La Cina spinge sempre più sulla green economy

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La Cina spinge con sempre più forza sulla green economy. E da ieri, 19 ottobre fino al 26 ottobre, ha preso il via il più grande summit sulle energie rinnovabili e la sostenibilità mai promosso nel mondo.

Nel distretto più industrializzato a Nord Est del celeste impero, Pechino riunirà infatti migliaia fra ricercatori, imprese e istituzioni del mondo per il ‘Low Carbon Earth Summit 2011’ che, con il suo motto ‘Leading the green economy, returning to harmony with nature’, indica con chiarezza in quale direzione ‘il regno di mezzo’ sta puntando per lo sviluppo. 

"Al summit sono attesi 10 mila partecipanti più 10 mila addetti, per un totale di 20mila esperti che, nel corso di 503 sessioni, si confronteranno sulle politiche energetiche ed economiche che, attraverso specifiche azioni sociali e un’innovazione sempre più spinta, possano ritradurre l’attuale sviluppo globale in un’economia low carbon, a basse emissioni e più rispettosa dell’ambiente e del clima" anticipa il fisico nucleare Valerio Rossi Albertini, ricercatore dell’Istituto di Struttura della materia del Cnr e docente di Chimica e Fisica dei materiali dell’Università La Sapienza di Roma, che sarà tra i delegati rappresentanti dell’Italia all’Lces 2011 di Dalian.

"E’ interessante vedere come la Cina, che brucia carbone ed ha progettato circa 100 reattori nucleari, si faccia promotrice di una conferenza di questa portata sulla green economy" afferma Rossi Albertini, convinto che "tutto ciò ci deve far riflettere".

"Se Pechino spinge sulla green economy e ne vuole prendere il controllo, questo ci lascia presagire che la Cina preveda scenari economici importanti per le rinnovabili e che si sta già attrezzando. L’energia così come è prodotta è ormai insostenibile e i cinesi si stanno anticipando" sottolinea Rossi Albertini che, con il geologo Mario Tozzi, ha appena pubblicato il volume "Il Futuro dell’Energia" in cui scandisce in ogni dettaglio il settore delle rinnovabili, rendendolo comprensibile ai non addetti ai lavori.

Per Rossi Albertini, dunque, è "scattato un inesorabile count down su quale Paese risponderà meglio, in termini di tecnologie, innovazione e politiche, alle esigenze di produzione di energia pulita". E nella corsa non è esclusa l’Italia. "Anche noi dobbiamo fare presto. Non c’è tempo da perdere. Il summit di Dalian parla chiaro" dice il fisico che esorta il nostro Paese a puntare con forza su ricerca e innovazione.

L’Italia, ricorda, "è stata il Paese precursore nel 1908 di produzione di energia da geotermico, dal calore della Terra, e con l’idroelettrico abbiamo raggiunto nel XX° secolo il 95% di produzione elettrica autonoma. Eravamo, insomma, quasi autosufficienti. Non dobbiamo perdere terreno". "Al 2020 -prosegue il fisico nucleare- tutti gli stati Ue dovranno produrre elettricità al 20% da rinnovabili, noi italiani ereditiamo da quei tempi il 17%, una quota molto vicina al 20% che chiede l’Ue. Ora stiamo anche raggiungendo il 3% di produzione dal solare, anche grazie ai vari conti energia". Ma come competere con la Cina ed i grandi produttori tedeschi?

"Continuando sulla strada dell’alta formazione e innovazione che l’Italia ha perseguito nel passato. Basti ricordare che nel 1938 l’italiano Enrico Fermi ha costruito il primo reattore nucleare" risponde secco lo scienziato. "Era l’epoca dei ragazzi di Via Panisperna, un pool di geni che ha cambiato il mondo. Non solo. Negli anni ’50 -ricorda ancora Rossi Albertini- noi italiani siamo stati precursori nella produzione di pannelli fotovoltaici. Poi ci siamo fermati. E siamo stati sorpassati da Germania e Cina. Arriviamo primi sugli obiettivi tecnologici e poi ci addormentiamo, dobbiamo riprendere a correre. Il motore è ricerca e innovazione".

"La Cina investe 50 mld di dollari l’anno in ricerca e innovazione, questa è la risposta. I risultati si vedranno tra brevissimo. Secondo le previsioni degli analisti, infatti, -continua- abbiamo un vantaggio di ancora 5, forse 10 anni, poi ci sorpasseranno. Consideriamo che la Cina ha un costo della manodopera più basso del nostro, disponibilità di materie prime superiore alla nostra, non possiamo perdere il treno dell’innovazione tecnologica che oggi guidiamo". La ricetta nella competizione con la Cina sul fronte delle rinnovabili?

"Dobbiamo innalzare la qualità tecnologica dei nostri prodotti. E’ questo -prosegue Rossi Albertini- che ha fatto scegliere al colosso Power One di investire in Italia, pur avendo stabilimenti in Cina". "Proprio lo scorso 29 settembre, infatti, il colosso con sede centrale a Camarillo, in California, ha inaugurato -prosegue l’esperto di energia- un centro di eccellenza in Italia, a Terranuove Bracciolini, in provincia di Arezzo, in Valdarno, con 1.300 unità di personale".

"Il colosso ha scelto l’Italia perché a parità di parametri di produzione con i suoi stabilimenti cinesi, la società ha trovato in Italia un’efficienza di produzione quattro volte quella degli omologhi cinesi. Il numero di componenti imperfetti in Italia è pari a 50 per milione" riferisce ancora Rossi Albertini. Che taglia corto: "Ciò significa che in Italia c’è stato un controllo di qualità altissimo, grazie a durissimi controlli in ambienti estremi dei componenti per eolico e pannelli fotovoltaici". "L’alta qualità -conclude- è la risposta alla competizione globale, non compressione dei diritti dei lavoratori". (fonte:adnkronos.com)

 

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