Intervista esclusiva a Janusz Wojciechowski, Commissario per l’Agricoltura della Commissione Ue

Janusz Wojciechowski

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Al via le negoziazioni della Commissione Europea per aprirsi all’export di prodotti biologici da paesi Terzi sulla base del regime cosiddetto di conformità. Negoziazioni che si chiuderanno nei prossimi quattro anni e che, probabilmente ridisegneranno il quadro dell’import export del biologico da e per l’Unione europea. Intanto l’UE ribadisce il niet per un vertical farming bio e non ha ancora le date per la presentazione di uno studio di impatto del New Green Deal. Contro il Greenwashing in via di sviluppo una banca dati degli operatori certificati.
Ne parliamo con Janusz Wojciechowski, Commissario per l’Agricoltura della Commissione Von Der Leyen.

– Come stanno andando i negoziati tra l’UE e i Paesi terzi sulle nuove regole del sistema di conformità per l’import/export di biologico da e per l’Europa?  
“La Commissione – ci spiega Wojciechowski – ha ottenuto dal Consiglio, l’autorizzazione ad avviare negoziati con Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, India, Israele, Giappone, Nuova Zelanda, Repubblica di Corea, Tunisia e Stati Uniti. Si tratta di Paesi con i quali l’UE ha già ottenuto riconoscimenti di equivalenza che dovranno essere trasformati in accordi commerciali bilaterali internazionali al più tardi entro la fine del 2026 per tenere conto del nuovo quadro legislativo dell’UE. Nella revisione di questi riconoscimenti di equivalenza, un aspetto importante sarà il miglioramento delle condizioni per l’esportazione dei prodotti da parte degli agricoltori e degli operatori biologici dell’UE”.

– L’UE intende introdurre nuovi Paesi Terzi nel regime di equivalenza. Quali e perché?
 “Diversi altri Paesi terzi sono interessati a raggiungere un accordo di equivalenza con l’UE. Per il momento, inizieremo con le equivalenze esistenti e valuteremo altri Paesi a tempo debito”.

– Cosa ne pensa del vertical farming? Quali sono le strategie delle politiche agricole europee su questo tema emergente?
“Le aziende agricole verticali che utilizzano la coltura idroponica non possono essere certificate come biologiche, a causa della mancanza di produzione legata al suolo e della necessità di ingenti input esterni. Sui principi generali della produzione biologica, l’articolo 5 del Regolamento (UE) 2018/848 prevede ‘l’uso responsabile dell’energia e delle risorse naturali, come l’acqua, il suolo, la materia organica e l’aria’; ‘la progettazione e la gestione appropriate dei processi biologici, basati su sistemi ecologici e che utilizzano risorse naturali interne al sistema di gestione, utilizzando metodi che praticano la coltivazione di colture legate al suolo e la produzione zootecnica legata al suolo”; e ‘la limitazione dell’uso di input esterni’. Su queste basi, va da sé che la produzione idroponica, che è un metodo di coltivazione di piante che non crescono naturalmente in acqua con le radici in una soluzione nutritiva o in un mezzo inerte a cui viene aggiunta una soluzione nutritiva, è vietata nella produzione biologica. Inoltre, nel suddetto regolamento biologico, il legislatore europeo ha accordato pochissime eccezioni alla coltivazione in terra, soggetta a requisiti specifici solo per semi germogliati, teste di cicoria, piantine o trapianti in contenitori, piante ornamentali ed erbe in vaso. È stato, inoltre, definito  un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2031, per le coltivazioni in aiuole delimitate in Finlandia, Svezia e Danimarca, limitatamente alle superfici già certificate prima del 28 giugno 2017. Su questa base, la Commissione non intende adattare ulteriormente la legislazione biologica per le aziende agricole verticali”.

– Ritiene che il potenziamento del settore biologico (25% delle aree agricole fino al 2025) possa essere sostenibile anche senza alcun sostegno finanziario pubblico e, se sì, perché?
“Il ruolo più importante nella crescita sostenibile del settore della produzione biologica deve essere svolto da un aumento sostenibile della domanda di prodotti biologici. A tal fine, il Piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica nell’UE adotta innanzitutto un approccio basato sulla domanda, chiedendo allo stesso tempo uno sviluppo equilibrato della domanda e dell’offerta di prodotti biologici. Per questo motivo, la domanda di prodotti biologici è l’oggetto del primo asse del Piano d’azione, che si concentra sulla promozione della domanda privata e pubblica di prodotti biologici attraverso l’educazione, le misure di informazione, la promozione agricola, gli appalti pubblici verdi, la revisione del programma scolastico dell’UE e la collaborazione con il settore della vendita al dettaglio”.

– La burocrazia agricola biologica, la regolamentazione, le politiche e il mercato viaggiano a velocità diverse. Oggi abbiamo bisogno di nuovi strumenti di controllo dei parassiti, ma il processo per la relativa registrazione è troppo lungo, complesso e soprattutto piuttosto costoso per il produttore. Questo rende più difficile ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti fino al 2050. La Commissione europea intende semplificare questo sistema anche per dare una risposta a ciò di cui il movimento biologico ha bisogno per procedere con l’aumento della produzione biologica?
“Nel biologico, i parassiti sono controllati principalmente con metodi preventivi e nemici naturali. La fertilità del suolo è garantita dall’uso di letame fermentato, con l’aiuto di organismi del suolo come i vermi di terra. Se ciò non fosse sufficiente, è disponibile un numero limitato di prodotti fitosanitari e fertilizzanti compatibili con i principi del biologico, che possono essere utilizzati nel biologico solo se sono sicuri in generale, cioè se sono conformi alla legislazione UE sui pesticidi e sui fertilizzanti. I prodotti a basso rischio e le sostanze di base di origine animale o vegetale non devono più essere sottoposti a una valutazione separata per l’uso nei prodotti biologici”.

– Quando è previsto uno studio costi/benefici delle strategie del New Green Deal da parte della Commissione europea?
“Sono previste valutazioni d’impatto specifiche per tutte le iniziative legislative Farm to Fork e Biodiversity Strategies con impatti significativi. La Commissione, ad esempio, ha recentemente pubblicato le valutazioni d’impatto iniziali sulle nuove tecniche genomiche e sul quadro legislativo per i sistemi alimentari sostenibili. Tutte le parti interessate sono incoraggiate a fornire un feedback”.

– L’Italia ha una lunga storia nel settore dell’agricoltura biologica. In che modo questa posizione di leadership potrebbe essere utilizzata nelle strategie in corso nel Green Deal dell’UE?
“Nell’ambito della strategia Farm to Fork del Green Deal, la Commissione europea ha fissato l’obiettivo di destinare almeno il 25% della superficie agricola dell’UE all’agricoltura biologica entro il 2030. Nella prima versione del Piano strategico della PAC italiana, l’Italia ha riconosciuto l’importanza dell’agricoltura biologica come tecnica di produzione per contribuire al raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti. Questo riconoscimento si è concretizzato nell’ambizioso obiettivo di raggiungere il 25% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) italiana in agricoltura biologica entro il 2027, come proposto nel Piano italiano. Attualmente, l’Italia ha una quota del 15% della propria SAU coltivata con metodo biologico, pertanto gli sforzi proposti nel Piano strategico della PAC vanno accolti con favore. È importante notare che l'”architettura verde” del Piano italiano prevede sinergie tra gli eco-sistemi e l’agricoltura biologica, poiché sono accessibili anche agli agricoltori biologici. L’obiettivo è creare un effetto moltiplicatore in termini di benefici ambientali e climatici, che aiuterà l’Unione a raggiungere i suoi obiettivi entro il 2030. In questo contesto, l’Italia avrà sicuramente un ruolo importante nel contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi Farm to Fork e Green Deal dell’UE”.

– La Commissione europea intende concludere accordi di reciprocità per l’import/export di prodotti biologici o introdurre accordi di libero scambio per la categoria di prodotti biologici specifici?
“Come già spiegato, gli attuali riconoscimenti di equivalenza che l’UE ha con i Paesi terzi dovranno essere trasformati in accordi commerciali bilaterali internazionali che tengano conto delle migliori condizioni possibili per l’esportazione dei prodotti dell’UE nei Paesi terzi interessati”.

– In che modo la Commissione europea intende migliorare il controllo sul mercato per quanto riguarda il falso bio o il greenwashing (ad esempio, con l’introduzione di una nuova categoria statistica di prodotti, specifica per i settore biologico o con l’armonizzazione di tutte le norme di certificazione e i relativi controlli europei)?
“Qualsiasi prodotto che rechi il logo biologico deve essere conforme alla legislazione biologica dell’UE. La conformità a questa legislazione è controllata costantemente attraverso un sistema di controllo completo da parte di organismi di accreditamento indipendenti, di organismi di controllo e di autorità di controllo, che a loro volta certificano ed eseguono controlli regolari su tutti gli operatori biologici lungo l’intera catena del valore. Qualsiasi sospetto di non conformità alla normativa viene notificato attraverso il Sistema informativo sull’agricoltura biologica e seguito attraverso screening, indagini dedicate e follow-up mirati. Nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica, si sta costruendo una banca dati unica dei certificati degli operatori biologici, si sta implementando la firma digitale per il certificato di ispezione, si sta intensificando la collaborazione con la Rete per le frodi alimentari, Europol, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e la Procura europea (EPPO) e si sta rafforzando il controllo delle importazioni di prodotti biologici”.

Mariangela Latella
maralate@gmail.com

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