Rese produttive nel biologico. Uno studio foriero di risultati che suggeriscono uno scenario connotato da variabilità. Risultati inaspettati e in controtendenza rispetto a convinzioni consolidate nell’immaginario comune. Parliamo dei risultati, presentati l’8 aprile al webinar “Rese produttive bio vs convenzionale: il caso dei paesi extra UE” a valle della ricerca condotta da Aretè per conto di CCPB, con focus sulle rese dell’agricoltura Bio (vedi news).
Questo studio ha messo a fattor comune fonti nazionali, studi o ricerche condotte su singoli prodotti o singole aree da istituti di ricerca locali, e soprattutto contatti con esperti locali e muove dalla consapevolezza che il semplice confronto tra le rese del biologico e del convenzionale, a parità di coltura e Paese, non permette di cogliere le numerose variabili che impattano sulla variabilità, appunto, delle rese stesse.
La ricerca si è inserita in un framework caratterizzato da una disponibilità di dati limitata sulla produzione e sulle rese biologiche e da un rischio di dichiarazioni non attendibili su rese e produzioni. Un altro limite è stato rappresentato dalla difficoltà di controllo dei dati in assenza di fonti di riferimento chiare e affidabili.
Pur consapevole di queste condizioni avverse, lo studio si è posto obiettivi ambiziosi: analizzare la variabilità delle rese per diverse selezioni di raccolti in diversi paesi e la variazione nel tempo, tra diverse regioni e/o tipologie di aziende agricole, tra agricoltura convenzionale e biologica. Un ulteriore obiettivo è stato quello di esplorare le ragioni alla base della variabilità e definire intervalli di variazione credibili.
Nella realizzazione di questa indagine, sono stati coinvolti 11 Paesi extra-EU e 18 prodotti, sono state prese in esame 40 combinazioni prodotto-Paese, così come illustrato nella tabella che segue.
Gli strumenti di indagine adottati da Areté srl di Bologna, una società indipendente di ricerca, analisi e consulenza economica specializzata nei settori dell’agricoltura, del food e dei mercati connessi, si sono basati su una commistione fra interviste con esperti locali competenti e ricerca desk, imperniata sull’analisi di database rilevanti da fonti ufficiali e autorevoli, e di letteratura scientifica e tecnica.
In tal senso, la variabilità delle rese nel tempo e le differenze di resa tra agricoltura convenzionale e biologica sono analizzate attraverso strumenti statistici descrittivi (i.e. medie di periodo, valori minimo-massimo, varianza, deviazione standard, tendenze nei periodi osservati).
Lo studio rileva che nella maggior parte dei Paesi extra-UE sono ancora assenti fonti di dati strutturati e/o affidabili sull’agricoltura biologica. Questo fatto determina una difficoltà nel valutare la correttezza e l’affidabilità delle dichiarazioni degli agricoltori sui prodotti biologici, e, di conseguenza, nell’elaborare eventuali previsioni sulle produzioni biologiche.
La ricerca di Aretè evidenzia una variabilità delle rese generalmente elevata, sia per l’agricoltura convenzionale che per quella biologica. La variabilità riguarda innanzitutto i confronti tra le regioni ed è legata alla latitudine, altitudine, fertilità del suolo, precipitazioni. Vengono colte dinamiche di variabilità anche rispetto all’andamento nel tempo, soprattutto a causa del clima e dei parassiti, e tra le tipologie di aziende agricole, principalmente dovute a differenze nelle tecniche di coltivazione, organizzazione/gestione e nell’attitudine imprenditoriale verso l’innovazione.
In conclusione, l’evidenza più sorprendente, riportata nel corso dell’incontro dell’8 aprile, è stata delineata come segue: “In condizioni specifiche, le rese dell’agricoltura biologica possono essere superiori a quelle dell’agricoltura convenzionale, principalmente a causa di:
– Concentrazione dell’agricoltura biologica nelle aziende agricole più efficienti, organizzate e ben gestite;
– Tecniche/varietà avanzate nell’agricoltura biologica rispetto a tecniche/varietà tradizionali obsolete in agricoltura convenzionale
– Agricoltura convenzionale estensiva vs. agricoltura biologica intensiva”.
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Stefania Tessari