Intervenendo nei giorni scorsi alla “Conferenza preparatoria della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile”, il neo ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani non ha risparmiato critiche all’universo della zootecnia e in particolare alle diete basate sul consumo di carne.
“L’agricoltura intensiva pone problemi – ha spiegato Cingolani – ci ha consentito di vivere più a lungo ma ha comportato una notevole alterazione dell’ecosistema. La soluzione non è fermare il progresso, ma neppure fare quello che si vuole. Sappiamo che chi mangia troppa carne subisce degli impatti sulla salute, allora si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali. D’altro canto, la proteina animale richiede sei volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità, e allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 emessa a livello globale. Modificando la nostra dieta, avremo invece un co-beneficio: miglioreremmo la salute pubblica, riducendo al tempo stesso l’uso di acqua e la produzione di CO2″.
Una presa di posizione netta che ha suscitato reazioni piccate e polemiche, soprattutto tra i protagonisti della filiera delle carni italiane, a giudizio di molti chiamata ingiustamente in causa e erroneamente assimilata ad altri modelli zootecnici.
Ecco la risposta di Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia e presidenti di Assocarni: “Secondo i dati FAO, produrre un chilo di carne bovina in Italia comporta appena un quinto delle emissioni di CO2 rispetto allo stesso chilo di carne prodotto in Asia o USA. E anche la quantità di acqua necessaria per produrre lo stesso chilogrammo di carne in Italia è pari a 1/20 di quella usata in altri Paesi. Senza dimenticare che la zootecnia in Italia incide inoltre per appena il 5,6% delle emissioni (report Ispra), contro livelli globali ben più alti. Tutte informazioni che il ministro Cingolani ben conosce e che saremo felici di approfondire illustrando gli ulteriori progetti di modernizzazione delle filiere agroalimentari italiane finalizzate a renderle sempre più modello globale di riferimento”.
Dello stesso avviso Giuseppe Pulina, Ordinario di Zootecnica Speciale presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e presidente dell’associazione Carni Sostenibili: “Dalle dichiarazioni del ministro emerge l’abnorme sovrastima delle emissioni di gas climalteranti da parte delle filiere intensive delle carni che, a detta dello stesso, rappresentano il 20% delle globali. La FAO stima l’incidenza di tali emissioni (riferite a tutta la zootecnia, carne, latte e uova) al 14,5% su scala globale e mentre l’Ispra le stima al 5,2% per l’Italia. Per cui il solo settore carni, escludendo latte e uova, si colloca sotto il 10% nel primo caso e sotto il 4% nel secondo”. (c.b.)
Fonte: Sole 24Ore