Via libera per uno dei più grandi biodistretti d’Italia. È arrivata alla fine della scorsa settimana la comunicazione dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Sardegna sull’accoglimento della domanda di riconoscimento del distretto Sardegna bio, il primo biodistretto sardo.
“Un risultato storico per la Sardegna e per chi ha sempre creduto nel biologico e nella sostenibilità – esulta Andrea Campurra, presidente dell’Associazione Sardegna-Bio, capofila del comitato promotore del biodistretto -. Finalmente abbiamo a disposizione uno strumento di unione che ci consentirà di fare sistema, programmare e catalizzare i finanziamenti crescenti che ci sono per i distretti e per il biologico. Il biologico è ormai al centro delle politiche comunitarie ed italiane – sottolinea Campurra – per questo è ancora più importante questo strumento che garantisce coesione”.
“Siamo già pronti e abbiamo gli strumenti per giocare la nostra partita a favore dei nostri soci – aggiunge Capurra – visto che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti 11,3 miliardi per il bio e le filiere. L’obiettivo stabilito dal Green new Deal europeo è di portare nel giro dei prossimi 10 anni al 25% le superfici coltivate a biologico nell’Unione. Il ministero delle Politiche agricole ha stanziato 40 milioni, da utilizzare nell’ambito dei programmi di promozione all’estero dei prodotti bio. E si aggiungono agli incentivi europei previsti da tutti i piani regionali di sviluppo rurale. Inoltre nella prossima PAC almeno il 20% della dotazione nazionale degli aiuti diretti dovrà essere dedicata a incentivi per pratiche agronomiche verdi”.
Le tappe del distretto bio
Il biodistretto ha preso avvio sei mesi fa, a novembre 2020, con la costituzione del comitato promotore che vede capofila l’Associazione dei produttori Sardegna-Bio coadiuvata da Coldiretti Sardegna, la Città metropolitana di Cagliari, il Comune di Cagliari, Anci Sardegna e la Fondazione Its Filiera agroalimentare della Sardegna. Un percorso nato dal basso che è andato anche oltre i sei incontri di animazione canonici arrivando a farne 20, tutti online in rispetto delle prescrizioni anti Covid, ma che non hanno comunque impedito al progetto di andare avanti e coinvolgere numerosi portatori di interesse di tutta la Sardegna.
Per garantire la massima condivisione e coinvolgimento ed entrare nel dettaglio delle singole filiere si sono svolti anche gli incontri tematici su latte e formaggi, vitivinicolo, apicoltura, lana, carne, ortofrutta, cereali, olivicolo. Grazie al supporto prezioso dei tecnici dell’agenzia Laore, insieme ai portatori di interesse si sono analizzati punti di forza e debolezza delle diverse filiere biologiche sarde, arrivando a costruire gli obiettivi da portare avanti con il biodistretto che si è costituito in Fondazione.
I numeri del bio in Sardegna
La Sardegna – secondo una analisi Coldiretti Sardegna – è al settimo posto in Italia per superficie biologica: nel 2019 ha superato i 120mila ettari (il 10,2% della superficie agricola utilizzata), in crescita dello 0,8% rispetto all’anno prima. Le aziende agricole impegnate nel biologico sono invece circa 2mila. Le coltivazioni principali sono le colture foraggere (circa 16.500 ettari) e i cereali (oltre 6mila ettari). Seguono le colture seminative (5.500 ettari), vite (oltre 1.600 ettari), olivo (circa 3.600), ortaggi (circa 800 ettari), frutta (circa 300), per citare le principali.
“Il biodistretto arriva in un momento storico sicuramente favorevole per il biologico e non potrà che dare un sostegno importante a tutto il settore – afferma il presidente provinciale di Coldiretti Cagliari Giorgio Demurtas che conduce una azienda che certifica bio -. Intanto perché, come risulta da nostri studi, con il Covid c’è stata una svolta green in Italia che rafforza un trend positivo degli ultimi dieci anni, con i consumi bio domestici che hanno segnato la cifra record di 3,3 miliardi di euro. Inoltre è di pochi giorni fa l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge sull’agricoltura biologica che prevede anche l’introduzione di un marchio per il bio italiano, come richiesto dalla Coldiretti, per contrassegnare come 100% made in Italy solo i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale”.
“Il distretto conta già oltre cento soci ma le adesioni sono sempre aperte – ricorda Andrea Campurra -. È fondamentale riuscire a coinvolgere un numero sempre maggiore di aziende e operatori del settore per garantire più forza al distretto e dunque alle singole aziende”.
Fonte: ANSA