Quando una legge danneggia un settore

Piva

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Nella Gazzetta Ufficiale del 30.10.2023 è stato pubblicato il D. Lgs. N° 148 del 6.10.2023 che entrerà in vigore il prossimo 14 novembre. Sarà utile questo nuovo intervento legislativo dedicato al biologico? Assolutamente no; contribuirà, purtroppo, a deprimere ulteriormente il settore così come accaduto con il D. Lgs 20/2018, ora sostituito da questo nuovo decreto. Ulteriore burocrazia, maggiore recrudescenza nell’applicazione delle sanzioni alla luce di un neo corporativismo tutto “chiacchiere e distintivo”, promosso da associazioni di operatori bio (salvo la lodevole eccezione di due di esse) che con la proficua collaborazione di apparati burocratici “duri e puri” non risolvono nessuno dei problemi sul tappeto ma, anzi, deprimono anche la volontà più ferrea degli operatori più ottimisti.

Questo decreto è il frutto dell’art. 19 della Legge 23 del 9.03.2022. Detta Legge non doveva occuparsi di attività di controllo e certificazione in quanto in fase di discussione (2019-2021) da poco tempo era stato prodotto il D. Lgs 20/2018, di fatto un decreto già in linea con il nuovo Reg UE 848/2018. Ciò è dimostrato dal fatto che il D. Lgs 643 non aggiunge nulla di eclatante in materia di controllo e certificazione rispetto al “decaduto” D. Lgs 20. L’art. 19 è stato voluto, se qualcuno non lo ricorda si vada a leggere i resoconti parlamentari delle audizioni in Commissione Agricoltura, da quelle associazioni degli operatori bio che oggi criticano debolmente e su temi di fatto molto marginali (ad esempio la marca da bollo di 16 euro sulla notifica) il decreto in questione. Gli operatori biologici devono pertanto ringraziare le “loro” associazioni circa l’uscita di un decreto che, sia in materia di controllo e certificazione, che di presentazione della notifica, non cambia nulla in termini di efficienza (semplificazione e sburocratizzazione) ma cambia molto, invece, in materia di sanzioni pecuniarie, aumentandone a dismisura l’entità.

Può sembrare paradossale ma così è. In ambito certificativo alcuni passaggi del D. Lgs 20/2018 sono stati riscritti o eliminati in quanto non erano costituzionali e sono state inserite alcune piccole modifiche di fatto già normate e vigenti per effetto del Reg. UE. Per quanto attiene l’attività di controllo e certificazione non è cambiato nulla rispetto a prima se non un’ulteriore ed inutile attenzione da parte dell’autorità di controllo sulle tariffe degli organismi di certificazione e sui loro criteri, tematica abbondantemente sotto controllo ed oggetto di un libero mercato che ne ha ridotto nel tempo l’entità. Analogamente, per quanto concerne la presentazione della notifica, gli operatori dovranno sempre predisporre notifiche e loro variazioni di decine di pagine, quando sarebbe sufficiente collegare il fascicolo aziendale in ambito PAC al biologico e predisporre documenti di due facciate (fronte/retro) così come accade in altri Paesi europei. Probabilmente, qualcuno ci lucra un po’ di più in questo modo. Il decreto, inoltre, introduce all’art. 15 una sorta di “liste di proscrizione” pubbliche basate sugli esiti dei controlli, da cui giungere ad un “rating” delle aziende come se l’efficacia e la giustificazione sociale a produrre bio derivasse solamente dai controlli ufficiali. Perché, allora, non proporle anche per tutte le produzioni convenzionali, considerato che i controlli ufficiali vengono fatti anche per queste?

Una qualche sorpresa la si riscontra invece negli art. 23, 24 e 25 in materia di sanzioni pecuniarie. Prima di tratteggiarne qualcuna occorre sottolineare che le non conformità a cui sono connesse tali sanzioni sono già oggetto di provvedimenti onerosi a carico degli operatori così come descritto nello specifico DM che sarà oggetto di revisione tramite un nuovo DM da pubblicare entro 60 giorni dall’entrata in vigore di questo D.Lgs. Siamo uno dei pochi Paesi UE, se non forse l’unico, che ha sanzioni pecuniarie specifiche per il settore biologico. Indipendentemente da ciò, questo nuovo decreto stabilisce sanzioni che vanno dal 2 al 5% del fatturato globale (non solo biologico!!) realizzato nell’anno precedente, da collocarsi fra un valore minimo e massimo a seconda della non conformità. Ci chiediamo come sarà possibile calcolare una % di fatturato in un’azienda agricola quando la stragrande maggioranza di queste non è tenuta a presentare un bilancio ma ricorre ad una contabilità semplificata e paga le imposte in base al reddito dominicale e agrario.

Nello specifico, ad esempio, se si utilizzano sostanze non ammesse la sanzione è pari al 5% del fatturato globale dell’anno precedente fra un minimo di 6.000 ed un massimo di 100 mila euro. Utilizzo significa presenza con valori > 0,01 ppm per sostanza non ammessa come da DM 309/2011 vigente? Pensiamo solo ai fosfiti, quale operatore sano di mente pensa di rimanere o entrare nel sistema di controllo con tale limite che di per sé non è un indicatore probante di un utilizzo improprio? Nel D.Lgs vi sono altre fattispecie di non conformità generiche con limiti fino a 100mila euro di sanzione amministrativa.

Che senso ha aumentare la recrudescenza delle sanzioni in un settore in cui il livello delle non conformità è stabile se non in riduzione così come si evince dai dati annuali dell’attività di controllo da parte di ICQRF? Perché introdurre continuamente  ostacoli normativi e difficoltà burocratiche ad un settore che non li merita? A chi giova? A coloro che anelano ad un settore talmente bucolico che non esiste? Non è che questi ultimi sono talmente “puristi” da essere un tantino “interessati” a ridurre le potenzialità del settore?

Sono questi gli strumenti per favorire il raggiungimento della SAU bio al 25% sulla SAU totale in una fase di mercato, ad essere oggi ottimisti, stabile o leggermente flettente? Auguri.

Fabrizio Piva

 

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