IVA sul biologico al 4%: l’emendamento c’è, ma i costi frenano la proposta

iva sul bio

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Nella pioggia di emendamenti alla legge di Bilancio 2026 – oltre 5.700 solo al Senato – torna anche il tema dell’IVA sui prodotti alimentari. E tra richieste di tagli, esenzioni e agevolazioni che spaziano dalla carne suina alle ostriche, emerge un emendamento che riguarda da vicino il mondo del biologico: l’aliquota ridotta al 4% sui prodotti bio certificati secondo il Regolamento (UE) 2018/848.

A proporla è il senatore Tino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra), che chiede di introdurre in via sperimentale una riduzione dell’IVA per abbassare il prezzo finale dei prodotti biologici e renderli più accessibili ai consumatori. Una misura che, sulla carta, andrebbe proprio nella direzione auspicata da anni dalla filiera: favorire la domanda attraverso politiche fiscali mirate.

Il problema, però, sono i costi. La relazione tecnica allegata allo stesso emendamento quantifica l’impatto in 1,35 miliardi di euro: una cifra che di fatto rende l’intervento difficilmente sostenibile negli attuali saldi della finanza pubblica. Non a caso, tutte le proposte simili presentate negli ultimi anni – sia da maggioranza che da opposizione – sono state sistematicamente respinte.

Nel complesso, l’IVA rimane la grande incompiuta della riforma fiscale: nessun governo, nemmeno quello attuale, ha finora messo mano a una revisione organica dell’imposta, a causa degli elevati costi di qualsiasi intervento strutturale. E anche questa volta, nonostante il pressing trasversale dei gruppi parlamentari, le possibilità che le misure più onerose – biologico incluso – arrivino al traguardo sembrano molto ridotte.

Per ora, dunque, la richiesta di un’IVA ridotta sul bio resta un segnale politico, utile a tenere aperto il dibattito su prezzi, accessibilità e sostegno alla produzione sostenibile, ma con scarse probabilità di tradursi in un cambiamento concreto già nella manovra 2026.

La Redazione

Notizie da GreenPlanet

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