Con il 36% di superficie coltivata a biologico Calenzano diventa bio-distretto

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Il bio-distretto di Calenzano diventa una realtà. Gli uffici regionali competenti hanno infatti firmato il decreto che riconosce il distretto biologico calenzanese e approva il progetto economico territoriale presentato dall’amministrazione comunale. Ora il distretto sarà inserito dal Ministero per le politiche agricole nell’albo nazionale dei distretti del cibo. Il progetto durerà cinque anni e farà di Calenzano, dopo Fiesole, un comune ad alta vocazione ‘verde’: tra gli obiettivi dichiarati quelli di far conoscere prodotti locali, tutelare il territorio, incentivare l’agricoltura sostenibile, promuovere stile di vita salutari e l’attenzione a cosa mangiamo.

La richiesta di via libera al distretto era stata presentata nel luglio scorso con le firme di ventuno promotori tra i quali, oltre al Comune, figuravano 12 imprenditori agricoli, la società per le refezioni scolastiche “Qualità & Servizi”, ristoranti e associazioni del territorio. Il piano presentato ha passato l’esame imposto dalla legge regionale del 2019 sui distretti biologici dimostrando di avere tutte le carte in regola per candidarsi e laurearsi. “Con il 36 per cento di superficie biologica rispetto a quella agricola utilizzata– sottolinea infatti la vicepresidente della Regione Stefania Saccardi – Calenzano si aggiunge agli altri due distretti biologici già riconosciuti: il distretto biologico di Fiesole ed il distretto rurale e biologico della Val di Cecina. La percentuale del 36 per cento costituisce una base rilevante per partire e acquisire la consapevolezza dell’importanza dell’agricoltura biologica nella salvaguardia della biodiversità. Da tempo, peraltro, il comune di Calenzano svolge una concreta attività di tutela dell’ambiente e del paesaggio attraverso gli strumenti di pianificazione, le certificazioni ambientali, le attività informative ai cittadini con particolare riguardo ai ragazzi di età scolare che imparano la valorizzazione delle conoscenze contadine e tradizionali del territorio”.

Fonte: La Nazione

 

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