Metti un ingegnere e una pediatra nell’oliveto e può nascere un frantoio. È quanto accaduto a Claudio e Olga che, senza abbandonare le loro professioni, hanno deciso di non mandare in fumo un patrimonio agricolo proveniente dalle famiglie di entrambi. Così le radici di quell’albero genealogico, le storie fatte di amore e sacrifici, sopravvivono e sono state incanalate nel Frantoio Mercurius.
Siamo a Penne, oltre 400 metri in provincia di Pescara, uno dei borghi più belli d’Italia esteso su quattro colline a una distanza di 30 km dal Gran Sasso e altrettanti dal mare dove l’olivicoltura esiste da sempre, favorita da un clima costantemente ventilato.
La famiglia Di Mercurio ha scelto la conduzione biologica per i suoi 26 ettari olivetati sebbene, come sostiene Claudio “grazie anche all’altitudine qui da noi non c’è l’abitudine di fare trattamenti sugli ulivi. Dalla mia infanzia ad oggi ricordo solo tre annate segnate dalla mosca: 1990, 2014 e 2016”. Dallo scorso 27 giugno l’azienda è diventata una s.r.l. con l’ingresso di giovani forze, i figli Antonio e Mariachiara.
“Era iniziato come un gioco ma poi si è trasformato in un’attività importante. Non avremmo mai immaginato di diventare, in brevissimo tempo, un punto di riferimento per molti olivicoltori abruzzesi, di ricevere tanti premi ed apparire nella guida del Gambero Rosso come “frantoio dell’anno”. Sì c’è bisogno di forze nuove, ci si prepara alla successione”.
La vostra storia è antica…
Come tradizione di produzione di olive e olio sì, ma come frantoio siamo nati nel 2009. Già mio padre vendeva un notevole quantitativo di olio, ma si appoggiava a frantoi esterni. La mia famiglia di origine produce dal 1964. Quella di mia moglie dal 1800.
Quindi avete messo insieme le proprietà, avete anche degli ulivi secolari?
Certo, anche nella campagna di mio padre. Quella di mia moglie in particolare, per una questione di eredità che si sono intrecciate, comprende ulivi in tre località, Penne, Collecorvino e Moscufo dove ci sono anche piante millenarie, in particolare della varietà Carboncella.
Perché nel 2009 avete deciso di fare il frantoio? Un bell’impegno avendo un altro mestiere.
Era il sogno di mio padre che ho voluto realizzare. Lui aveva tentato di fare un frantoio cooperativo negli anni ’70 ma non ci riuscì perché le cooperative in Abruzzo hanno sempre stentato a decollare. Non aveva abbandonato del tutto l’idea. Poi noi figli ci siamo allontanati per motivi di studio, io sono andato a Bologna e mi sono laureato in ingegneria. Però ha fatto in tempo a vederlo.
Questo era territorio dei Vestini, popolo italico che ha ispirato una delle vostre etichette, Vesta, certificato Dop e Bio con almeno l’80% della varietà Dritta. Sulle varietà autoctone avete puntato molto.
Sì, ma non solo, ci sono stati dei begli incroci. Qui la varietà principale è la Dritta. Poi anche Intosso, Castiglionese. Però Penne è al centro della statale SS81, la Piceno Aprutina che collega Ascoli con Chieti per cui su questo percorso un po’ tutte le cultivar di origine dell’Ascolano e del Chietino si sono mischiate. Quindi troviamo l’Ascolana Tenera, l’Intosso che è più del Chietino ma qui è molto presente, poi c’è il Cucco probabilmente l’oliva da tavola più antica della zona. Inoltre, la “sorella” della Dritta è la San Felice, varietà umbra che prende il nome dal convento francescano di San Felice. Di recente sono state introdotte cultivar di altre regioni che però si sono adattate benissimo al nostro territorio: Leccio del Corno, Picholine, Moraiolo, Peranzana, Coratina…
Mediamente quanto producete e dove distribuite?
Per l’olio bio certificato siamo sui 120 q.li però complessivamente l’azienda ne produce 500. Facciamo anche il convenzionale comprando olive selezionate dalle aziende vicine: il grosso della nostra produzione va negli Stati Uniti dove non vogliono il biologico, ma il residuo zero. Sono oli che pur non essendo bio certificati, lo sono di fatto.
E il bio a chi lo vendete?
A un grosso acquirente austriaco che ne acquista dai 40 ai 50 q.li/anno e uno laziale. Entrambi li commercializzano a nome loro. Con le nostre etichette (oltre a Vesta ci sono Venus e Ninfa) vendiamo nel Nord Italia, nei Paesi Scandinavi, in Giappone. Quest’ultimo è un Paese molto attento alla qualità su tutta la filiera e alla conservazione dell’olio: infatti prediligono le bottiglie da 100 e da 250 cl. In Italia vanno più quelle da 500, le famiglie chiedono la bag in box da 3 o 5 litri. In Giappone sono stato anche a tenere lezioni di frantoio per conto di Mori Tem che ha progettato e realizzato il nostro frantoio a ciclo continuo di ultima generazione. Giorgio (Mori, ndr) sostiene che io abbia un vantaggio enorme rispetto a tanti frantoiani: non ho il peccato originale.
E quale sarebbe questo peccato?
Avere lavorato col frantoio tradizionale, quindi con fiscoli e macine.
Prezzo extravergine bio: 13€ bottiglia da 0,50 l; 35€ bag in box da 3 l; 55€ bag in box da 5 l.
Info: info@frantoiomercurius.com www.frantoiomercurius.com
Daniela Utili