Nelle verdure bio batteri patogeni per l’uomo?

amebe a vita libera

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Le verdure biologiche possono essere contaminate da organismi unicellulari responsabili della trasmissione di batteri potenzialmente patogeni per gli uomini. L’allerta arriva dall’European Congress of Clinical Microbiology & Infectious Diseases (ECCMID), che si è tenuto a Lisbona tra il 23 e il 26 aprile scorsi.

Tra i protozoi che possono contaminare le verdure biologiche ci sono le amebe a vita libera, piccoli organismi che si alimentano di batteri e che possono essere trasportatori di batteri patogeni e quindi funzionare come dei “cavalli di Troia” per introdursi nel corpo umano.

Yolanda Moreno,
ricercatrice dell’Universitat Politècnica de València in Spagna, ha tuttavia spiegato che si sa ancora poco sulla presenza e la diversità delle amebe a vita libera così come sul rischio che si possano trasmettere attraverso gli agenti patogeni umani.

I ricercatori hanno svolto uno studio sulle amebe a vita libera isolate e da diverse verdure biologiche: 17 campioni di lattuga e di spinaci prelevati da vari supermercati di Valencia tra il novembre del 2020 e il maggio del 2021.
Hanno identificato il DNA dei batteri presenti all’interno delle amebe a vita libera scoprendo che i principali batteri erano i flavobacterium, trovati nel 10% del totale di prodotti analizzati, e gli pseudomonas, anch’essi presenti nel 10% dei campioni.

Il Congresso tuttavia specifica che la maggior parte dei batteri rinvenuti non sono responsabili di patologie particolari, sebbene sebbene il 34% dei campioni registrasse la presenza di 52 batteri diversi potenzialmente patogeni. Tra di essi c’erano il batterio della legionella, della salmonella e gli Arcobacter, che possono causare malattie a livello gastrointestinale o polmonare.
La specie di ameba a vita libera denominata Vermamoeba vermiformis, un tipo che può provocare anche delle infezioni gravi nell’uomo, è stata trovata nel 19% dei campioni, mentre l’Acanthamoeba castellanii, un’ameba che può causare  cecità o encefalite, nel 63%.

“La contaminazione può derivare dal trattamento del suolo con fertilizzanti organici come letame e fanghi di depurazione e dall’acqua di irrigazione”, spiega Moreno. “Le verdure a foglia sono particolarmente suscettibili alla contaminazione fecale a causa della loro vicinanza al suolo e della probabilità che gli esseri umani le consumino senza cucinare”, ha aggiunto la ricercatrice.

In ogni caso – come ammettono anche gli stessi autori dello studio – ci vorrebbero analisi più ampie e approfondite, rispetto al numero di campioni analizzati e della loro origine.

Scarica il comunicato dell’ECCMID

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