Agricoltura biologica e Biologico: distinzione necessaria per un nuovo modello di consumo

Piva

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La scorsa settimana abbiamo pubblicato la notizia circa i risultati dell’audit, a dire il vero poco lusinghieri, che la Corte dei Conti UE ha presentato in merito ai risultati della politica UE in materia di agricoltura biologica, che negli ultimi 15 giorni ha suscitato diversi commenti, soprattutto nei “canali social”. Oggi vorremmo soffermarci su alcuni aspetti che a nostro giudizio non sono stati sufficientemente approfonditi.

Innanzitutto la Corte dei Conti ha analizzato gli obiettivi alla luce del sostegno UE all’agricoltura biologica nel periodo 2014-2022, ma gli auditor hanno controllato anche le disposizioni ed i programmi per il periodo 2023-2027. Le risorse UE dedicate al biologico hanno superato i 12 miliardi di euro nel primo periodo e si presume si attestino a quasi 15 miliardi di euro nel secondo.
Nonostante tale impegno, si ritiene impossibile il raggiungimento del 25% della SAU bio sul totale della SAU UE al 2030. Così come i benefici ambientali attesi non sembra siano dunque garantiti, analogamente quelli di mercato presenterebbero una visione che vada oltre il 2030, non essendo stata impostata una raccolta sistematica di dati per valutare lo sviluppo dell’agricoltura biologica ed il suo impatto sull’ambiente e sul clima.

In merito al primo aspetto su cui ci soffermiamo, ne avevamo “parlato” già in un nostro commento a fine 2023 (vedi news) quando ci eravamo chiesti se, accanto al 25% di SAU, non fosse stato preferibile affiancare, sempre al 2030, anche un obiettivo in termini di consumo, ad esempio il 10% sul totale dei consumi alimentari. Ora lo indica la Corte dei Conti UE alla luce del fatto che per raggiungere il 25% della SAU occorre raddoppiare il tasso di crescita annuo che si è verificato in questi ultimi anni, dal 6% annuo nel periodo 2012-2021 all’11% nel periodo 2021-2030. A livello UE la SAU bio è intorno al 10,5% con differenze abissali fra Paese e Paese, in Italia supera il 19% ma in Romania è al 5,1%. Il mercato dei prodotti biologici non supera il 4% del totale dei consumi alimentari, in Italia stenta ad arrivare al 3% e la Corte ha statuito che lo sviluppo dell’agricoltura biologica è strettamente connesso allo sviluppo del biologico inteso come settori a valle della fase agricola e, quindi, fortemente legato alle scelte di consumo e ad uno stile di vita che ne consegue. Infatti la Corte ha evidenziato come il valore del 25% si riferisca unicamente alla superficie da coltivare senza alcuna finalità strategica per il settore del biologico e come non vi sia alcuna visione strategica, oltre il 20230, né per l’agricoltura biologica né per il settore biologico.

Un secondo aspetto consiste nelle osservazioni della Corte che non hanno interessato la sola Commissione UE ma anche gli Stati membri in quanto è dal 2004 che la Commissione esorta gli Stati ad adottare piani d’azione nazionali specifici, pur questi non avendo alcun obbligo. La situazione è molto disomogenea, alcuni Paesi sono a quota 6 piani d’azione ed altri a quota zero. Inoltre, nel periodo 2023-2027 gli Stati dovevano fissare valori obiettivo della spesa PAC dedicati al biologico, alcuni lo hanno fatto in modo molto disomogeneo, altri hanno aggiunto finanziamenti nazionali e qualcun altro lo ha fatto ricorrendo anche al mercato, ad esempio fissando % minime di prodotti biologici nelle mense pubbliche entro il 2030. Gli Stati membri hanno integrato in misura limitata nei propri PSR le specifiche esigenze del biologico, così come nessun Paese ha incluso nei propri PSR sotto-programmi tematici dedicati all’agricoltura biologica o al biologico.

Un terzo aspetto evidenziato dalla Corte si riferisce al periodo 2014-2020 in cui il sostegno della PAC per il biologico compensava gli agricoltori per i costi aggiuntivi e il mancato guadagno dovuti all’applicazione delle tecniche di agricoltura biologica quando le finalità di tale metodo consistono nel produrre un’ampia varietà di alimenti che rispondono alla domanda dei consumatori e che non danneggiano l’ambiente. Ciò si è tradotto in un sostegno basato sulla superficie e non tanto sullo sviluppo del mercato che avrebbe favorito la crescita delle superfici. Il risultato di tali scelte ha condotto ad un’elevata incidenza di prati permanenti e foraggi, nel 2020 il 60% della SAU bio in ambito UE, ed una limitata incidenza della zootecnia con il 6% dei bovini, il 3,6% del pollame e l’1% dei suini bio sul totale dei rispettivi aggregati. Analogamente è limitata anche l’incidenza delle relative colture specializzate i cui costi di produzione sono più elevati delle colture estensive.

In relazione agli aspetti qui evidenziati, le risposte della Commissione non sono state molto confortanti poiché ha deciso di accogliere molto parzialmente le raccomandazioni espresse dalla Corte. Il rischio è che il biologico rimanga un fatto puramente ambientale in ambito agricolo e non si traduca in un modello di consumo che incide sulle abitudini alimentari strutturali delle famiglie europee. Da questo punto di vista è interessante il concetto introdotto dalla Corte che distingue il ruolo dell’agricoltura biologica e quello del biologico secondo una logica di affermazione di un modello di consumo per una vera e duratura transizione ambientale.

Fabrizio Piva

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