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Un SANA debole salvato dal buon livello dei convegni
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Come fa una fiera italiana del biologico a non avere tra i propri espositori Almaverde Bio, Alce Nero, Brio, ovvero i marchi che contano? Eppure è successo. A SANA 2021 queste aziende non c’erano e buchi importanti erano anche Granarolo per esempio, Vivi Verde Coop e tanti altri. SANA ha dato qualche segnale di ripartenza, ma è stato un segnale debole. Poco business, pochissimo estero. Tuttavia non poche curiosità proposte dagli espositori presenti, un’affluenza di visitatori buona dati i tempi, sicuramente buono il livello dei convegni (forse è stato proprio questo fattore a dare un significato alla fiera, a salvarla) grazie al fatto che gli organismi di settore, Federbio, Assobio, i certificatori, non hanno tradito SANA, c’erano e hanno dato, anche i meno convinti, il loro contributo sui temi di più bruciante attualità: la legge sul bio e quindi la collocazione del biodinamico; la praticabilità degli obiettivi della Farm to Fork.
Il contesto fieristico non ha aiutato. Tre fiere italiane (Cibus, Macfrut, SANA), dedicate a settori collegati, concentrate in meno di 15 giorni tra i quali un giorno di accavallamento (tra Macfrut e SANA), non sono state un bel segnale, non hanno aiutato, hanno piuttosto stressato le imprese e le persone interessate a prendervi parte. Non sono state un bel segnale nemmeno a livello internazionale, contribuendo a un’immagine dell’Italia, molto comune all’estero, di Paese disorganizzato. Questo aspetto avrà anche, almeno in parte, contribuito alla scarsissima presenza straniera – prossima al livello zero – che ha accomunato le tre rassegne. La causa principale del basso livello internazionale è stato il Covid? Possiamo rispondere di no, senza timore di smentita. Nei giorni di fiera le autostrade italiane erano infatti intasate di auto da ogni parte d’Europa, anche dall’Europa extra UE. E anche i principali aeroporti erano affollati. L’Italia delle vacanze è ripartita quest’estate con una componente estera da vero e proprio boom, l’Italia delle fiere no. Quindi, a cosa imputare la quasi totale assenza di operatori stranieri?
La risposta non può essere che una: nelle fiere italiane, per motivi diversi, si fa poco business, spesso non si fa per niente business internazionale. Le sedi per questo sono altre: nel food in generale ma ancora di più nell’ortofrutta, e ancora di più nel biologico. Sono a Colonia, Berlino, Norimberga (con Biofach) se non anche a Madrid. Questa è la realtà che si è rafforzata in questi ultimi anni, che il Covid non ha evidentemente mutato e che sarà estremamente difficile cambiare nei prossimi anni, a meno di un profondo ripensamento. Il buyer estero, a meno di motivi aziendali specifici (le eccezioni ci sono sempre), avendo poco tempo a disposizione e dovendo pertanto fare una scelta, non ha dubbi su dove andare: alla fiera dove si fa più business.
Tra le fiere italiane di settembre, il SANA è stato certamente la più debole. Speriamo che questo faccia rivedere agli organizzatori il modello di fiera, partendo dai dati forniti proprio durante questa edizione da fonti autorevoli, dati che parlano chiaro sulle dinamiche del settore biologico italiano. BolognaFiere ha poco tempo per raddrizzare il piano inclinato di un declino che quest’anno – ad essere generosi – può trovare parziale giustificazione nelle incertezze provocate dal Covid, ma che potrebbe diventare irreversibile.
Antonio Felice
direttore editoriale
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