Tra i mercati più promettenti per il biologico italiano figura la Cina e ad esso è stato dedicato un focus nell’ambito del convegno sull’internazionalizzazione del biologico, organizzato da AssoBio a Cibus.
Secondo le indagini condotte da Nomisma e presentate nel convegno è emerso che il 37% dei cinesi che acquistano prodotti stranieri, ha acquistato nell’ultimo anno prodotti italiani, mostrando una forte apprezzamento per il Made in Italy. Il 64% dei cinesi ha acquistato almeno una volta nell’ultimo anno un prodotto biologico e il 19% almeno in una occasione ha scelto un prodotto italiano bio. Un cinese su 3 ritiene che i prodotti biologici italiani siano quelli di maggiore qualità. Inoltre, il 61% dei cinesi prevede di aumentare il proprio consumo di alimenti bio nei prossimi anni.
“Con oltre 12 miliardi di vendite nel retail – ha spiegato Aldo Cervi, responsabile rapporti con l’estero di FederBio Servizi – la Cina è il terzo Paese al mondo per consumo di prodotti bio e rappresenta il 9,2% del mercato del biologico globale”.
All’interesse per il bio si accompagna un forte apprezzamento per il Made in Italy. Il 17% dei consumatori cinesi ritiene l’Italia il Paese straniero con i prodotti alimentari di maggiore qualità. “Il nostro Paese gode dello stesso gradimento di Giappone e dell’Australia – ha sottolineato – ma per l’Italia questo dato è in crescita. Tanti consumatori cinesi hanno visitato l’Italia, conoscono e apprezzano il nostro territorio e ricercano anche a casa di prodotti che hanno amato”.
Una delle spiegazioni dell’apprezzamento tanto del bio, quanto del Made in Italy risiede nella ricerca di prodotti di qualità. “Mentre il consumatore italiano dà per scontato il fatto di avere a disposizione alimenti sicuri – ha spiegato Cervi – quello cinese non è poi così sicuro di avere le stesse garanzie. In questo contesto il prodotto biologico importato è considerato più controllato rispetto al convenzionale e quindi il consumatore si sente tranquillo nell’acquistarlo”.
Tra i prodotti bio più apprezzati in Cina figurano frutta e verdura fresca (per il 47% dei cittadini che acquistano prodotti bio, il biologico è la prima scelta), latte e derivati (39%), carne e derivati (35%). Tra le famiglie con figli, l’opzione bio è la prima per il latte per infanzia (44%) e per i baby food (40%).
“Questa preferenza si collega al bisogno di sicurezza – ha sottolineato -. Nel 2008 in Cina c’è stato un forte scandalo legato al gelato che ha provocato malattie di origine alimentari in numerosi bambini, causandone la morte, in alcuni casi. Il ricordo di questi avvenimenti spinge i consumatori cinese verso scelte che li rassicurino”.
In Cina, il principale canale di acquisto per il biologico sono le catene dei supermercati, che generano il 41% delle vendite, seguite dagli specializzati (25%) e dall’acquisto diretto dal produttore (17%). Il 36% degli intervistati acquista bio online, utilizzando la consegna a domicilio (47%), il click & collect (38%) e i locker (15%). Va detto che una parte di questi acquisti avviene sì on-line, ma attraverso canali tradizionali, come i supermercati e gli specializzati.
Se il mercato cinese ha un alto potenziale, va però approcciato nella maniera giusta. La Cina non riconosce lo standard europeo per il biologico: per entrare in Cina i prodotti bio devono rispondere allo standard in vigore nel Paese: il GB/T 19630-2019.
“Le principali differenze tra lo standard europeo e quello cinese – ha precisato Cervi – sono che i prodotti dell’apicoltura non sono certificabili. Inoltre il certificato deve riportare l’elenco dei prodotti e quantità vendibile in biologico (questo dato non è richiesto dalle norme UE), ogni singolo prodotto deve essere analizzato (mentre in UE i controlli sono a campione) e l’ispezione per la certificazione bio deve avvenire quando il prodotto è ancora in campo. Per ottenere la certificazione bio, il prodotto deve contenere almeno il 95% di ingredienti bio e ogni referenza deve essere etichettata con il marchio dello standard cinese e un codice univoco, che contraddistingue ogni unità di vendita”.
Elena Consonni