Biologico italiano, il decreto che non c’è

Piva

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Lo scorso primo gennaio è entrato in applicazione il Reg. UE 848/2018 che disciplina il metodo di produzione, controllo e commercializzazione dei prodotti biologici, un Regolamento che ha subìto lo slittamento di un anno a causa del Covid e la cui gestazione è stata una delle più lunghe della storia normativa della UE.

Nonostante questo, il MIPAAF non ha ancora provveduto ad emanare il DM di aggiornamento del DM 6793 del 18/07/2018 con cui il nostro Paese era intervenuto per disciplinare al suo interno l’applicazione del metodo biologico riferito al Reg. CE 834/2008, non più in vigore.

La motivazione che sembra essere stata portata a giustificazione della mancata emanazione è che i Regolamenti comunitari sarebbero “autoportanti” ovvero non vi sarebbe alcuna necessità di disciplinare alcune specifiche materie in ambito nazionale. Ma è talmente inutile che continuiamo ad utilizzare il DM del 2018 riferito ad un Regolamento non più in vigore (!?).

A dire il vero già a novembre 2021 era stata diffusa una bozza di DM che riprendeva le tematiche del decreto ancora in vigore. Nello specifico la bozza riprendeva il tema della successione colturale dando indicazioni un po’ più dettagliate rispetto a quelle contenute nel Reg. UE. Definiva quali sono i documenti che attestano la giustificazione degli interventi con input esterni, l’elenco dei corroboranti e potenziatori delle difese naturali delle piante e la loro procedura di riconoscimento e cosa si deve intendere per “allevamento industriale”, riferibile alla sostanza organica da questo derivata. In materia zootecnica, elencava le razze autoctone di api, il significato di “estensione significativa” dell’azienda, la procedura per la definizione dei ceppi di lento accrescimento in avicoltura, solo per citare gli aspetti più salienti. A seguire la bozza di DM definiva specifici aspetti inerenti l’acquacoltura, la preparazione alimentare fra cui i parametri minimi per il riconoscimento dei disciplinari privati della ristorazione collettiva, la gestione operativa di alcune deroghe previste dalla normativa comunitaria ed altri aspetti che necessitano di essere correttamente applicati in ambito nazionale.

Da questo mero elenco, assolutamente non esaustivo, si può ben intuire come la fissazione di procedure pratiche contribuisca a rendere più semplice l’applicazione, da parte degli operatori, delle regole fissate a livello comunitario e a favorire la competitività del settore rendendolo economicamente più sostenibile.
A ciò si aggiunga che il dettaglio di alcune regole comporta anche una maggiore omogeneità nella  loro applicazione con la conseguenza di facilitare una competizione di mercato maggiormente leale ed una maggiore comprensione anche da parte dei mercati e del consumatore.

In molti casi non abbiamo lesinato critiche all’eccessiva produzione normativa, quando questa introduceva balzelli e vincoli non previsti in ambito comunitario ma specificatamente dedicati ai nostri operatori. In questo caso il DM fornisce, forse ad eccezione della tematica sulla successione agronomica, indicazioni e strumenti necessari all’applicazione di quanto stabilito nel Reg. UE e per questo si tratta di uno strumento normativo necessario.

Fabrizio Piva

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