Organic Food Conference, “le sfide di un mondo che cambia” è il tema del summit del Bio europeo

Organic Food Conference

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Il settore bio sotto i riflettori, per capire come affrontare le sfide di un mondo che cambia, con l’incognita di normative in discussione in sede europea non sempre “amiche” del settore, ma anche la problematica di un pianeta sempre più inquinato dove i pesticidi portano danni indiscriminati e consumi in calo su cui bisogna trovare soluzioni. Tutto questo è stata la Organic Food Conference svoltasi il 22 e 23 maggio a Sansepolcro (provincia di Arezzo), nella bella sede immersa nel verde dei campi di erbe officinali dell’healthcare company Aboca, una delle prime aziende a scommettere sul biologico.

La due giorni di dibattiti, che ha adunato rappresentanze dell’associazionismo di settore, aziende del bio, rappresentanti istituzionali, ricercatori e studenti di scienze e tecnologie agroalimentari, come la rappresentanza dell’Università Politecnica delle Marche guidata dal professor Raffaele Zanoli, è stata organizzata da Ifoam Organic Europe in collaborazione con Federbio e sostenuta dal programma Being Organic in the EU. Event sponsor è stata Assobio, che figura tra i soci di Ifoam Organics Europe.

I lavori sono stati aperti dal presidente di Ifoam Organics Europe, Ian Plagge, che ha espresso vicinanza alle popolazioni dell’Emilia-Romagna colpite dall’alluvione, sottolineando quali rischi giungono dal trascurare l’ambiente e la sostenibilità.

Un’attenzione importante da parte del pubblico ha avuto il panel “Organic for all ages, navigating the current market with multigenerational communication”, dedicato alle migliori strategie di comunicazione da mettere in atto per la promozione del bio presso un pubblico ancora troppo poco consapevole, se non confuso, sui valori e le caratteristiche del bio. “Sicuramente, in seguito al quadro geopolitico che pesa sull’economia, l’attenzione del consumatore si sta spostando sul prezzo più che sulla qualità – ha osservato a GreenPlanet Eduardo Cuoco, director Ifoam Organics Europe – Bisognerà far capire, mai come ora, perché investire qualche euro in più per mangiare bio piuttosto che risparmiare qualche euro per mangiare dei prodotti che non hanno le stesse caratteristiche sia dal punto di vista della sostenibilità ambientale che socieconomica. Quindi è il momento di comunicare e promuovere il prodotto biologico il più possibile”.

La comunicazione del bio è sfidante – ha commentato Sarah Compson (Chair of Interest Group for Organic Processors, Ifoam Organics Europe/Associate Director, Standards Innovation, Soil Association) – anche perché il concetto di agricoltura è disconosciuto da molte persone, soprattutto quelle che vivono nei contesti urbani. Come comunicare meglio il cibo bio? Puntando di più sulle emozioni che procura, sulle ragioni del cuore, con una comunicazione che, oltre ad essere chiara, coerente e credibile sia contagiosa. E poi, diventare più creativi, per esempio mettere a punto un videogioco, come ne esistono altri riferiti all’agricoltura, che spieghi i valori positivi del biologico”. Nicoletta Maffini, direttore generale di Mielizia Conapi e vicepresidente di Assobio, ha sottolineato l’impegno nella comunicazione della più grande cooperativa apistica d’Europa con lo spot “Agiamo tutti” affidato a bambini, “alla Generazione Alfa e alla loro voglia di verità” – ha sottolineato Maffini, orgogliosa del suo “brand attivista”.

Dai vari panel dell’Organic Food Conference non è comunque mancato l’appello alle istituzioni, a rivolgere maggiore attenzione al settore, su cui gravano anche maggiori oneri economici rispetto ai produttori convenzionali.

Pietro Gasparri, dirigente dell’Ufficio “Agricoltura biologica” del ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e foreste, ha osservato come il ministero ha riservato significativi fondi al settore e, soprattutto, come sia importante “una strategia condivisa che sul bio è stata attuata con il piano strategico nazionale. Ma ci vuole anche ricerca, formazione, assistenza tecnica e promozione verso il consumatore per convincerlo della bontà del prodotto”.

Bisogna comunicare anche a livello di ministeri – ha osservato il presidente di Assobio, Roberto Zanoni, salutando positivamente l’annuncio portato dal presidente Ismea, Angelo Frascarelli, che a breve partirà una campagna promozionale promossa dallo stesso Ente pubblico.

Dobbiamo inoltre essere più trasparenti – ha aggiunto Zanoni –, serve una piattaforma di tracciabilità, validata dal Ministero dell’Agricoltura, che comprenda sia i prodotti italiani che quelli stranieri”. Per il presidente di Assobio è poi importante “formare una cultura alimentare nelle scuole e nelle Università . “È, per esempio, assurdo – ha detto Zanoni – che non ci sia un esame di alimentazione nei corsi di laurea in medicina”.

Il biologico oggi è alla prova di sfide notevoli – ha sottolineato nel suo intervento la presidente di Federbio, Maria Grazia Mammuccini – In ambito UE servono politiche coerenti degli Stati membri nell’utilizzo delle risorse a disposizione e sarà fondamentale attuare piani nazionali bio per impostare una strategia, strategia che deve essere condivisa tra governo e sistema associativo. Ma soprattutto serve coerenza nella politica europea, e dico questo pensando al contraddittorio Regolamento sui fitofarmaci”. Tra le altre cose da fare a sostegno del settore, Mammuccini ha citato anche “un investimento strategico su ricerca e innovazione e una comunicazione integrata per diffondere i valori del bio”.

Il CEO di Valoritalia, Giuseppe Liberatore, ha ricordato il ruolo svolto nel settore dalla società leader in Italia a per il controllo e la certificazione dei vini a Denominazione d’Origine.

La certificazione è certamente qualcosa di molto presente nel settore bio “ma, se ci pensiamo – ha commentato Massimo Mercati, CEO di Aboca – è un paradosso per un settore che è amico dell’ambiente: siamo infatti a certificare il fatto di non intossicare l’ambiente!”. Per il CEO di Aboca, “il biologico deve fare di più per rispondere alle nuove sfide, e quindi affrontare realmente il cambiamento della produzione e investire sulla ricerca, solo così potrà essere leader della transizione ecologica”.

Sul calo dei consumi nel bio è intervenuto il presidente Ismea, Angelo Frascarelli, notando che: “L’Italia ha fatto una scelta politica importante, far crescere la superficie bio puntando al 30% entro il 2030, una scelta impegnativa, coraggiosa ma pericolosa perché se aumenta l’offerta, ma cala la domanda. Ora rischia di essere vittima del suo successo”.

Il calo dei consumi preoccupa naturalmente le aziende del settore. Ad assistere ai lavori c’era, tra gli altri Lorenzo Massone, presidente della Cooperativa “Campo”, una delle aziende biologiche pioniere in Italia, che ha dichiarato a GreenPlanet come sia stato una sbaglio spingere gli agricoltori sulla strada del bio senza prima far crescere la domanda. “Se fossimo partiti dal consumatore, dal creare la domanda – ha osservato Massone -, la produzione sarebbe arrivata di conseguenza. Cosa fare per spingere i consumi? L’esperienza che abbiamo avuto dal mondo dei motori é che le istituzioni hanno dato indicazioni alle industrie di limitare le emissioni, stabilendo delle soglie. Se nell’alimentare le istituzioni avessero detto che bisognava portare verso zero le tracce dei veleni, probabilmente si sarebbe data spinta alla domanda per un cibo con meno tracce di veleni. Oggi bisogna ricominciare da qui? Forse sì!”.

Cristina Latessa

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