Kiwi bio, Jingold punta al 10% in 3-4 anni. Parola di Neri

Jingold bio

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È corsa al bio per Jingold SpA, azienda con base nel Cesenate che produce e distribuisce in tutto il mondo kiwi giallo, verde e rosso. Oltre ai 60 ettari in Argentina, che producono in controstagione kiwi al 100% bio per il brand Jingold, grazie ad un partner locale, stanno per raddoppiare gli attuali 50 ettari in Italia (su 1.200 totali) di produzione bio per arrivare ad una quota complessiva della produzione certificata, del 10%, pari a oltre mille tonnellate.
Tutto questo accadrà entro i prossimi 4-5 anni dato che a partire dal 2023 entreranno in produzione alcuni degli impianti attualmente in conversione.
Ce ne parla Patrizio Neri, patron di Jingold e presidente della omonima SpA in un’intervista esclusiva.
“Abbiamo in atto – spiega Neri, che ha iniziato  l’avventura di Jingold in Emilia-Romagna, ma adesso conta impianti produttivi in tutta la Penisola, dalla Campania alla Basilicata alla Puglia fino al Piemonte – un piano di espansione e di marketing che punta molto sul bio al fine di trovare un giusto collocamento in Italia e in Europa. Vogliamo aumentare la produzione in Cile, Sudafrica, Portogallo. In Argentina, dove abbiamo un partner locale, è un work in progress da circa tre anni. L’obiettivo è arrivare al 10% della produzione bio in 3-4 anni”.

– Qual’è la varietà di kiwi giallo destinata al canale bio di Jingold?
“Si chiama Jinyan e l’abbiamo introdotta da circa cinque anni. Si aggiunge a quella convenzionale Jin Tao”.

– Come supportate finanziariamente questi progetti?
“Riscontriamo un certo interesse, in campo agricolo, anche da parte dei fondi di investimento che, forse anche grazie alla pandemia, iniziano a guardare a questo settore, quello agroalimentare e delle materie prime, come qualcosa di stabile e che riesce a tenere anche nei momenti difficili”.

– Guardate con interesse ai sovvenzionamenti che potrebbero arrivare dalla PAC?
“Certo”.

– I fondi di investimento potrebbero rappresentare quella parte di cofinanziamento privata richiesta dal finanziatore pubblico europeo?
“Bisogna vedere, ma penso di sì. Peraltro, penso che un fondo di investimento possa dare maggiore potere contrattuale alle aziende agricole italiane perché le aiuta a raggiungere una dimensione adeguata per il mercato”.

– Come fate fronte al calo produttivo registrato negli ultimi anni a causa di clima e fitopatologie?
“Questo è il sesto anno di seguito che la produzione italiana di kiwi è scarsissima. E per pesche, nettarine e pere non va meglio. Nel Nord, a causa del clima, a Sud, il kiwi è invece decimato dalla batteriosi. Oltre che con il piano di espansione, stiamo spingendo anche sull’innovazione con l’introduzione di nuovi macchinari e dell’intelligenza artificiale”.

– Il Green Deal europeo pone l’obiettivo, per il bio, del 25% delle superfici coltivate entro il 2030. Come valuta questa strategia?
“Abbiamo qualche dubbio che ci possa essere un mercato in grado di consumare il 25% di bio. Penso che fino alla quota del 10% si possa ragionare in un ottica di valorizzazione del prodotto. Poi c’è da valutare il mercato”.

Mariangela Latella

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