É l’acqua il tema centrale della Giornata Mondiale dell’Alimentazione che in tutto il mondo si celebra ogni anno il 16 ottobre, giorno in cui venne fondata la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura che quest’anno invita a “non lasciare nessuno indietro”, considerato che 2,4 miliardi di persone vivono in condizioni di difficoltà di approvvigionamento idrico.
Spesso l’agricoltura è accusata di consumare troppa acqua. Le stime più accreditate attribuiscono a produzione alimentare e di fibre, il 92 per cento del consumo idrico a livello mondiale (per buona parte afferenti all’allevamento intensivo del bestiame). “Quella che sciupa la preziosa risorsa idrica e che spreca inutilmente ingenti risorse energetiche, per lo più non rinnovabili, è la cosiddetta agricoltura industriale, che è intensiva e convenzionale e che, agendo troppo spesso nella logica del puro profitto economico, finisce per produrre eccedenze, scarti e spreco di cibo, senza per altro risolvere la questione alimentare mondiale, né in termini di qualità né in termini di quantità. Ne sono testimonianza gli 800 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame”, sottolinea il presidente di Italia Bio, Lillo Alaimo Di Loro.
“C’è una notevole differenza tra agricoltura intensiva convenzionale e agricoltura biologica – afferma Di Loro – e a tale proposito le considerazioni sarebbero tante e tutte a favore di quest’ultima”. Una per tutte, la composizione della cosiddetta “acqua virtuale”, cioè la quantità assoluta di acqua che concorre alla realizzazione di un ciclo produttivo agricolo. L’acqua virtuale ha due componenti: le acque blu e le acque verdi. Le prime includono le acque di riserva e profonde, le seconde le precipitazioni nette. L’acqua meteorica che il terreno assorbe e trattiene insieme ai deflussi che si raccolgono annualmente nei piccoli invasi destinati alle irrigazioni di soccorso nei regimi asciutti, costituisce l’acqua verde. Nella sua eccezione olistica, l’agricoltura biologica fa uso prevalente delle acque verdi che associa alle buone pratiche e all’aridocoltura per potenziare la fertilità dei suoli e contrastare i fenomeni erosivi e il dissesto idrogeologico.
“Si aggiunga a questo – continua il presidente di ItaliaBio – il problema delle eccedenze. Circa il 30 per cento del cibo prodotto si perde nei meandri delle filiere lunghe e diventa scarto. Se si eliminassero tali sprechi si avrebbe un risparmio equivalente di acqua (circa il 25 per cento), di terra coltivata e di fertilizzanti”.
“Convertire al biologico il sistema agricolo, oltre gli obiettivi fissati dal Green Deal – conclude Di Loro – appare una scelta obbligata. Il sistema Italia, con i suoi 2.1 milioni di Ha di superficie certificata, pari a al 17% totale SAU nazionale, è la più eloquente testimonianza di successo in ambito europeo. Eviterebbe l’eccessivo consumo di acqua e di suolo, contrasterebbe in modo efficiente i cambiamenti climatici e darebbe concretezza piena al concetto di “Sovranità Alimentare” garantendo cibo sano, sostenibile e sufficiente a coprire i fabbisogni di ogni popolazione”.
Fonte: Ufficio Stampa Italia Bio