato la sua riflessione attorno a tre dimensioni strettamente connesse: progetto industriale, sostenibilità ed etica. Piva ha osservato come la finanza possa sostenere lo sviluppo del biologico quando è legata a obiettivi chiari e a una visione di filiera, mentre rischia di creare squilibri se guidata prevalentemente da logiche di breve periodo.
Sul tema della sostenibilità, Piva ha messo in guardia dal rischio di ridurla a un insieme di adempimenti formali, basati su check-list e indicatori che non sempre riflettono i processi produttivi reali. Un approccio che può generare distorsioni e penalizzare settori come il biologico, che praticano la sostenibilità nei fatti prima ancora che nei documenti. In questo contesto, ha ricordato, il tema etico resta centrale: nel biologico non è un elemento accessorio, ma una componente strutturale, avvertita tanto dalle imprese quanto dai consumatori.
Dal punto di vista dell’accesso al credito e delle politiche pubbliche, è stato infine evidenziato come molti strumenti oggi disponibili, soprattutto in ambito agricolo, siano ancora legati a logiche di sostegno al reddito più che a vere strategie di investimento. Una criticità che rende più complesso per le piccole e medie imprese del settore intraprendere percorsi strutturati di crescita e rafforzamento manageriale.
Nel complesso, dal confronto è emersa una visione condivisa: non esiste un modello unico, ma il futuro del biologico passa dalla capacità di tenere insieme progetto industriale, strumenti finanziari adeguati e responsabilità verso la filiera.
L’esperienza di Probios mostra come, quando il capitale è messo al servizio di una strategia chiara e misurabile, la finanza possa diventare una leva di sviluppo reale e coerente con i valori del biologico.
Chiara Brandi












