Lo strano caso della “Gallina Grisa di Lessinia”: Costa troppo diventare bio

Enrico Morando

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Lo strano caso della “Gallina Grisa di Lessinia”, oggetto del primo un marchio commerciale avicolo registrato e legato ad un tipo di gallina tipica delle colline veronesi, allevata nel totale rispetto del benessere animale. Praticamente, nell’azienda agricola di Enrico Morando (ex architetto di 47 anni convertito da sei anni all’avicoltura di super qualità, soprattutto se si pensa a quella della vita degli animali), la gallina è come se vivesse in una spa, con parametri di benessere ampiamente superiori rispetto a quelli del disciplinare del biologico. Eppure il titolare dell’azienda agricola che la produce, unica nel suo genere, non ha nessun interesse a certificare la sua produzione di 600 capi in bio.

La particolarità della gallina Grisa di Lessinia dell’azienda agricola Enrico Morando è che vivendo in un terreno particolarmente calcareo, sviluppa una particolare sapidità sia delle uova che della carne che risulta più tenace di quella da allevamento intensivo e adatta ad ogni tipo di cottura.

“Il percorso verso la certificazione lo considero più che altro solo delle beghe burocratiche oltre che un aumento dei costi – spiega Morando -. Solo per i mangimi l’aumento sarebbe del 30-40% per non parlare dei costi di certificazione. L’idea del biologico non mi è mai balenata in mente. Non ritengo sostenibile tenere una filiera biologica a queste condizioni (numero di capi, di personale impiegato ecc.), tanto più che lavoro da solo nonostante l’azienda sia di 600 capi. Mi basta potere spendere il claim di sostenibilità per le modalità con cui vengono allevate”.

Effettivamente per uova che, prima dell’impennata costi venivano vendute, a 50 centesimi l’uno e dopo la crisi economica scatenata dal conflitto russo-ucraino, a 70 centesimi, l’azienda agricola se fosse stata biologica avrebbe rischiato di venire scaraventata (senza mezzi termini) fuori mercato.

“Tenga presente che ogni anno – afferma Morando – io faccio 45mila km con l’auto sia per le attività di marketing del prodotto, dal momento che lavoro con i principali ristoranti stellati del veronese; che con la vendita diretta e mi occupo personalmente delle consegne. In azienda ci sono solo io. Faccio tutto da solo. Partecipo anche settimanalmente ad un mercatino indipendente. Ho creato una dimensione che mi permette di lasciare a lungo le galline a pascolare all’aperto. Ho scelto la strada dell’allevamento estensivo e sostenibile che, per usare i termini del mercato, è classificato come ‘allevamento all’aperto’”.

Le galline Grisa della Lessinia di Morando sono nutrite con verdura, frutta, pane e le erbette che crescono nei mille metri quadrati all’aperto dell’azienda agricola che sono suddivisi in parchetti per avere un controllo maggiore del pascolo. A questi, si aggiungono quelli del pollaio. In pratica, lo spazio assegnato agli animali è di due-tre capi per ogni metro quadro mentre per il bio sono tra i tre e i cinque e, negli allevamenti intensivi, si arriva fino a nove.

“In questo modo – specifica Morando – gli animali sono più forti e sani e, solo quanto serve, vengono trattati con fitoterapia e non con chimica. Anche per il loro maggiore vigore, l’anno scorso non sono state toccate dall’aviaria che ha invece decimato gli allevamenti nella pianura veronese, soprattutto quelli vicini all’autostrada ed ai corsi d’acqua. Tenga presente che quando nel pollaio entra un virus del genere, magari portato da un uccello migratorio come le cicogne o le anatre, in pochissimi giorni tutti gli animali muoiono. Non c’è scampo. Conosco colleghi che hanno grossi allevamenti intensivi che nel giro di qualche giorno hanno perso il 100% dei loro polli”.

L’anno scorso, il blocco anti aviaria che vietava il pascolo è stato disposto dalle autorità regionali competenti, per quattro mesi e reso obbligatorio per tutti i tipi di allevamenti. Anche quest’anno è stato reintrodotto, anche se l’emergenza pandemica è di minore portata, ed è attualmente in vigore. Per Morando questo non va ad inficiare nemmeno le coltivazioni biologiche che, per essere definite tali, bisogna che gli animali siano liberi di pascolare per 16 settimane, in pratica 4 mesi su 12.

“Come l’anno scorso – dice Morando – pensiamo che da fine marzo si potrà ricominciare a pascolare. Come tutti gli allevatori, sono soggetto a controlli periodici sanitari, ma con questo sistema di allevamento, gli animali crescono con una maggiore bio-sicurezza”.

Tra gli obiettivi di lungo termine, per Morando, c’è quello di passare la staffetta a qualche giovane agricoltore che voglia proseguire sulla strada da lui tracciata e magari creare anche delle aggregazioni di filiera con i produttori complementari, ad esempio quelli che fecondano le uova o che le svezzano. “Solo che il discorso qui si complica – dice – perché implica un’attenta scelta dei partner”.

Mariangela Latella
maralate@gmail.com

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