Chef Mariola: “Biologico, lo chef deve fare la sua parte”

Chef Max Mariola

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Lo chef Max Mariola è un volto noto di Gambero Rosso Channel, oltre ad essere molto attivo sui propri canali social. Romano e amante della cucina della sua terra, si è cimentato con i prodotti biologici danesi. Questa esperienza è stata l’occasione per approfondire quanto utilizza i prodotti biologici nella sua attività (dando seguito così alla nostra inchiesta relativa al ruolo del Bio nel canale Horeca).

Chef Mariola, perché ha voluto cimentarsi con dei cibi di origine danese?

Per curiosità. Noi italiani, giustamente, ci sentiamo la prima potenza al mondo il fatto di cucina, ma ci sono Paesi che, pur avendo un territorio meno generoso per superficie, clima, biodiversità sanno sfruttare al meglio quello che hanno e ci hanno preceduto per certi versi. Per esempio la Danimarca, che vanta una lunga esperienza nella produzione biologica e sa sfruttare al meglio le sue risorse. In particolare nell’ambito biologico trovo molto interessanti alcuni estratti di erbe aromatiche e dei fondi di cottura, per non parlare della qualità della carne e delle produzioni casearie. Inoltre sono molto ben strutturati, tra pubblico e privato, per promuovere il consumo di alimenti bio.

In generale, che valore ha l’impiego di ingredienti biologici in una cucina professionale? 

A mio parere usare il biologico alza l’asticella della qualità, aumenta il valore della propria offerta. Coltivare la terra, allevare il bestiame sono lavori faticosi e le rese se si produce in biologico sono inferiori al convenzionale. E’ giusto che questo sforzo venga riconosciuto anche economicamente.

E questo valore si riesce a trasferire al piatto? I suoi clienti sono disposti a riconoscerlo?

Se, come chef, riesco a far percepire la qualità dell’ingrediente biologico, anche attraverso una cucina semplice, allora posso richiedere per un piatto un prezzo che corrisponde al suo reale valore e gli ospiti saranno disposti a pagarlo. Se invece non riesco a trasferire questa qualità, è normale che siano contrariati per un prezzo che non giudicano adeguato. Lo chef deve fare la sua parte nel processo per far riconoscere il giusto valore degli ingredienti biologici.  

C’è qualche richiesta che, da chef, vorrebbe avanzare ai produttori di alimenti bio? C’è qualcosa che manca e che vorrebbe trovare?

Oggi l’assortimento nel biologico è davvero ampio, si trova di tutto. Ho trovato persino il burro di cocco biologico! Forse quello che ci vorrebbe a livello di filiera è una maggiore comunicazione sul valore aggiunto del biologico e sul perché i prodotti bio costano più degli altri. Se si riesce a far comprendere che c’è una reale differenza anche a livello di gusto, per esempio tra la carne di un animale allevato in batteria e quella di uno cresciuto all’aperto, allora si riuscirà anche a far accettare la differenza di prezzo, anche al ristorante. Torno alla Danimarca per un esempio: etichettano la carne con un sistema a cuori, che vanno da uno a tre a seconda dei mesi trascorsi dal capo nei pascoli. E’ uno strumento semplice e immediato per far passare il messaggio.

Elena Consonni

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