Romano confermato presidente di AIAB. L’intervista a GreenPlanet

Giuseppe Romano - AIAB

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Riflessioni e proposte sul tema “Il biologico per costruire benessere, da One health a One Welfare”. Tutto questo, come recita il claim, è stato il congresso nazionale 2024 di AIAB-Associazione italiana agricoltura biologica, che ha visto la conferma alla presidenza federale di Giuseppe Romano, dottore agronomo, che dopo il primo mandato ricevuto nel 2021 guiderà ancora l’associazione per i prossimi tre anni. Al presidente Romano, intervistato da GreenPlanet a margine del congresso, abbiamo innanzitutto chiesto il significato dello slogan che ha caratterizzato la conferenza AIAB.

“Siamo partiti dal tema del One Health, quindi una salute, ma anche One welfare, quindi un benessere unico e inclusivo – ci ha detto Romano – perché riteniamo che il biologico sia il metodo di coltivazione ed allevamento più idoneo per andare incontro a queste esigenze, esigenze che comprendano appunto l’agricoltura ma anche altre sfere, quindi rapporti etici, rapporti economici, tutto quello, insomma, che governa il nostro modo di stare al mondo. Il biologico è sicuramente uno degli strumenti per andare incontro a questo benessere, lo è perché ha al centro la vitalità del suolo, questa connessione con il suolo è fondamentale, è stata infatti oggetto di una delle quattro sessioni della nostra conferenza, quella sul benessere della terra. Fertilità dei suoli intesa anche come produzione di microbioti per l’alimentazione zootecnica che poi è l’alimentazione umana. Questa catena parte dal suolo, arriva alle piante, passa alla zootecnia e viene assimilata e valorizzata dall’uomo. L’agricoltura biologica tiene presente questa filiera e la valorizza, altri tipi di agricoltura invece intervengono distruggendo qualsiasi forma di vita che possa poi creare problemi”.

– Presidente, la gente comune quanto capisce questo messaggio del benessere che assicura il settore biologico?

“Molto poco, la certificazione biologica viene percepita come una certificazione di prodotto, quindi il consumatore guarda il prodotto bio pensando: me lo copro, perché è quello che mi fa meno male. Non dovrebbe essere questo l’approccio, dovrebbe invece essere più indirizzato alla valutazione delle tecniche di produzione e allevamento che mettiamo in piedi, che sono quelle che vanno ad attivare tutti quei benefici di cui parlavamo. Attualmente c’è una percezione indirizzata più sul prodotto che sul metodo di coltivazione e questo è un grosso limite, probabilmente dettato dalle campagne di comunicazione finora fatte che sono sempre focalizzate sull’etichetta”.

– Siete reduci da un tavolo sul settore promosso dal MASAF, dove è stato comunicato l’avvio di una campagna di comunicazione realizzata da Ismea, soddisfatti?

“Relativamente, nelle campagne c’è ancora molta attenzione sull’etichetta, sulla chiusura della filiera, e invece dobbiamo andare sul metodo di coltivazione e i suoi pregi. Concetti che, lo capisco, sono difficilissimi da comunicare perché il consumatore davanti al prodotto dice: sono io che spendo e quindi spendo per me. È un discorso individualista che è l’antitesi del ragionamento collettivo su salute e benessere del nostro congresso, ma l’auspicio è che le campagne di comunicazione tengano conto di questo e valorizzino i metodi di coltivazione e nel frattempo i processi di crescita della società spingano verso un ragionamento collettivo e non individualistico”.

– Dal tavolo sul benessere delle persone, agricoltura biologica e sociale sono emersi esempi di successo di alleanza tra amministrazioni comunali e mense bio, come la società di ristorazione collettiva “Qualità e Servizi” promossa da alcuni comuni toscani. Una proposta da coltivare?

“Ci sono buone pratiche per cui una buona agricoltura biologica locale riesce a soddisfare esigenze importanti e “Qualità e Servizi”, per esempio, arriverà a comprendere la filiera mensa di Firenze, con 30mila pasti al giorno. Stiamo parlando di numeri seri, evidentemente buone pratiche accompagnate da buona amministrazione riescono a dare buoni risultati nell’ottica di fornire un cibo di qualità che si porti dietro quei valori intrinsechi di cui abbiamo parlato e in più comprende valori di formazione ed educazione ambientale e alimentare per i ragazzi”.

– Buone pratiche che danno anche slancio ai consumi biologici…

Senz’altro, sono un opportunità per le aziende e i territori. Al tavolo MASAF abbiamo ribadito, visto che si è parlato del fondo mense, che non è toccabile, non può essere rivisto a ribasso. Anzi, essendo uno dei punti strategici del piano di azione del biologico, bisognerà trovare i fondi per sostenerlo”.

– Nel tavolo tematico sul territorio, è emerso infine il ruolo importantissimo dei biodistretti

“Sì, strumenti che pensiamo siano fondamentali, ci teniamo particolarmente ma non devono diventare speculazione del territorio. Il biodistretto è una realtà complessa, uno strumento che ha delle potenzialità importanti, ma va mantenuta molto alta l’asticella nella loro formazione e nella selezione delle attività che gli andiamo a riconoscere. In questo senso vanno gli standard AIABe saranno anche rivisti nell’ottica di una maggiore qualificazione”.

Cristina Latessa

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