Per Alce Nero il 2021 si è chiuso al di sopra delle aspettative. Contro le previsioni di perdita di fatturato del 5%, il bilancio annuale ha raggiunto un +2% e le performace aziendali hanno ottenuto risultati molto al di sopra dell’andamento del mercato del Bio agroalimentare.
Ce ne parla Massimo Monti, amministratore delegato di Alcenero Spa in un’intervista esclusiva per GreenPlanet, in cui traccia il quadro dell’anno appena terminato.
“Per Alcenero – spiega Monti – il 2021 è andato meglio del previsto. Dopo la sensibile crescita che avevamo registrato nel 2020, durante il lockdown, pari al +20%, per il 2021 avevamo previsto di chiudere con un -5% del fatturato per un effetto di rimbalzo in negativo. Invece, a dieci giorni dalla fine dell’anno, eravamo in positivo di due punti, una percentuale che ci farà passare dagli 86 milioni di euro a quasi 88 milioni di euro. In sostanza, confermeremo i dati 2020 grazie anche ad un aumento della penetrazione del Bio che si avvicina al 20%, contro il 17% del 2019. In pratica siamo arrivati a registrare 5 milioni di famiglie che acquistano prodotti organici almeno una volta l’anno”.
Rimane stabile la quota parte che il brand leader dell’agroalimentare Bio, produce per la marca del distributore e che si attesta su un business da 10 milioni di euro, poco più del 10% sul totale del fatturato.
L’andamento dell’azienda con quartier generale a San Lazzaro di Savena a Bologna è superiore quello generalizzato del settore agrifood Bio nella grande distribuzione, in base alle ultime rilevazioni Nielsen che prendono in considerazione il periodo gennaio-novembre 2021 per confrontarlo con lo stesso lasso temporale del 2020 e del 2019.
“Secondo i dati Nielsen, che monitora l’andamento delle vendite in GDO – precisa Monti – se l’agroalimemtre Bio nella grande distribuzione è cresciuto del +1% tra il 2020 e il 2021 e del +2,4% tra il 2019 e il 2021, Alcenero supera la media di mercato registrando, a fine novembre 2021, +3,9% sullo stesso periodo gennaio-novembre 2020 e +19,5% nel confronto con il 2019”.
L’andamento del settore alimentare Biologico, rilevato da Nielsen, è ancora migliore di quello dell’Agrifood generale che chiude a novembre 2021 (bilancio di 11 mesi) con +0,2% sul 2020 e con +6,6% sul 2019.
“Penso che questi risultati – afferma Monti – dipendano dal fatto che, in un momento di difficoltà operativa, la GDO abbia ridotto il proprio assortimento, tagliando i prodotti che ruotavano poco. Se guardiamo al 2019 e agli anni precedenti, l’assortimento Bio era molto maggiore. Questo cambio di rotta è legato soprattutto al cambio di abitudini alimentari delle famiglie che fanno una selezione anche dentro il segmento della qualità perché vogliono mangiare meglio a casa. Per il Bio oggi il discorso del prezzo è passato in secondo piano ma non riesco a prevedere cosa succederà quando si tornerà alla normalità. Per quel che ci riguarda, il brand Alce Nero nei prossimi due anni cercherà di ottimizzare le proprie performance di mercato dando maggiore spazio alle referenze più altovendenti”.
Con riferimento agli obiettivi europei di un aumento delle superfici Bio (+25% entro il 2030), Monti esprime le sue preoccupazioni.
“Fermo restando che i nostri prodotti si collocano su un segmento di prezzo premium – dice Monti – e che quindi hanno una grande distintività sul mercato, se l’offerta di Bio aumenta ma, contemporaneamente, non aumenta la domanda, è facile ipotizzare come i produttori, pur di vendere la loro merce, la svenderanno per realizzare reddito. Non dimentichiamo che anche nel Bio si può segmentare il prezzo in base a tanti fattori legati alla qualità, come le proprietà organolettiche, fisiche, ecc. Ma se il mercato non riconoscerà il valore aggiunto del Bio, questo è un problema serio”.
Per incentivare la domanda, Monti propone due strade. Una, di tipo culturale che, attraverso alla comunicazione, faccia capire al consumatore cosa voglia dire esattamente consumare prodotti organici. L’altra, di tipo economica, attraverso degli incentivi per chi produce in maniera sostenibile e non arreca danno all’ambiente”.
“Esiste una letteratura scientifica ormai consolidata – chiosa Monti – che misura l’aumento della spesa sanitaria, e quindi a carico della collettività, causata da una cattiva alimentazione. Da questo punto di vista, bisognerebbe ragionare in termini di costi/benefici”.
Mariangela Latella