Una varietà di riso modificata con CRISPR/Cas9 potrebbe crescere in un campo sperimentale in Italia settentrionale questa primavera, in base alle nuove norme introdotte nel 2023. Un team dell’Università di Milano è stato infatti il primo gruppo di ricerca del Paese a presentare una domanda di autorizzazione sfruttando una modifica legislativa che ha semplificato le regole per le sperimentazioni sul campo di piante sviluppate con l’editing genomico o la cisgenesi. E con diversi altri gruppi che si preparano a presentare proposte di sperimentazione, potrebbe aprirsi presto una nuova stagione per la genetica agraria in Italia.
Questa settimana, per la prima volta in quasi 20 anni, nel database pubblico che elenca le proposte di sperimentazione in campo aperto con piante geneticamente modificate in Italia è comparsa una nuova voce. La richiesta, proveniente dall’équipe dell’Università di Milano di Vittoria Brambilla, riguarda un riso modificato in modo da renderlo resistente a una malattia causata da un fungo. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) dovrà ora decidere se autorizzare la sperimentazione, al termine di una consultazione pubblica che durerà un mese.
Dall’inizio degli anni 2000, le sperimentazioni all’aperto di piante geneticamente modificate o editate sono state di fatto impedite in Italia a causa di una rigida interpretazione delle normative europee. I ricercatori ora attendono di capire se le nuove norme consentiranno davvero una ripresa delle sperimentazioni.
Il regime di autorizzazione temporanea durerà fino alla fine del 2024, ed è stato introdotto per fare da ponte fino alla attesa revisione del quadro normativo dell’UE sulle piante geneticamente modificate. Dopo il voto favorevole del comitato sull’ambiente di mercoledì scorso, la proposta della Commissione Europea sulle Nuove Tecniche Genomiche (NGT) dovrebbe essere sottoposta a un voto parlamentare nei prossimi mesi. prima di essere negoziata con i Paesi membri. L’obiettivo è quello di rendere più facile lo studio e la coltivazione commerciale di specifiche varietà, a condizione che siano equivalenti a quelle che sarebbero ottenibili con i metodi convenzionali usati per sviluppare nuove varietà. Secondo la bozza di regolamento, il riso geneticamente modificato dell’equipe di Brambilla soddisferebbe i criteri per la categoria NGT-1, una classificazione sottoposta a requisiti normativi inferiori rispetto agli OGM in termini di monitoraggio ed etichettatura.
In questo tipo di tecnica, i ricercatori hanno spesso bisogno di introdurre temporaneamente geni che codificano per la nucleasi Cas9 e i suoi RNA guida. L‘aspetto cruciale è assicurarsi che queste sequenze vengano eliminate nelle piante risultanti, in modo che i prodotti finali siano effettivamente privi di ogni traccia di DNA estraneo, come nel caso del riso dell’equipe di Brambilla. In Italia questi metodi vengono spesso chiamati TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita), un termine il cui uso è incoraggiato anche da molti genetisti proprio per sottolineare la differenza con l’ingegneria genetica basata sulla transgenesi.
Se approvata, la sperimentazione sarà condotta presso un’azienda agricola vicino a Pavia, in Lombardia. L’avvio della semina è previsto per l’inizio di aprile. La richiesta di Brambilla è un segnale di incoraggiamento anche per altri ricercatori italiani che finora hanno tenuto le loro piante editate o cisgeniche confinate nei laboratori. Il CREA, il principale ente di ricerca italiano sull’agricoltura e l’alimentazione, ha coordinato un programma di ricerca nazionale sull’editing e la cisgenesi che si è concluso nel 2022. Una dozzina di piante sviluppate nell’ambito di questo progetto rientrano nella definizione NGT-1 e sarebbero pronte per la sperimentazione sul campo.
Fonte: Nature Italy