“Il Green Deal deve essere fatto insieme agli agricoltori e non contro gli agricoltori. Se ritardi ci sono nella sua attuazione, bisogna che ne risponda la Commissione Europa che detta i tempi e i modi di realizzazione della transizione ecologica”. Così l’eurodeputato Paolo De Castro commenta – in un’intervista esclusiva a GreenPlanet – l’allerta del movimento biologico, lanciata la settimana scorsa nel corso di una conferenza stampa organizzata da IFOAM (vedi news) per criticare la richiesta di alcuni Stati Membri (17 su 26, tra cui l’Italia) di un’ulteriore valutazione di impatto del nuovo regolamento sui fitofarmaci.
Se da un lato i rappresentanti del mondo biologico sostengono che un’ulteriore dilazione rischierebbe di arenare di fatto l’iter di approvazione del regolamento (che impegna l’Italia a ridurre del 62% i fitofarmaci entro il 2030), dall’altra parte, si evidenzia che l’analisi della Commissione non ha tenuto conto degli effetti del conflitto-russo ucraino nel sistema dell’economia agraria.
– Onorevole De Castro, che sta succedendo?
“Le decisioni che abbiamo discusso in Commissione agricoltura del Parlamento Europeo riflettono una nota e larga maggioranza di ministri dell’Agricoltura dell’Unione che chiedono una seconda valutazione di impatto del regolamento sui fitofarmaci in itinere. Una richiesta che la Commissione agricoltura del Parlamento ha valutato positivamente”.
– Perché?
“Perché la proposta di regolamento, che la Commissione UE ha presentato in Parlamento lo scorso 31 agosto, non teneva conto degli effetti del conflitto russo-ucraino sul sistema dell’economia agraria, come la stessa Commissione ha affermato. A questo punto, alla luce di questa importante novità, dato che non è cosa da poco quello che ha generato l’invasione russa in Ucraina, occorrerebbe che l’esecutivo europeo rispondesse tempestivamente alle richieste del Parlamento, in merito alla disponibilità di alternative concrete ai fitofarmaci. Noi siamo a favore della riduzione della chimica in agricoltura ma va fatta con criterio. Va fatta con gli agricoltori e non contro gli agricoltori. Non sono loro il nemico”.
– A quali alternative concrete si riferisce?
“Penso al precision farming, alle New Breeding Techniques, ecc. Sono tutti strumenti ancora in via sperimentale. Pensi ai droni che pur essendo ampiamente usati in agricoltura, non possono, per legge, irrorare alcun trattamento in campo. Si pensi, ancora, al fatto che la Commissione non ha ancora approvato una regolamentazione che chiarisca la differenza tra transgenesi e mutagenesi, ossia tecniche di miglioramento varietale che, nel primo caso, si applicano lavorando su piante della stessa specie e quindi non intervenendo sul corredo genetico, mentre nel secondo caso, si. Il mondo della scienza ha già sviluppato, ad esempio, applicando queste tecniche che non sono OGM, lo sottolineo, delle varietà di vite resistenti, ad esempio all’oidio, fra l’altro. Tuttavia, non essendo ancora riformata la regolamentazione su questo tema, non si possono usare in campo. Non si può chiedere ad un Paese che combatte con il cambio climatico, e quindi con nuove e crescenti fitopatologie, di abbattere del 62% i pesticidi senza, al contempo fornire, delle alternative concrete. C’è poi un altro motivo per cui urge una dichiarazione di impatto aggiuntiva”.
– Quale?
“Che la stessa Commissione ha ammesso di non avere tenuto conto, nella valutazione di impatto, neanche dei progressi realizzati da alcuni Paesi con maggior consumo di fitofarmaci. Non si può certo paragonare un Paese del Nord Europa dedito alla silvicoltura o ai pascoli con uno situato nel Bacino mediterraneo in cui si producono ortaggi, frutta, o, ancora, derrate primarie, che deve fare fronte ad una quantità crescente di fitopatologie”.
– Come risponde a coloro che dicono che una richiesta di valutazione di impatto aggiuntiva, rischia di arenare il nuovo regolamento europeo sui pesticidi?
“Questo ritardo è un problema della Commissione che ha fatto una serie di errori, guidata probabilmente da un fumus ideologico più che da analisi scientifiche. Quello che chiediamo è di ritirare questa proposta e farla bene. Accanto ad un programma di riduzione di chimica serve, parimenti, un programma che fornisca alternative concrete agli agricoltori. Oltretutto quelle esistenti sono estremamente costose. In tal senso servono risposte anche finanziarie”.
– La PAC non è sufficiente?
“La PAC è già stata approvata ed entrerà in vigore dal primo gennaio prossimo. Le istanze che emergeranno dalla riforma del regolamento sui fitofarmaci, potrebbero eventualmente essere accolte in futuro. Inoltre, la lotta al cambio climatico non si fa con la riduzione della chimica in campo. Non credo che abbia un rilievo immediato”.
– Così procedendo, non si rischia che il New Green Deal diventi un’accozzaglia di norme male armonizzate tra di loro?
“Anche questa domanda andrebbe posta alla Commissione Europea”.
Mariangela Latella
maralate@gmail.com
Ultimo aggiornamento:
Nel frattempo dall’UE arrivano segnali di apertura e il commissario UE all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, ammette che “un target di riduzione del 50% nell’uso dei pesticidi entro il 2030 in effetti è alto e ci sono ampie differenze tra gli Stati membri quanto a uso per ettaro” delle sostanze chimiche. Secondo Sinkevicius “un possibile compromesso potrebbe assicurare che quelli che sono a livelli molto alti diminuiscano per avere una situazione più equa nei diversi Paesi”.