Complice “l’effetto Pandemia”, i consumi domestici di alimenti biologici hanno segnato quest’anno un vero e proprio record: con un incremento del 4,4% nell’anno terminante a giugno 2020 si sono raggiunti i 3,3 miliardi di euro. L’emergenza sanitaria ha infatti impresso un’ulteriore accelerazione della crescita, non solo legata al generale aumento degli acquisti tra le mura domestiche, ma anche alla maggiore attenzione alla salute e al benessere, imposte come priorità nel vissuto del consumatore. È quanto emerge dal consueto rapporto annuale “Bio in cifre 2020”, presentato da Ismea all’incontro organizzato nei giorni scorsi da Coldiretti. I dati sono una elaborazione realizzata dal SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’agricoltura biologica), nell’ambito del progetto del MIPAAF gestito da ISMEA e CIHEAM, sulla base delle informazioni al 31 dicembre 2019 comunicate dagli Organismi di Controllo, dalle Amministrazioni regionali e dal Sistema Informativo Biologico.
I principali numeri del settore in Italia in termini di mercato, superfici, produzioni, trend e andamenti storici convalidano la tendenza positiva degli ultimi dieci anni, sostenuta in questo caso anche dall’emergenza Covid.
Si conferma tra l’altro la spinta che la GDO sta imprimendo al mercato biologico, mostrando durante il lockdown un incremento delle vendite nei supermercati dell’11%. Secondo l’Ismea, inoltre, nei mesi di quarantena gli italiani hanno premiato il bio soprattutto nel fresco, con aumenti del 7,2% per gli ortaggi e in alcune categorie specifiche come le uova, in crescita del 9,7%.
Le vendite della GDO hanno trainato il settore con un incremento del +5,7% in valore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In questo caso si riscontra un incremento della quantità di prodotto commercializzato nella maggior parte dei comparti. Molto bene, in particolare, i Discount che crescono del +10,7%. Le elaborazioni mostrano inoltre un’inversione di tendenza per i Negozi Tradizionali che, dopo alcuni anni di stagnazione, hanno registrano una crescita del fatturato del +3,2%. In definitiva, il consumatore ha premiato ancora una volta la GDO sia per fatturato e che per volumi commercializzati. Supermercati e ipermercati continuano a raccogliere i frutti di investimenti e di un cambio di strategia commerciale ormai iniziato già qualche anno fa, dando, ad esempio, sempre più spazio al prodotto fresco non confezionato che è molto apprezzato dalle famiglie italiane.
Per quanto riguarda l’andamento del settore su base annua, al 31 dicembre 2019 l’agricoltura biologica in Italia si caratterizza per una superficie coltivata di 1.993.236 ettari segnando, rispetto al 2018, un +35 mila ettari con una crescita contenuta al 2%. Il livello compositivo, sottolinea il report, resta invariato e definito dai 3 orientamenti produttivi che pesano sul totale per oltre il 60%: Prati pascolo (551.074 ha), Colture foraggere (396.748 ha) e Cereali (330.284 ha). A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche investite a Olivo (242.708 ha) e a Vite (109.423 ha). Sostanziale stabilità delle categorie dei Piccoli frutti e della Frutta in guscio mentre continua la corsa della Frutta da zona subtropicale (in particolare dei Fichi e dei Kiwi, che crescono rispettivamente di 102 e di 652 ettari). Le superfici ad Agrumi tornano ad aumentare, dopo la diminuzione del 2018, di un +3%, e nonostante la flessione (-3%) del gruppo della Frutta da zona temperata, sono interessanti gli incrementi registrati dalle Mele e dalle Pere, le cui estensioni raggiungono rispettivamente gli 8.235 e 2.788 ettari.
L’analisi della distribuzione geografica conferma che, anche nel 2019, il 51% dell’intera superficie biologica nazionale si trova in 4 Regioni: Sicilia (370.622 ha), Puglia (266.274 ha), Calabria (208.292 ha) ed Emilia-Romagna (166.525). Rispetto al 2018, la variazione risulta in calo segnando un -4% in Sicilia mentre è positiva per Puglia, Calabria ed Emilia-Romagna, nelle quali le superfici crescono dell’1%, del 4% e del 7% (Tabella 3). Altri incrementi consistenti riguardano le crescite registrate nella Provincia Autonoma di Trento (31%), in Veneto (25%) e in Umbria (8%).
L’incidenza dell’agricoltura biologica rispetto ai dati nazionali (ISTAT SPA 2016) indica che, sul totale della superficie coltivata in Italia, il biologico arriva a interessare il 15,8% della SAU nazionale. L’elaborazione dei dati di superficie per aree geografiche mostra che, in Italia, ogni 100 ettari di SAU sono biologici: 5,7 ettari nel Nord-Ovest; 10,1 ettari nel NordEst; 21,0 ettari nel Centro; 20,4 nel Sud e 18,7 ettari nelle Isole. Le aziende agricole biologiche in Italia rappresentano il 6,2% delle aziende agricole totali.
È continuato nel 2019 lo sviluppo del settore dell’acquacoltura biologica: è infatti proseguita la crescita degli operatori coinvolti, che hanno raggiunto le 59 unità, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente.
Il rapporto mostra inoltre un incremento del 4% anno su anno del numero di capi della zootecnia biologica per i Bovini, mentre è in calo con valori percentuali negativi di oltre il 10% per Suini, Ovini, Caprini ed Equini, registrando una diminuzione rispettivamente di 7.858, 84.187, 10.637 e 2.716 unità. Nello stesso periodo di riferimento, è positiva, invece, la tendenza per il comparto avicolo in cui il pollame cresce del 14% raggiungendo quasi 4 milioni di capi.
In possibile evoluzione, infine, la produzione di miele biologico grazie al numero di arnie che, con una crescita del 10%, tocca quota 182.125 unità.
Sebbene sul piano produttivo l’Italia è nel 2019 il primo Paese europeo per numero di aziende agricole bio (80643 gli operatori coinvolti) e superfici dedicate, il report Sinab sottolinea un aumento delle importazioni del 13,1%. Si tratta in particolare di cereali, colture industriali e frutta fresca e secca, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%.
Ha commentato in tal senso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini: “L’Italia è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari, da dove nel 2019 ne sono arrivati ben 210 milioni di chili di cui quasi 1/3 dall’Asia. Occorre dare al più presto seguito alla raccomandazione della Corte dei Conti europea che invita a rafforzare i controlli sui prodotti biologici importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei. È necessario intensificare le attività di controllo e certificazione del prodotto biologico in entrata da paesi extracomunitari anche con un maggiore coinvolgimento delle autorità doganali, al fine di garantire sia i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzioni, sia una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra UE. L’immissione di prodotti biologici – ha sottolineato Prandini – deve essere subordinata non solo a verifiche documentali, ma anche a ispezioni fisiche e controlli analitici”.
Ha aggiunto a riguardo il direttore generale dell’ISMEA Raffaele Borriello: “L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante dell’agroalimentare italiano di qualità. Promuovere il ricorso a materia prima italiana certificata riducendo i volumi delle importazioni – ha precisato – potrà inoltre fornire un ulteriore stimolo di crescita al comparto e concorrere al raggiungimento del target del 25% di superficie investita a coltivazioni biologiche, indicato nella strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del New Green Deal. Un’occasione da non perdere, visto anche il boom di domanda di prodotto 100% italiano a cui abbiamo assistito negli ultimi anni”.
Conclude la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini: “I numeri presentati evidenziano che la tendenza dei cittadini è sempre più orientata verso un’alimentazione biologica. Dobbiamo dunque supportare con iniziative concrete e un quadro legislativo coerente la conversione al vero biologico. Il rischio è che la forte domanda dei consumatori italiani sia coperta da prodotti biologici di importazione a scapito del bio Made in Italy, mentre abbiamo bisogno di rafforzare i produttori agricoli nel nostro Paese attraverso lo sviluppo di filiere etiche fondate sul principio del “giusto prezzo”.
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Chiara Brandi