Il 2022 è stato condizionato dalla più importante siccità degli ultimi 70 anni. A soffrire più di tutti la mancanza di acqua, in agricoltura, è il settore del riso.
L’Ente Nazionale Risi ha stimato una produzione 2022 inferiore del 17% rispetto all’anno precedente, quasi 260 mila tonnellate di risone in meno a causa del calo della superficie coltivata e della minore resa. E le previsioni per i prossimi mesi non sono rassicuranti, dato che ad oggi la situazione è ancora più pesante rispetto all’anno scorso. La carenza di riserve idriche, sommata alla previsione meteorologica, stanno costringendo i consorzi irrigui di molte Regioni a non dare garanzie ai risicoltori sulla disponibilità di risorsa idrica per l’irrigazione dei campi e la sommersione delle risaie.
Nella Giornata Mondiale dell’Acqua, NaturaSì, leader italiano nella distribuzione di prodotti biologici, ricorda che il biologico rischia conseguenze ancora più gravi dipendendo dall’acqua per la gestione delle erbe infestanti della risaia, risultato che nella risicoltura convenzionale si ottiene irrorando l’acqua della risaia con erbicidi chimici.
“Per attenuare il problema nel breve termine, stiamo monitorando la situazione dei bacini e dei consorzi irrigui, distribuendo la coltivazione del riso nelle diverse Regioni italiane vocate, grazie alla diversità pedologica, idrica e climatica dell’Italia” – ha spiegato Elia Gius, responsabile settore agricoltura di NaturaSì – che aggiunge: “Sul lungo termine invece, ormai da molti anni, stiamo diffondendo e promuovendo nelle aziende agricole un approccio autenticamente biologico all’agricoltura, improntato alla cura della fertilità organica del terreno, consapevoli dell’importanza che questa riveste non solo nell’assicurare la produzione di un cibo di qualità, ma anche per una gestione conservativa della risorsa idrica”.
Le aziende agricole appartenenti alla organizzazione di produttori Terre di Ecor – un gruppo di aziende dell’ecosistema NaturaSì – stanno approfondendo infatti nuove tecniche rigenerative per affrontare l’emergenza climatica. “Condividiamo pratiche innovative di coltivazione, studiando ad esempio le interazioni tra funghi e batteri e la microfauna del suolo”, ha spiegato Filippo Prandi, agronomo di EcorNaturaSì. “Stiamo migliorando inoltre le tecniche di uso dei sovesci, per intervenire sulla struttura del suolo. Sono metodi finalizzati ad avere suoli ricchi di sostanza organica, quindi maggiormente capaci di trattenere acqua, abbassando la dipendenza da fattori esterni e ottenendo piante più resistenti agli stress climatici”.
A raccontare l’esperienza direttamente sul campo è anche Ariane Lotti, titolare dell’azienda agricola Tenuta San Carlo (GR), 350 ettari di coltivazione bio di cui il 10% destinato alla produzione di riso. “Oltre a provare ad anticipare alcune pratiche agricole per poter sfruttare le piogge che solitamente arrivano in primavera, stiamo sperimentando le cover-crops (colture di copertura) al fine di tenere i suoli coperti e protetti dal rischio di perdita di sostanza organica e disidratazione. Un metodo che prevede la semina a ottobre di un erbaio a cui, a maggio, viene aggiunta una nuova semina di riso che crescerà sull’erbaio allagato senza disturbare il terreno.”
“I nostri agronomi e gli agricoltori – ha concluso Elia Gius di NaturaSì – stanno affrontando una delle sfide più importanti degli ultimi decenni: assicurare l’approvvigionamento di riso biologico di qualità, come delle altre colture estive, nonostante le difficoltà climatiche già sperimentate nel 2022.” Una prova questa che il biologico affronta ancora una volta curando la salute dei suoli, unica via percorribile per arginare gli effetti dei cambiamenti climatici. Un compito importante, tra i tanti di una sana agricoltura, ovvero portare beneficio alla salute della Terra e garantirci il cibo del futuro, come una cosa non scontata ma alla quale tutti insieme, produttori, negozianti e consumatori debbono collaborare.
Fonte: Ufficio Stampa NaturaSì