Riformare il sistema di certificazione e semplificare la burocrazia, riconoscere un giusto prezzo per gli agricoltori nel mercato dei prodotti biologici; fissare norme e standard di autoproduzione per i mezzi tecnici per l’agricoltura bio; fare dell’allevamento bio il modello di riferimento della zootecnia italiana. Sono queste le proposte chiave del Manifesto lanciato dall’assemblea “Il Bio a raccolta” dei soci produttori di FederBio (16 associazioni aderenti, in rappresentanza di 50.000 agricoltori biologici e biodinamici, ndr) che si è svolta a Roma il 6 luglio presso Palazzo Rospigliosi, sede della Coldiretti.
Un’assemblea fortemente voluta da FederBio e che sarà replicata anche nel 2024 e 2025, supportata da momenti di incontro a livello regionale e territoriale, proprio per dare il più possibile spazio e voce a quelli che sono i protagonisti della produzione alimentare, gli agricoltori, e che invece rimangono spesso l’anello meno ascoltato e considerato della catena produttiva. “ E’ il momento di far sentire la voce dei produttori – ha detto la presidente di FederBio, Maria Grazia Mammuccini, aprendo l’assemblea dei soci produttori – Con questo Manifesto sono state messe in campo alcune proposte strategiche che danno più forza agli agricoltori”.
Ad ascoltare le richieste e le proposte concrete giunte dai produttori di Federbio c’era il sottosegretario al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, con delega all’agricoltura biologica, Luigi D’Eramo che ha dichiarato di “trovare condivisibili” tutte le richieste giunte al governo attraverso il Manifesto. “Il vostro contributo di idee proposte è assolutamente insostituibile – ha aggiunto il sottosegretario rivolgendosi alla platea dei produttori – Per il settore ora é fondamentale fare programmazione a lungo periodo e arrivare al più presto al traguardo del Marchio del biologico che darà maggiore visibilità al bio italiano, sia sul mercato nazionale che internazionale”.
Considerato che “il biologico è il futuro dell’agricoltura” , ha sottolineato Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio (hanno portato i loro saluti all’assemblea anche il presidente di Coldiretti Ettore Prandini e il segretario generale Vincenzo Gesmundo, ma c’era anche Giuseppe De Noia, presidente AnaBio-Cia che ha parlato della “necessità di un percorso comune”, al di là delle sigle di appartenenza, “per affrontare i problemi reali di noi tutti”, ndr) , per raggiungere obiettivi ambiziosi, i produttori biologici e biodinamici hanno bisogno di investimenti, supporto tecnico, innovazione organizzativa e amministrativa, formazione e ricerca incentrate sull’agroecologia. “Con questo Manifesto presentiamo – ha detto Gardoni – una serie di proposte per sostenere il settore biologico, condivise dalla Sezione soci Produttori di FederBio che rappresenta oltre 50.000 agricoltori. Il confronto e la messa a punto delle richieste del settore hanno coinvolto anche referenti scientifici per ciascuna tematica”.
Guardando nel dettaglio le quattro proposte, c’è la richiesta di riformare il sistema di certificazione e semplificare la burocrazia. I produttori di FederBio propongono un sistema unico di certificazione, anche se affidato a più organismi privati, ma con piani di controllo standard e tariffe uniformi approvati dall’Autorità nazionale competente. Si ritiene necessaria una formazione obbligatoria per gli operatori e il personale degli organismi di certificazione, con gli stessi standard di certificazione per gli ispettori e gli addetti. Quanto alla burocrazia, vero macigno che pesa sui produttori (l’83% delle aziende agricole fra quelle che hanno deciso di lasciare negli ultimi anni il settore del biologico imputa questa decisione a eccessivi oneri burocratici e di certificazione, ndr), gli agricoltori bio chiedono l’integrazione delle informazioni aziendali tramite piattaforme digitali per lo scambio di dati tra le Autorità e i soggetti coinvolti nel sistema di certificazione. Si chiede anche di favorire l’implementazione di sistemi di autocontrollo sia verticali che territoriali, oltre al sistema di certificazione di gruppo, più adatto a realtà di Paesi Terzi.
Altra, e non meno forte, richiesta è quella di riconoscere il giusto prezzo agli agricoltori bio. Si chiede perciò maggiore trasparenza riguardo ai costi di produzione necessari per produrre il biologico e si esprime la volontà che il prezzo dei prodotti bio sia stabilito in modo autonomo rispetto a quelli convenzionali. Per fare questo, è necessaria l’istituzione di una Commissione Unica Nazionale (CUN) per i prezzi dei prodotti biologici, basata sui costi di produzione aggiornati e raccolti da ISMEA. Gli agricoltori biologici ritengono inoltre importante favorire accordi di filiera per garantire un giusto reddito che tenga conto delle specificità e vincoli propri del metodo biologico che devono essere comunicati ai cittadini in modo più efficace per far comprendere i valori e i benefici del bio, partendo dal lavoro degli agricoltori e allevatori.
Altro punto chiave del Manifesto é quello di fissare norme e standard di autoproduzione per i mezzi tecnici per l’agricoltura bio. Per garantire rese produttive adeguate e requisiti qualitativi, è necessario, sottolineano i produttori, l’uso di questi mezzi, sia tramite autoproduzione aziendale o in circuiti organizzati di agricoltori biologici, per aumentare la circolarità della pratica del metodo biologico nel pieno rispetto della sicurezza e della legalità, sia attraverso regole chiare e certezza nell’utilizzo di mezzi tecnici acquistati anche in relazione al rischio di contaminazioni con sostanze non ammesse. Nel contesto della strategia Farm to Fork, gli agricotori biologici e biodinamici chiedono un quadro normativo coerente e stabile, che semplifichi le condizioni e garantisca parità a livello europeo. La volontà espressa è di utilizzare mezzi tecnici verificati senza contaminazioni non ammesse e senza costi aggiuntivi a carico degli stessi agricoltori. I principi della riduzione degli input esterni, della circolarità e delle filiere corte dovrebbero essere applicati anche all’uso dei mezzi tecnici, con la possibilità di deroga in caso di assenza di rischi sanitari e ambientali.
In tempi in cui alcune multinazionali investono “autotreni di soldi”, per favorire la diffusione della carne sintetica, come sottolineato dal segretario generale di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, i produttori di FederBio chiedono ancora nel Manifesto che l’allevamento biologico diventi il modello di riferimento per l’intera zootecnia italiana, in linea con le politiche europee e la transizione ecologica e sociale. Ritengono inoltre che il metodo di allevamento biologico sia e debba rimanere lo standard più elevato di benessere animale e chiedono anche una campagna di comunicazione pubblica per evidenziare i vantaggi dell’allevamento biologico e prevenire confusione tra i consumatori riguardo ad altri standard di sostenibilità.
“E’ stata un’ assemblea partecipata, con un confronto vero e anche con cambiamenti nelle relazioni sindacali abbastanza importanti – ha detto a GreenPlanet la presidente di FederBio, Maria Grazia Mammuccini, tracciando un bilancio dell’assise – Il manifesto è un punto di partenza con elementi fondamentali in questa fase, poi lo arricchiremo, con incontri con i produttori sul territorio. Faremmo altre due assemblee nei prossimi due anni e in questo percorso ci saranno incontri sul territorio e ascolto dei produttori, proprio per portare la voce dei produttori all’attenzione della politica. I produttori non devono più rimanere in secondo piano, il valore principale del bio nasce proprio dall’agricoltore, da come si coltiva, quindi momenti come questi sono importanti”.
Cristina Latessa