É stata rinviata a novembre la decisione sull’utilizzo del glifosato nell’Unione europea. A Bruxelles, infatti, gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo sulla proroga di altri dieci anni dell’autorizzazione all’uso del controverso erbicida in agricoltura.
Il voto si è svolto giovedì scorso, 12 ottobre, durante la plenaria del Comitato permanente della Commissione UE per le Piante, gli Animali, gli Alimenti e i Mangimi, senza ottenere la maggioranza qualificata (15 Paesi membri rappresentanti almeno il 65% della popolazione dell’UE) necessaria per una decisione a favore o contro il rinnovo.
Il governo italiano era favorevole alla proroga, che prevede comunque il divieto di usare il glifosato, e, secondo fonti diplomatiche, ha aggiunto che “ritiene opportuno evitarne l’uso nella fase pre-raccolta“.
I rappresentanti di Austria e Lussemburgo erano contrari, mentre la Francia si è astenuta.
A esaminare la proposta di proroga sarà ora un altro Comitato di rappresentanti degli Stati membri. La questione resta dibattuta e se anche la prossima volta dovesse prodursi una situazione di stallo, senza voti sufficienti né per approvare né per respingere la proposta, sarà la Commissione europea a decidere entro il 15 dicembre.
I rischi del glifosato
L’esecutivo comunitario sostiene di aver apportato le modifiche necessarie per convincere i governi, come ha spiegato il suo portavoce Stefan de Keersmaecker. “La proposta che la Commissione ha presentato agli Stati membri segue un’ampia e approfondita ricerca scientifica. Sono stati analizzati moltissimi studi e dati. Naturalmente ci sono alcune lacune nelle informazioni su cui si basa la proposta, cosa che impone una serie di condizioni sull’uso del principio attivo del glifosato“.
Contrarie alla proroga invece le ONG ambientaliste, che sottolineano i pericoli della sostanza e non dimenticano l’accusa a Bayer di aver occultato risultati compromettenti sul rischio legato all’uso di glifosato (vedi news).
“Le prove indicano gravi effetti negativi”, afferma Angeliki Lysimachou di Pesticide Action Network. “Ora sappiamo molto di più di quanto sapevamo nel 2017, perché ora non si parla solo di cancro, ma anche di neurotossicità, del potenziale disturbo del microbioma, con tutte le eventuali malattie collegate e pure dell’impatto sulla biodiversità”.
Fonte: Euronews