Il business che c’è e quello che che non c’è

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I dati del 2011 confermano che in Italia si sta allargando la forbice tra domanda di biologico (in crescita continua) e offerta (in calo). Sembra assurdo ma è così e la ragione è abbastanza semplice: per chi vende bio il business c’è, per chi lo produce no. Come si possa sopperire a una produzione già insufficiente in alcuni comparti è presto detto: con le importazioni dall’estero, da quei Paesi in cui le produzioni bio sono in continuo aumento o da quelli che stanno scoprendo il biologico solo da qualche anno.

 

Questo alla faccia del km zero, che evidentemente si regge per lo più sul prodotto locale convenzionale. Ma perché in Italia non si può remunerare a sufficienza la produzione biologica al punto che produttori e superfici sono in calo nonostante un aumento del mercato – come ha ricordato di recente Fabrizio Piva del CCPB – in valore dell’8,9% nel 2011? Mancano incentivi, manca un serio discorso di filiera in nome della qualità. Il trasformatore, il distributore sono alla ricerca della convenienza e se non la trovano qui la trovano là, in un Paese straniero, magari lontano.

Ora occorre vedere chi si voglia muovere per far funzionare meglio e di più la filiera del biologico in Italia. Al di là di alcuni circuiti che ci sono (e sono forti come Ecor NaturaSì, come Apofruit Almaverde Bio, per fare solo due esempi), manca un progetto generale. Ora, si potrebbero tirare in ballo Federbio e AIAB. Ecco un terreno su cui i grandi capi Paolo Carnemolla e Alessandro Triantafyllidis potrebbero incontrarsi, tirare fuori il calumet della pace e fare un discorso serio per rilanciare la produzione, trovare un progetto da presentare poi su tutti i tavoli da cui possa venire un contributo. Sulle divisioni del biologico sono in molti a marciare, alla ricerca di interessi di parte che però oggi sono sempre più difficili da raggiungere.

Di fronte a un biologico unito cadono (cadrebbero) gli alibi. E quest’assurdità di un produzione che soffre pur avendo a portata di mano, almeno sulla carta, il successo commerciale, potrebbe essere risolta prima che il nostro Paese perda anche questa occasione confermando il suo imbarazzante declino.

Antonio Felice

editor@greenplanet.net

 

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